Storia cecena: per ricordare il massacro di Navye Andy

0
2918
Storia Cecena: Per ricordare il massacro di Navye Andy
Scritto da Giorgia De Osti   
giovedì 11 febbraio 2010
cecena.jpg

La tragedia di Navye Andy diventata simbolo della Seconda Guerra Cecena 

 Il 5 febbraio 2000 il villaggio di Navye Andy, al confine con la capitale cecena Grozny, viene invaso da un commando di soldati russi alla ricerca di combattenti ribelli. Cinquantasei persone vengono uccise senza motivo, solo perché non possiedono denaro o oggetti preziosi da dare ai soldati in cambio della vita. La maggior parte delle abitazioni viene saccheggiata e data alle fiamme. Di quel villaggio non rimane che un cumulo di cadaveri, diventato il simbolo della seconda guerra cecena.

Non stupisce sapere che in Russia il procedimento penale indetto per punire i colpevoli di questo massacro non abbia portato a risultati significativi. La Russia, dopo aver scoperto che i militari responsabili dello sterminio appartenevano all’unità speciale di polizia OMON di San Pietroburgo, ha affidato l’indagine alla procura cecena. Quest’ultima, nonostante gli sforzi di richiedere all’OMON le fotografie dei combattenti inviati in Cecenia in quel periodo, non è riuscita ad incastrare nessuno dei colpevoli, ancora oggi latitanti.Tuttavia, ad attivarsi affinché fosse fatta giustizia è stata la Corte Europea per i diritti umani di Strasburgo che ha accolto le denunce di alcune vittime e, nonostante l’incompletezza -non casuale- dei protocolli provenienti da San Pietroburgo, nel 2007 ha emesso una sentenza che considera colpevole l’OMON dello sterminio al villaggio ceceno e condanna il governo russo a pagare 143mila euro di risarcimento alle famiglie vittime dell’accaduto. Inoltre, la Corte Europea non ha risparmiato parole di biasimo nei confronti di Mosca che non ha fatto nulla affinché fosse fatta chiarezza, dimostrando in questo modo un completo disinteresse nei confronti della Cecenia così come di voler proteggere gli organi di polizia nazionale.E se il governo se ne è lavato le mani, di certo non lo hanno fatto i cittadini di San Pietroburgo che tre anni fa hanno dato avvio ad un progetto intitolato “Nel bene e nella pace da San Pietroburgo” e promosso “Aldy: senza prescrizioni”, un documentario che testimonia con durezza lo sciacallaggio di quel giorno. L’obiettivo è ricordare le vittime di Navye Andy, dimostrandosi consapevoli e amareggiati per lo scempio compiuto in quell’occasione. Si tratta di un atto di scusa cittadino che non riporta in vita nessuno, né equivale ad una richiesta di perdono da parte del governo ma fa pensare che anche in Russia esista una coscienza civile.Per sei anni, sino alla sua morte, Anna Politkovskaja ricordava la strage di Navye Andy con un articolo nella Novaja Gazeta. Anche in “Proibito Parlare” riporta le barbarie subite dai civili ceceni durante la seconda guerra, definendo questo episodio la pagina più tragica di tutto il conflitto. Anna Politkovskaja non c’è più e nemmeno Natalya Estemirova, la giornalista uccisa nel luglio 2009 che appare nel documentario realizzato in memoria delle vittime di Aldy. Altri giornalisti hanno preso il loro posto, sebbene la voce che potrebbe dominare su tutte è quella del popolo e se ancora non lo sta facendo, almeno abbiamo capito che esiste.