Dal Bar dello Sport alla piazza il salto è breve, talvolta non esiste nemmeno. Nelle metropoli e nei piccoli borghi, la geografia dei luoghi di aggregazione spesso coincide, e per tradizione raccoglie sciami di riflessioni da due soldi, ironiche o più serie. A ognuno la sua scelta, fin dove è possibile, finché non vengono le vertigini. Persino il fu Enrico Cuccia, uomo dalla complessa immagine interiore, disprezzava i politici, i giornalisti e gli imprenditori, con particolare accanimento per quelli delle aziende di stato; a suo dire, l’unico modo di trattare col potere era corromperlo. Forse era una visione troppo totalitaria, ma calza alla perfezione anche oggi, dove il passaparola, i quotidiani e il web diffondono messaggi collettivi, deliri e apologhi dell’astio cieco, difficili da condividere pure se avessero per oggetto i generali nazisti, i più feroci dittatori o il truce comunismo integrale. La Storia viene ancora una volta in soccorso, e il volume delle voci al Bar dello Sport si alza e si abbassa, a seconda delle vampate d’ira o di passione. Mussolini era il diavolo, o una delle sue incarnazioni, ma com’è che la scelta dopo la sua fanatica parentesi stava per cadere, vox populi, nuovamente sulla monarchia? Perché, solo grazie ad un clamoroso broglio elettorale, la gente poté dedicarsi alla Repubblica, sottostando alle regole che tutt’ora sorreggono e corrodono l’Italia? Il popolo dello Stivale agisce per astuzia, disonestà, tornaconto, dando il suo voto prima al forte che al giusto, secondo alcuni. Potrebbe anche darsi, ma si prenda atto che il novanta per cento del mondo è paese, e soprattutto che il Giusto non esiste. Chi pensa di esserlo sintetizza l’errore, poiché si arroga qualcosa che agli uomini non appartiene: la perfezione. George W. Bush si considerava tale, Bin Laden altrettanto, cos’hanno combinato è sotto gli occhi di tutti. Saddam era un mostro, Pinochet anche peggio; ce lo ripeteranno fino all’assuefazione, con l’appoggio della verità. Eppure è il proposito che è guasto: non si può citare in causa il malfattore per beatificare se stessi. E chi opera queste violenze lessicali le concerta di mente, di cervello, senza pensare alle conseguenze. Che sono quelle penose, meschine, degli articolisti di parte, dei teleconduttori asserviti e rapaci, dei politicozzi nostrani, pluri-indagati e ciononostante sempre intenti a moralizzare, a recitare un copione di santità, come se fossero candidi neonati. Dinanzi al fatto compiuto, la retorica serve solo a mettersi le fette di salame sugli occhi, alterando le cose secondo convenienza, per non passare mai dalla parte del torto. Gli affari puliti? Pochi, e tutti sotto la lente d’ingrandimento dei magistrati. Trani è solo la più recente delle inchieste, di certo non l’ultima. Dicesi legge del Format: chi è causa del suo mal non pianga se stesso, piuttosto si cambi le leggi. Sui titoloni o dietro le sbarre finirà sempre qualcun altro. In Puglia è toccato a chi scambiava appalti con escort, alla corte del consueto pollaio del PD. Ancora una volta, stancamente, nessun vessillo di pulizia a rappresentare i cittadini, e ben prima della stagione dei fiori sbocciano le manifestazioni. Ma quando una politica scende in piazza perché non sa combattere in Parlamento, dichiara il suo impianto fallimentare; non vale nemmeno la scusa del legittimo impedimento. Lottare si può, o meglio si potrebbe, se i poteri non fossero interessati ad altro. I lavoratori sono un frangiflutti per raggiungere gli scopi di seggiola, di portafoglio, quei privilegi che fanno gola a chi li sfrutta e a chi finge di difenderli, perché con una mano cala una scialuppa e con l’altra toglie i remi. In due anni di governo Prodi, il pre-Blob attuale, sono state sfornate alcune fra le leggi più capitaliste del secolo. L’inasprimento degli Studi di Settore ha messo in ginocchio i piccoli commercianti, riducendo alla fame molti artigiani e incrementando il lavoro nero. L’abolizione dei minimi tariffari dei professionisti ha causato la fine dell’equivalente dei minimi sindacali, perché alle grandi imprese dei suddetti poco ne cale. Liberalizzare le licenze dei tassisti, lasciando il numero chiuso a odontoiatria (altri esempi “innocenti” e tristemente reali) permetterà agli onorevoli di risparmiare sul taxi da Fiumicino a Montecitorio, bloccando invece il prezzo delle dentiere, che seguiteranno a costare un anno di pensione. Autentiche misure proletarie. Chi reclama per le leggi ad personam dovrebbe ricordarsi di aver promosso l’indulto, e anziché inneggiare a una revoluciòn che non riuscirà mai ad attuare, dovrebbe iniziare davvero a occuparsi di lavoro, di giovani, di inquinamento, di lentezze burocratiche, lavorando per levare il marciume dalla sanità e dalla scuola, dalla giustizia, dalle cattedre e dalle istituzioni. In piazza, allora sì, avrà senso scendere. Bisogna ricordare a chi ci rappresenta che i fatti arrivano più lontano delle parole.