Incontrare Giovanni Allevi lascia sempre un segno. Perche’ il genio davanti a te si trasforma in una persona affabile, profonda, amica.
Ti definiscono Il Mozart del 2000, il genio del piano. Secondo te sono appellativi che vengono dalla stampa o direttamente dai tuoi fan?
Al dire il vero non lo so. Innanzitutto Mozart e’ l’idolo inrragiungibile, il pubblico mi percepisce forse come una specie di Mozart, come una riproposizione contemporanea della figura del compositore. Ma io non mi sento assolutamente paragonabile a Mozart che è inimitabile. Io faccio solo la mia musica in chiave moderna.
Tu che vivi sempre tra i suoni, le note, migliaia di persone, che rapporto hai con il mondo senza rumori: con il silenzio?
Ah il Silenzio, e’ vitale per me per comporre, su di esso io appoggio le note, adagio le mie melodie, le mi fughe, il silenzio per me e’ fondamentale, e’ la piattaforma del tutto.
1 Settembre: Arena di Verona, un grandissimo successo, tu che dirigi 90 professori d’orchestra da tutto il mondo. Mi ha sempre incuriosito una cosa, a parte il linguaggio della musica, ma tu in che lingua parlavi per farti capire?
Ah questa si che e’ una bella domanda e sai perche’? Perchè ai professori parlavo in italiano. E il perche’ e’ semplice, l’italiano e’ stata la lingua internazionale della musica nei secoli e che ha dettato legge e ancora oggi si usa, per esempio per decifrare il pezzo, con allegro, lento, piano etc…
Giovanni tu dove componi la tua musica sul pianoforte o su pentagramma?
Sul pentagramma e’ doloroso ma e’ necessario staccarsi dal piano per comporre, poi al piano modello i miei scritti e lui mi dà la sua voce.
Ho notato spesso che alla fine di ogni brano al piano ovunque tu sia, non ti stacchi subito, ma rimani per qualche secondo immobile sembra quasi che tu gli parli, poi ad un tratto sembri uscire da una bolla che vi conteneva entrambi. E’ così?
Si è proprio così. Io ci parlo prima di ogni concerto, e lo ringrazio sempre dopo, quando vengo inondato dagli applausi lo accarezzo e gli dico:” questi sono anche per te..”. Sì da un lato lo ammetto, è come se recuperassi l’anima del bambino che parla con gli oggetti con cui gioca.
Come ti avevo promesso ti faccio una domanda sulla fisica applicata alla musica
Dai che bello finalmente e’ eccitante questa cosa….
Senti, la Fisica delle particelle elementari con la Meccanica Quantistica hanno una sfida da anni, quella di poter inventare una macchina del tempo che ci permetta di ritornare al passato e andare verso il futuro. Consideriamo le note (anche esse quantizzate in un certo senso) come particelle. Pensi che il pianoforte sia come un’astronave, una macchina del tempo per la musica?
Che bella metafora, mi piace veramente. Sì credo tu abbia ragione. Vedi la musica viene fatta e modellata nell’epoca dove il compositore vive, poi il piano la amplifica, la rende viva e la fa viaggiare ed e’ li che prende il suo significato in questo viaggio cosmico. Ecco perche’ brani del passato sono arrivati fino ad oggi e io scrivo della musica nell’epoca in cui vivo ma penso al futuro e in questo il piano e’ come dici tu veramente un’astronave del tempo.
La tua laurea in filosofia quanto ti e’ servita nella musica?
Ah guarda e’ stata fondamentale, in tutti i sensi. Vedi studiare certi concetti della filosofia come quella di Hegel, aiuta, mi ha aiutato ad entrare in certe pieghe della musica e capirne l’essenza, e ho capito che se non si ha una forma intellettuale forte, si viene schiacciati, almeno questo e’ quello che ho capito io.
Da bambino ti hanno negato di suonare il piano. Tu lo facevi di nascosto. Poi la rabbia, la sfida, e l’incontro con il pianoforte, sono state queste le molle del tuo successo?
Si il senso del proibito, ma anche di paura che avevo a suonare il piano, mi hanno fatto avvicinare a lui, a guardarlo prima, a sfidarlo poi, ad amarlo sempre.
Oggi viviamo nel mondo della globalizzazione che mercifica il mondo della musica e dell’arte in generale. E’ cosi? Cosa ne pensi?
Credo che oggi sia troppo presto per parlare di globalizzazione nel mondo della musica e per percepire questo fenomeno. Credo che l’arte si modelli attraverso il tempo ma rimanga sempre una cosa a sè e credo che alla fine la musica e l’arte in generale siano le uniche cose che garantiscono una vera e lineare diffusione.
in foto Allevi con il nostro direttore Filippo Baglini
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