Volterra (Toscana)- Su di un poggio isolato dal resto delle case nel borgo di Volterra si erge lo spettro di un casale abbandonato: l’ex manicomio di Volterra, un tempo ritenuto uno dei luoghi di internamento piu grandi e popolati di Italia.
Oggi il tempo lo ha deturpato, abbandonato a se stesso, la natura lo a stretto in una camicia di erba selvaggia e forte, e il silenzio e’ diventato l’inquilino sublime e imprendibile.
Eppure tra quelle mura sono passati migliaia di vite, alcune di loro entravano dalla porta a quindici, e ne uscivano dopo quaranta, cinquanta, anni, vecchi uomini con il fardello della macchia della follia. Sui muri dei reparti oggi ci sono i solchi delle unghie come estremo confine tra la rabbida e l’impotenza. Ci sono ancora i fili e le macchine scuoti cervello in qualche angolo delle stanze dell’infermeria, testimonianza di una crudelta umana inconcepibile.
Ma non tutti sanno che su un muro del cortile interno del manicomi c’e’ un opera d’arte fatta da un un uomo ritenuto folle. Un’ opera che ha avuto l’attenzione di psichiatri e studiosi da mezza Europa, un’ impronta di una persona che aveva bisogno di comunicare con il mondo, quando il mondo non lo ascoltava. L’opera, un graffito lugo cento metri e’ di N.O.F.4 come si firmava Nannetti Oreste Fernando, internato dal 1959 al 1973 nel reparto Ferri. L’opera, e’ stata fatta con la fibbia dei suoi pantaloni usata come uno scalpello, ha inciso centinaia di disegni reali e surreali di interi racconti di immaginazione pura. Un capolavoro della mente umana come e’ stato definito dagli esperti di arte di tutta Europa. Simboli indecifrabili eppure cosi comunicativi, era il suo linguaggio, la sua voce, la sua parole al il mondo. Ora, dopo molto tempo si sono accorti di lui, di quel Nannetti Oreste Fernando che passava ore e ore al giorno isolato a graffiare il muro. Dal Sindaco di Volterra Marco Buselli, alle autorita locali, agli ex infermieri del reparto, alla gente comune, si stanno battendo per staccare il graffito dal muro e metterlo in un museo di arte nel centro culturale di Volterra. Al posto del manicomio c’e’ un progetto di un albergo con tanto di ristoranti, negozi, parcheggi.
Ma prima di tutto si vuole salvare l’ultima espressione di una voce solitaria che con il suo graffito ha dato voce a tutti gli internati che come lui non potevano nemmeno ricevere posta o comunicare con l’esterno, come testimoniano le numerose e passionali lettere che gli internati scrivevano ai loro cari o amori e mai spedite.
Ecco Nannetti Oreste Fernando, e’ riuscito a scrivere un messaggio che e’ durato nel tempo ed e’ andato al di la’ di ogni barriera umana.
Italoeuropeo gia in passato si e’ occupato in una approfondita inchiesta (INCHIESTA MARIO TOBINO TRA LETTERATURA E PSICHIATRIA) sui manicomi, io stesso per ascoltare il silenzio e captarne l’echi delle grida sono entrato nel manicomio di Maggiano a Lucca, raccogliendo delle testimonianze dei sopravvissuti. Mi colpi una frase di un uomo considerato per 53 anni un malato di mente :” La follia e’ come estraniarsi dal proprio mondo...” mi fece riflettere, perche’ tornando a casa e vedendo la gente normale, mi accorsi che tutti ci esterniamo un po’ dal proprio mondo in un modo o nell’ altro.
Voglio concludere questa riflessione con una poesia scritta da un malato di mente internato per 40 anni, ancora vivo:
Dispersi
A noi dispersi dal tempo
Non ne e’ rimasto altro che
una lieve traccia lasciataci dalla natura.
A noi navigatori solitari
Non e’ concessa la stella dei ricodi
Solo un lieve palpito all’imbrunire.
Per le piaghe per cui e’ ricoperto
Ridete pure della mia solitudine
Perche a noi dispersi dal tempo
Non e’ concesso altro
Che il torpiloquio.
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