Parlare con Ludovico Einaudi è un’esperienza interessante che mette a confronto con uno dei più importanti musicisti italiani e mondiali.
Einaudi è in Inghilterra per un tour di quattro date, lo incontro dopo una lezione- concerto alla London School of Economics organizzata dalla associazione studentesca Italian Society.
Il compositore torinese è di aspetto tranquillo e semplice, ma come la sua musica rivela invece una personalità variegata e multiforme.
Ci fermiamo in un caffè di una nota catena nei pressi di Aldwych, dove gentilmente Einaudi concede un’intervista in cui parla di Londra, delle differenze tra vari paesi europei e della sua musica.
D. Ludovico Einaudi a Londra. Non è la prima volta che vieni.
R. “Vengo regolarmente da un po’ di anni. Tutti gli anni per fare dei concerti. Poi il mio editore è inglese, la mia casa discografica, la Decca, è qui a Londra. E quindi ho varie occasioni per frequentare questa città e questo paese”.
D. Ormai sei diventato un personaggio internazionale: quale differenza trovi tra i vari paesi?
R. “Beh diciamo che venire qua, come anche andare in Germania, mi fa sentire un livello cultuale più articolato, in particolare per la musica, più radicato profondamente. Per cui diciamo è anche un grande piacere per me lavorare qui. C’è un retroterra culturale e di lavoro che è molto superiore alla qualità di quello dell’Italia. Lo dico da un certo punto di vista. Lavoro tanto in Europa, quindi noto le differenze tra i vari paesi anche con l’Olanda, la Svezia, la Francia.
Mi dispiace sempre un po’ vedere che l’Italia è un po’ più indietro in queste cose. Ho visto che nella prevista riforma italiana ci sono delle nuove prospettive, anche per la musica. Spero che questo serva a qualche cosa perché ce n’è assolutamente un gran bisogno”.
D. Il tuo è stato un minitour di quattro date e anche una lezione alla LSE. Come è andato? Un buon successo?
R. “Si, è stato un’esperienza positiva. Questo è il secondo tour perché eravamo stati qua a Novembre a fare 9 concerti. A Novembre ho fatto il Barbican con 2mila persone. Questa volta alla Royal Albert Hall che è una sala fantastica. Il successo è stato sempre in crescendo e quindi sono molto contento”.
D. Tu hai fatto molte colonne sonore. Alcuni film anche inglesi. Quale è la differenza tra fare un album e fare una colonna sonora?
R. “Beh ovviamente il film diventa un progetto di collaborazione, quindi non c’è la stessa libertà che uno può avere quando fa musica pura. Però è interessante perché poi, a volte, attraverso l’esperienza della collaborazione possono venire fuori diversi aspetti della propria creatività. Quindi è una cosa che mi piace fare qui e là. Non sempre perché è un’esperienza più faticosa per molti aspetti, proprio perché ci sono più persone coinvolte che fanno varie cose. Quindi mi piace fare proprio quello che penso valga la pena di fare e quindi rifiuto anche parecchie di offerte”.
D. La tua è una musica minimalista spesso con un pianoforte solo. Nel concerto, e anche l’ultimo disco, c’è più orchestrazione. Comunque è sempre musica di riferimenti classici.
R. “Nell’ultimo album ci sono gli archi. Però c’è l’elettronica anche. Ci sono le percussioni con un percussionista salentino. Quindi c’è un innesto di musica di influenza popolare. Direi che c’è una apertura abbastanza trasversale rispetto alle mie esperienze, le quali sono anche esse trasversali”.
D. Perché pensi di avere un cosi grande successo? Cosa è che al gente trova nella tua musica?
R. “Penso che fondamentalmente la mia è una ricerca di ispirazione di un linguaggio che appartiene alla musica popolare. Quindi penso che in questo senso la musica riesca ad arrivare immediatamente, non ha bisogno di molto altro. Non ci sono delle barriere ideologiche o intellettuali che nascondono”.
D. Il futuro di Ludovico Einaudi.
R. “Ho tante cose. Adesso vado negli Stati Uniti. Poi sto lavorando ad un film tedesco sull’ultimo libro di Tiziano Terzani che si chiama “La fine è il mio inizio”. Poi un’altra tournee in Italia a luglio. Insomma ci sono tanti progetti. Devo solo trovare il tempo per stare un po’ per conto mio adesso”.