BRUXELLES :Europa non è nata come un club chiuso e esclusivo. Fin dall’inizio ha avuto una vocazione di apertura e integrazione di altri Stati europei interessati, come i sei fondatori, a condividere valori e metodo per risolvere le sfide che il Vecchio Continente si trovava ad affrontare. Già nel 1973 la comunità originaria si allargava a Regno Unito, Danimarca e Irlanda. Appena uscite dai regimi autoritari, Grecia, Spagna e Portogallo, rispettivamente nel 1981 e 1984, raggiungevano il gruppo. Con la caduta del muro di Berlino nel 1989 si apriva una prospettiva di adesione anche per tutti gli Stati dell’Europa centrale e orientale, Malta e Cipro. Dopo l’adesione di Austria, Svezia e Finlandia del 1995, tra il 2004 e il 2007 veniva così sancita la riunificazione del continente europeo.L’Europa può e deve allargarsi ancora? Rischiando magari di dissolvere la sua spinta aggregatrice? E’ questa una delle grandi questioni aperte per il nostro continente. L’idea di fermarsi e consolidare il patrimonio dell’integrazione, magari approfondendo alcune politiche a chiara vocazione federale, quali la difesa o la politica estera, è una tentazione allettante. Ma che fare allora con gli altri nostri vicini che bussano con insistenza alla porta dell’UE e a cui abbiamo, anche di recente, promesso un onesto processo di possibile adesione? Naturalmente stiamo pensando prima di tutto alla questione turca, e al problema di questo grande Stato a metà tra due continenti con forte vocazione europea che da quasi cinquant’anni ci chiede con insistenza di far parte della famiglia.Cosa possiamo rispondere? Tra imbarazzo, diplomazia, pressioni USA, convenienze economiche e commerciali e, soprattutto, un occhio attento ai sondaggi d’opinione, siamo sempre stati titubanti. Poi, finalmente, nel 2005 abbiamo deciso, all’unanimità e con il sostegno del Parlamento europeo, di aprire i negoziati per l’adesione. Sapevamo che non sarebbe stata una passeggiata. E, malgrado alcuni progressi incoraggianti, tra cui varie modifiche alla Carta costituzionale turca e al codice penale, gli ostacoli sorti sul cammino dell’adesione non sono pochi. Da ciò, e anche da crescenti resistenze di buona parte dell’opinione pubblica europea, è conseguita una battuta d’arresto per il processo di integrazione.Negli ultimi vent’anni la politica estera turca si è rapidamente evoluta rimuovendo alcuni ostacoli all’adesione, tra cui problemi di stabilità interna legati all’azione di milizie separatiste curde del PKK sostenute in parte dagli ayatollah iraniani. La Turchia ha gradualmente raggiunto una posizione di forza in un’area particolarmente strategica, assumendo il ruolo di principale alleato atlantico, decisivo sia sotto il profilo politico che quello militare. Già con il Consiglio europeo di Helsinki (dicembre 1999) le veniva riconosciuto lo status di paese eleggibile per una futura adesione. Eppure, malgrado l’avvio dei negoziati, la situazione è ancora in stallo.Tra gli Stati membri e le diverse opinioni pubbliche nazionali si sono andati formando due partiti pro o contro l’adesione. I primi ne rilevano i benefici: rafforzamento del ruolo strategico dell’UE in un’area essenziale per gli interessi occidentali, opportunità economiche, paese islamico moderato fondamentalmente laico, pericolo potenziale che la Turchia smetta di guardare a occidente. I contrari sottolineano come la Turchia sia troppo grande, popolata e povera, un paese islamico con valori lontani dai nostri, neppure geograficamente troppo europeo.Molti argomenti, a cominciare da quello relativo alla presunta estraneità al nostro continente, al carattere confessionale dello Stato turco o al relativo problema dell’integrazione di 70 milioni di musulmani, non reggono a un’analisi seria. Per più di quattrocento anni l’Impero Ottomano ha influenzato gli equilibri geostrategici del continente facendo parte del “grande gioco” tra le potenze europee. Ancora oggi la Turchia svolge un ruolo chiave, vero e proprio ponte tra l’Oriente e l’Occidente, imprescindibile se si vuole sviluppare una politica estera europea autonoma con Iran, Siria, Iraq e altri paesi strategici del medio oriente e Asia centrale. In Europa ci sono già quasi venti milioni di musulmani e integrare la Turchia, molto più laica di alcuni dei nostri Stati membri, sarebbe un segnale positivo anche per i nostri vicini sull’altra sponda del Mediterraneo. Anche sotto il profilo economico, allargare il mercato interno alla Turchia porterebbe molti vantaggi, tenendo conto che le relazioni economiche tra il 1990 e il 2009 sono aumentate costantemente e che il mercato Turco è particolarmente dinamico e ricco di opportunità di sviluppo. Il vero dilemma sembra essere l’effettiva capacità di un’UE, ancora indebolita dalla crisi e dalle relative pulsioni protezionistiche, di gestire un nuovo allargamento a un grande Paese senza perdere capacità decisionale ed evitare nuovi rischi di disgregazione. In fondo si tratta di fare quello che l’UE ha saputo fare meglio: definire una tavola condivisa di valori nel rispetto delle diversità.La Rappresentanza della Commissione europea a Milano invita a una riflessione su questi temi attraverso la grande lente della storia in occasione della presentazione del romanzo “Astorre II Baglioni – Guerriero e Letterato”, “Il Grifone e la Mezzaluna” scritto da Alessandra Oddi Baglioni. Il libro narra di alcune delle vicende storiche più suggestive del ‘500 ricostruendo la storia di un grande condottiero perugino che muore in nome del cristianesimo e dell’Europa minacciata dall’avanzata dei Turchi. La penna dell’autrice descrive Europa e Turchia come lontane nello spazio e nel tempo, destinate a fronteggiarsi sui fronti opposti di due religioni totalizzanti; eppure, in fondo, anche inevitabilmente vicine; e, forse, destinate a riconciliarsi e cooperare insieme.