Dopo aver dichiarato l’illegittimità dei commi 1-4 della legge 102/2009 (già conversione del DL 78), ieri la Corte Costituzionale è stata nuovamente chiamata a esprimersi in merito all’energia nucleare. Infatti, Basilicata, Calabria, Emilia-Romagna, Lazio, Liguria, Marche, Molise, Toscana, Puglia e Umbria ritengono incostituzionale la scelta del Governo di delegare a commissari con poteri straordinari l’autorizzazione a costruire nuovi impianti. In particolare, la contestazione è stata mossa contro la legge 99/2009, che prevede il surclasso della competenza regionale in materia energetica; ma si biasima anche il fatto che il provvedimento sia stato approvato e reso attuativo senza fare appello alla Conferenza di Stato. Nonostante il decreto 31/2010 del 15 febbraio («il Ministro dello sviluppo economico, entro trenta giorni, sottopone ciascuno dei siti certificati all’intesa della Regione interessata, che si esprime previa acquisizione del parere del comune interessato»), lo spazio decisionale lasciato agli enti è ritenuto ancora esiguo. Nel caso in cui non si trovi l’intesa congiunta, in sostanza, l’Esecutivo potrebbe dare comunque avvio ai lavori.
La mobilitazione regionale ha coinvolto sia amministrazioni guidate dall’opposizione, sia dal PdL, con l’avallo dei comuni. Nel Molise, ad esempio, molti hanno aderito al Comitato contro il nucleare, promuovendo una petizione di successo. La Sardegna, pur non prendendo parte al ricorso, ha reso pubblico il suo impegno a evitare che siano erette centrali nucleari sul proprio territorio. Infine, il Veneto, ma con astensione della Lega Nord. Pur essendo inizialmente 11, il numero degli aderenti è calato a 10, poiché il Piemonte di Cota ha deciso di ritirare il ricorso che la precedente amministrazione aveva appoggiato. Tuttavia, l’associazione ambientalista Greenpeace contesta, ricordando una dichiarazione rilasciata in campagna elettorale dall’attuale presidente del Lazio Renata Polverini: “Né io, né Cota, né Formigoni vogliamo il nucleare”, evidenziando come il governatore non abbia mai smentito tali parole.
Tant’é, mentre al Governo manca ancora un sostituto di Claudio Scajola, dopo lo scandalo finanziario in cui è stato coinvolto, l’Italia si trova ancora una volta divisa. Perciò, ieri pomeriggio è stata la Consulta a prendere voce, convocando in udienza pubblica l’avvocato generale dello Stato e i legali regionali. Sebbene la loro sentenza non sia definitiva – anche il decreto del 15 febbraio sarà oggetto di analisi – la Corte Costituzionale ha respinto il ricorso delle Regioni, dichiarando la parziale infondatezza e inammissibilità della posizione da loro sostenuta. Le motivazioni addotte saranno esplicitate nelle prossime settimane, con una deposizione del vicepresidente Ugo De Siervo. Il ritorno all’atomo, insomma, è una realtà sempre più vicina. Il prossimo passo dell’Esecutivo sarà la nomina di un’Agenzia per la Sicurezza Nucleare. Questa dovrà definire i criteri per la scelta dei siti dove le centrali saranno erette, e avrà il compito di verificare sul luogo che tali parametri siano stati osservati dalle imprese interessate ai lavori.
Come già stabilito dal Consiglio dei Ministri lo scorso dicembre, le aree preferibili sono quelle a bassa sismicità e prossime a bacini idrici, dove non si corrano pericoli d’inondazione, e i luoghi decretati idonei saranno premiati con bonus economici per gli enti locali. Probabilmente l’EPR (European Pressurized Reactor) sarà reso operativo a Caorso (Piacenza), Montalto di Castro (Viterbo), Trino Vercellese (Vercelli). Tra i più probabili anche Termoli (Campobasso), Porto Tolle (Rovigo), Monfalcone (Gorizia), Scanzano Jonico (Matera), Palma (Agrigento), Chioggia (Venezia) e Oristano. Sullo stoccaggio delle scorie radioattive, invece, resta un grosso punto interrogativo.