Pillole della felicità: agenti chimici che trasformano in potenziali killer!

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La lettera di un nostro lettore
Egregio Direttore,

leggo da diverse settimane sui vari quotidiani nazionali della rapida escalation di violenze perpetrate da “normali” cittadini verso un proprio congiunto, un amico o un conoscente. Spesso questi comportamenti vengono ricondotti ad improvvisi quanto inesplicabili “raptus” di follia che, all’improvviso, scatenano l’istinto omicida e suicida di persone apparentemente sane ed equilibrate. Quante volte in questi mesi abbiamo sentito di madri che uccidono i propri figli, ex-mariti che assassinano brutalmente le ex-mogli, fidanzati gelosi che non ci pensano due volte ad estrarre il coltello o la pistola dalla fondina per eliminare potenziali rivali?

Mentre psichiatri e psicoterapeuti si fanno in quattro per giustificare, etichettare, “scoprire” o “definire” nuove e pericolosissime “malattie” mentali, sembra non si sia ancora arrivati ad un’effettiva soluzione a questa piaga sociale.

Ad un’analisi più attenta si può facilmente evincere come, nella maggior parte dei casi, chi si macchia di questi gravi delitti venga subito “etichettato” come persona affetta da “crisi depressive” o da non meglio identificati “disturbi psichici”, e magari risulti pure essere da tempo “in cura” presso istituiti psichiatrici oppure seguiti dai locali servizi psicosociali.

Beh, visti i risultati, mi piacerebbe sapere dagli operatori del settore quali siano veramente le percentuali di successo di queste “cure”e perché, nonostante queste, gli episodi di cronaca inerenti tale casistica continuino a riempire quotidianamente le pagine di giornali e Tg.

In cosa effettivamente consistono queste cure?

Ho il forte sospetto che le cause scatenanti tali “raptus” vadano ricercate non solo in situazioni di disagio psichico e/o sociale, ma anche, purtroppo, proprio in quelle stesse “cure” che, stando a quanto dichiarato dagli stessi “esperti” di salute mentale, spesso prevedono la somministrazione di ingenti dosi di farmaci psicotropi a supporto di cicli di psicoterapia.

Ritengo di non andare molto lontano dalla verità affermando che dietro ogni tragedia familiare scaturita da improvvisi attacchi di follia si celi, in verità, una storia di uso (e spesso abuso) di psicofarmaci. Non è altrimenti spiegabile un così elevato numero di delitti associato alla depressione, se non tramite l’ammissione da parte degli specialisti che le odierne metodologie di guarigione farmacologiche, non sono poi così efficaci quanto vengono reclamizzate.

Non a caso, da qualche anno a questa parte, un numero sempre più grande di dette sostanze viene posto sotto la lente d’ingrandimento da parte delle autorità di farmaco-vigilanza negli Stati Uniti (si vedano a tal proposito le recenti indagini della FDA americana) e in Europa. In Italia sono gli stessi medici di base a sollevare dubbi e riserve riguardo la sicurezza e l’effettiva efficacia di questi medicinali.

Recenti studi sugli effetti di una particolare “classe” di farmaci (i cosiddetti SSRI) confutano tutto quello che ci è stato propinato negli ultimi anni. Non più quindi “pillole della felicità”, bensì potenziali agenti chimici in grado di far aumentare il rischio di commettere suicidio sino a due volte tanto rispetto a un placebo! Se si considera che i maggiori rischi di suicidio insorgono poi nei pazienti più fragili per definizione, i pre-adolescenti e i bambini, ai quali vengono prescritti farmaci con eccessiva disinvoltura, non c’è da stupirsi che moltissimi medici, oltre a sconsigliarne l’uso, stiano seriamente mettendo in discussione l’esistenza stessa di tali “malattie” riferite ai giovanissimi.

Quel che più mi rattrista è il modo con cui le lobby farmaceutiche stiano truffando i consumatori, spacciando per panacea di tutti i “mal di vivere” sostanze dalla dubbia efficacia e dalle pericolose controindicazioni.


M. G.

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alexmenietti.it