La Patologia Dell Spreco – Parte III (Looking For Earth Care)

0
1287

André Chastel era uno dei massimi specialisti del Rinascimento, e conosceva alcuni segreti dei grandi pittori, quella petite histoire non ufficiale che contiene più verità dell’altra. Il suo insegnamento, valido tutt’oggi, andava ben al di là delle aule del Collège De France, perché mostrava i retroscena di ciò che tutti sapevano, o quantomeno sospettavano. Tant’è, un maestro della critica battezzava La Derelitta una figura botticelliana, salvo scoprire che l’autore era Filippo Lippi e che si trattava del ritratto di Mardocheo. Neanche una donna, insomma. E se la cultura, come sostiene la Montalcini, ci salverà, sarebbe il caso di cominciare a considerare la società civile come il vero obiettivo. Il collasso non è prossimo, ma ci stiamo lavorando troppo alacremente. Il Foro Intergovernativo sui Mutamenti Climatici (Intergovernamental Panel on Climate Change) fondato e promosso dalle Nazioni Unite ha mostrato i limiti del sistema globale, e indicato nel contempo la via per la speranza. La voce di migliaia di scienziati riesce ancora a far presa sulla comunità pubblica, nonostante la sensibilità del mondo politico seguiti ad essere attorno a uno zero, tendente a infinito. Lo spreco, qui, è fra i più palesi, poiché la disinformazione può arrivare prima delle catastrofi naturali, e la giustificazione della produttività, dell’incremento demografico, del business non è altro che carta straccia. La biodiversità viene tutelata solo sulle carte ufficiali, e la mancanza di esperti riconosciuti in un settore fondamentale come quello dell’ecosistema ha sempre pesato nel bilancio della coscienza comune. Con l’istituzione dell’IPBES verranno affrontate le problematiche relative al settore da un team di duecento scienziati, che dovrà periodicamente diffondere speciali report sugli studi, gettando così un ponte fra la comunità di Ricerca e quella governativa. In pratica, Pianeta Terra: istruzioni per l’uso. E la cosa vale per tutti, noi compresi. Se i 38 milioni di italiani che possiedono un computer si ricordassero di spegnerlo ogni volta, consumeremmo circa 10 milioni di MWh l’anno, anziché il quadruplo. Allo stesso modo, se usassimo un’utilitaria anziché un SUV o una grossa berlina, ridurremmo l’emissione di CO2 nel corso della vita dell’auto da 4 ad 1,8 milioni di tonnellate. Così, per una semplice doccia di cinque minuti potremmo risparmiare 3,5 miliardi di litri d’acqua, invece dei 7 necessari per una lunga il doppio. Nessuna lista sarebbe abbastanza lunga. Se la Terra sta perdendo le meraviglie che ci accompagnano da milioni di anni è solo colpa nostra. La distruzione delle foreste da parte di una popolazione che cresce al ritmo di 80 milioni di individui l’anno, e che per giunta versa tonnellate di sostanze chimiche nel suolo e negli oceani, rischia di essere pagata a caro prezzo. Tutti, nel nostro piccolo, siamo chiamati alla responsabilità. Solo una famiglia su cento usa, come mezzo di trasporto, il tram o l’autobus elettrico; gli altri sono a spasso con la spider, il furgone, il residuato bellico a petrolio. È l’arte di cavarsela: per alcuni fa status, per altri abitudine, per gli ultimi sbarca il lunario. Solo il 6,8% delle misure anticrisi prese dai paesi del G8 dà impulso all’economia taglia-emissioni, e l’avidità dei paesi sviluppati sembra non avere confini, né occhi per vedere. Scendiamo in piazza per contestare, rivendicare, identificarci nel Popolo Viola o nel prossimo colore dell’odio, senza pensare a cosa davvero flagella il luogo in cui viviamo, ripagandone la gratuità con trucida cafoneria.