VIA Academy. La crisi di Atene: tragedia greca, sceneggiatura europea

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Riceviamo dall’economista e giornalista Stefano Fugazzi questo saggio sul tema economico del momento, che pubblichiamo con piacere sul nostro sito.

I rumors sull’ormai imminente default della Grecia si fanno sempre più insistenti e gli ultimi sviluppi non fanno altro che dare adito alle voci secondo cui l’ora “X” per Atene si stia inesorabilmente avvicinando.

Prima di poter ufficializzare l’insolvenza del paese ellenico e al tempo stesso allontanare gli spettri di una nuova Grande Depressione, L’Unione Europea è chiamata a varare una serie di urgenti misure correttive per rafforzare le economie, risanare i bilanci ed evitare il ripetersi di grandi crisi sistemiche. Se davvero il debito di Atene dovesse avere le settimane contate, come si potrebbe attuare un suo default senza però né pregiudicare la permanenza della Grecia in Eurolandia né scatenare un pericoloso effetto-domino sulle banche e sui debiti sovrani delle nazioni più a rischio? Il timore è, infatti, che il default di Atene trascini a fondo sia tutti quegli istituti di credito che detengono miliardi di titoli di stato ellenici sia i debiti sovrani di Italia, Portogallo e Spagna.

Per mettere freno alle paure e ai nervosismi che indubbiamente animeranno i mercati nel corso delle prossime settimane, le prime indicazioni sono che gli sforzi di Eurolandia si stanno innanzitutto concentrando sul settore finanziario privato.

In occasione di un recente summit del G20, i ministri del tesoro delle principali economie mondiali hanno, infatti, stanziato tremila miliardi per rimpinguare le casse del “fondo salva-stati” e al tempo stesso finanziare la ricapitalizzazione degli istituti bancari più in difficoltà. Si tratta, tuttavia, di provvedimenti provvisori finalizzati ad arginare il contagio finanziario.

Proposte più radicali e sostanziali verranno esaminate dai ministri delle finanze di Eurolandia nel corso delle prossime settimane con l’obiettivo di ridisegnare l’assetto debitorio non solo del paese ellenico, ma dell’intera area comunitaria.

Con il passare dei giorni è ormai evidente che la questione non è se la Grecia eviterà il default, ma quali misure dovranno essere implementate per mettere il paese ellenico nelle condizioni di superare la crisi.

Come illustrato nel numero 36 di questo settimanale Eurolandia, quale futuro per l’euro?, la permanenza della Grecia nell’élite monetaria europea non è in discussione.

Un ipotetico ripristino della dracma, infatti, penalizzerebbe sia Atene sia i creditori europei in possesso del debito ellenico. Si tratterebbe di una soluzione caratterizzata da costi politici – oltre che economici – troppo elevati.

Con il passare delle settimane sta invece prendendo sempre più corpo la possibilità di attuare un deciso taglio del valore nominale dei bond greci.

Gli analisti della Commissione europea contano di ridurre la mole debitoria di Atene del 20-50% con l’obiettivo di portare le esposizioni a un livello più sostenibile già nel breve periodo. Tuttavia, uno sconto sul debito rischierebbe di penalizzare i creditori, i quali sarebbero costretti a mettere a bilancio le perdite risultanti.

Al fine di attutire le perdite sostenute dalle banche, la Commissione europea potrebbe – a titolo temporaneo – elargire agli investitori privati una serie di concessioni fiscali e, al tempo stesso, allentare i requisiti patrimoniali di vigilanza.

Vi è, infatti, un crescente timore che i nuovi requisiti patrimoniali – che verranno gradualmente introdotti a partire dal 2013 – possano ulteriormente gravare sui bilanci di quegli istituti già fortemente esposti in titoli sovrani sudeuropei.

La riorganizzazione delle finanze di Atene non può limitarsi alla riduzione forzata del proprio debito storico perché la Grecia avrebbe comunque necessità di continuare a emettere nuovi buoni del tesoro per sostenere le proprie spese future. Perché le prossime emissioni sovrane vadano a buon fine, in futuro il rimborso del debito greco potrebbe essere legato all’andamento del Pil.

Lo scenario che si potrebbe delineare è il seguente: Atene ripagherà una somma più alta se il Pil cresce, una inferiore se decresce. Inoltre, l’UE potrebbe sia imporre tassi di sconto più bassi sia introdurre sul mercato europeo i “Brady bond” e quindi consentire alla Grecia di scambiare le proprie obbligazioni con titoli garantiti da collaterali di alta qualità, come ad esempio i bond tedeschi.

Tali strumenti potrebbero essere in seguito estesi a tutte quelle nazioni – come Irlanda, Italia, Portogallo e Spagna – caratterizzate da un debito pubblico superiore al 100% del Pil.

Recentemente intervistato da The Financial Times di Londra, George Soros ha anche sollevato la necessità di creare un nuovo ente preposto alla coordinazione delle attività della Bce e del fondo salva-stati.

Perché la riforma dell’assetto debitorio europeo possa essere portata a termine in maniera ordinata e per evitare che una crisi di queste proporzioni si ripeta in un prossimo futuro, è necessario che l’UE – una volta risolta la questione dei debiti sovrani – attui una profonda revisione dei meccanismi che governano le finanze comunitarie. Tra le priorità in agenda vi è la questione dell’armonizzazione della fiscalità comunitaria.

L’attuale crisi ha evidenziato come non vi possa essere unità monetaria senza unità fiscale.