Mario Melloni, scrittore satirico di un garbo e una fantasia unici, sapeva cogliere il paradosso o il connotato meschino di situazioni e sedicenti autorità con una battuta, una virgola, un sussurro. Si era convertito al Pci dopo avere scoperto che la Democrazia Cristiana era un partito popolare dominato da antipopolari, e i suoi demiurghi credevano troppo in Dio per avere fiducia negli uomini. Oggi, come nell’austerity dei Settanta, avrebbe colpito senza oltraggiare, apostrofando megalomani e dittatori da operetta. Dei padroni, si sa, non piace mai essere ospiti. Loro, peraltro, continuano indisturbati a dettare le regole, e qualche volta riescono perfino a portarle in Senato. Che approva, rimettendo alla Camera la sentenza. Inappellabile: da Settembre, un provvedimento indicherà i dogmi per la Censura Del Terzo Millennio, cioè cosa si potrà pubblicare e cosa no. Un giorno triste per la stampa, una sconfitta per la Costituzione.
L’umiliazione dei divieti permette tutto ciò che non è vietato, secondo un motto caro al Presidente del Consiglio, che proibendo quel che non gli piace imbavaglia editori & giornalisti cancellando o edulcorando parte della cronaca, dell’informazione. Giustizia, magistrati e cittadini avranno nuovi obblighi e meno aperture, campo d’azione, critica, obiezioni. Dell’inchiesta che unisce Anemone e i Verdini, Bertolaso e i De Sanctis, Scajola e i Balducci in un cruciverba di appalti, favori e regalie non filtrerà più parola: partigiani o imparziali attenzione, il messaggio è univoco. La difesa della privacy invocata per giustificare il taglio alle intercettazioni coperte da segreto è fumo negli occhi, e per due distinte ragioni. La prima è che sono vietate dal codice penale, la seconda è nella volontà di interrompere il flusso di notizie scomode, salvaguardando i diritti dei privilegiati. Un liberticidio in chiaro, gratuito, senza bisogno di abbonamenti o decoder.
Di pubblico resterà soltanto l’uomo, la figura onorevole seduta, o più spesso assente, in poltrone che hanno fatto la storia. Una storia sempre più ambigua. Col nuovo decreto di legge, infatti, il giornalista che pubblica stralci riguardanti reati con oltre cinque anni di reclusione rischia un mese di carcere o diecimila euro di ammenda, che salgono a trecentomila per gli editori, nel caso di brani testuali, quattrocentocinquantamila se a carico di persone estranee ai fatti. Ma non solo. Chi passerà informazioni alla stampa verrà sanzionato con pene fino a sei anni. Saranno razionate le “cimici” degli investigatori, ossia niente più microfoni in casa o sulle auto degli indagati fino al termine delle indagini: tre giorni al massimo, prorogabili di altrettanti. E se il Pubblico Ministero parlerà in televisione dell’inchiesta di cui è titolare, potrà essere sostituito dal capo del suo ufficio. Nessun privato potrà più registrare colloqui di nascosto (vedi Iene, Striscia La Notizia, miss D’Addario…), senza candidarsi alle prigioni di Stato. Purgatorio variabile: dai sei mesi ai quattro anni. Intercetti un sacerdote? Devi avvertire la diocesi. Se nel guaio finisce un vescovo? Il Pm deve confessarsi direttamente presso la segreteria di Stato vaticana. Al momento non è commisurato il quantitativo di Ave Maria punitive, forse perché il salvagente pro-clero sembra efficace. Da quest’autunno, insomma, parleremo di cultura, economia, sport, scienza, tecnologia e novità alla vecchia maniera. Per la politica useremo il linguaggio di costume, pur sognandocela anche di notte, quando i costumi sono quelli succinti, e viene voglia di andare a letto vestiti.