Emergenza Lambro e Non Solo: La Cattiva Salute dei Fiumi Italiani

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 Primo maggio, ore 10:30: all’oasi WWF Bosco di Vanzago (Mi), i volontari del CRAS (Centro di Recupero Animali Selvatici) ridanno pubblicamente libertà ai germani vittime dell’onda nera del Lambro. Il loro impegno, instancabile e costante, è stato messo a dura prova, e la festa dei lavoratori è stata l’occasione migliore per celebrare il risultato ottenuto. Era la notte tra il 22 e il 23 febbraio, infatti, quando dieci milioni di litri di gasolio furono versati nel fiume ad opera di ignoti, compromettendo un intero ecosistema, e mettendo gravemente a rischio la salute di centinaia di uccelli.

Il destino dell’avifauna acquatica sarebbe stato segnato, senza il pronto intervento di volontari e veterinari, attivi durante tutto l’anno, a prescindere da giorni feriali e festività. Con il loro contributo sono stati garanti dell’efficace funzionamento della struttura di recupero per la fauna selvatica, che ogni anno ospita migliaia di specie avicole. Lavaggio delle piume, alimentazione forzata con sondini, trattamento antibiotico e con farmaci omeopatici sono soltanto alcune delle cure cui gli animali sono stati sottoposti, per un pieno recupero delle loro funzionalità fisiche. A tutti gli individui rimessi in libertà, inoltre, gli esperti dell’Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale hanno applicato un anello identificativo per monitorare gli spostamenti migratori e pianificare, in base a questi, sistemi integrati di aree protette.

Su un totale di undici uccelli ricoverati, cinque sono stati restituiti al loro habitat naturale, presso i laghi della riserva. Un’altra anatra ha da poco cominciato una covata, e nei prossimi mesi potrà ricongiungersi con i compagni già liberati. Il bilancio finale della degenza si è dunque rivelato nettamente positivo, ma il WWF lancia l’allarme: a due mesi di distanza dal crimine ecologico, si è ancora in attesa dell’ordinanza che avrebbe già dovuto stanziare 12 milioni di euro per far fronte all’emergenza. I fondi sono necessari per coprire i costi delle prime opere di bonifica e degli accertamenti sui danni ambientali subiti dal fiume fino all’Isola Serafini. Resta perciò ancora in sospeso il piano di monitoraggio definito da WWF e unità di crisi della Protezione Civile, già presentato all’Autorità di bacino del Po: senza i fondi non sarà possibile verificare sulla fauna locale se idrocarburi e altre sostanze altamente inquinanti siano entrate o meno nella rete alimentare.

Nel frattempo, si è concluso domenica il primo censimento di 29 corsi d’acqua italiani, per un totale di oltre 600km di lunghezza. Come riportato sul sito ufficiale dello stesso World Wildlife Found [www.wwf.it/ fiumi], l’iniziativa ha interessato anche zone umide e agricole, aree boschive, manufatti e abitazioni, cave, depositi e discariche circostanti.

Grazie a foto, video, e ai dati ottenuti (elaborati con sistema GIS), si avrà una visione quanto più esaustiva e dettagliata dello stato di salute dei fiumi italiani. Sarà inoltre possibile realizzare nuove cartografie fluviali, denunciare le zone a rischio esondazione, stilare un elenco delle specie ittiche (e non solo) da proteggere, e avanzare programmi di tutela e valorizzazione del territorio. I risultati dell’indagine saranno resi pubblici in occasione della Conferenza Nazionale sulla Biodiversità, che si terrà all’Università “La Sapienza” di Roma dal 20 al 22 maggio, ma a una prima analisi la situazione appare preoccupante. Le vene blu del Bel Paese, come conferma Andrea Agapito Ludovici, responsabile del Programma Acque del WWF Italia e della Campagna Liberafiumi, sono infatti trattate «come terra di nessuno». Discariche abusive, sostanze nocive o liquami immessi direttamente nei corsi d’acqua, massiccia presenza di specie ittiche alloctone, alberi riparali tagliati in maniera inadeguata, terreni agricoli che soffocano la vegetazione naturale: queste le principali problematiche emerse.

Adda, Po, Aniene, Tevere e Volturno sono tra i fiumi che necessitano maggiori interventi, mentre l’alto Sangro (Abruzzo), grazie alle sue buone condizioni, ospita ancora la lontra, il mammifero più raro dei fiumi italiani.