L’invenzione è di quelle che supporta la lotta contro lo smaltimento illegale di rifiuti tossici e non è un caso che la sua realizzazione prende avvio nella regione Campania, maggiore protagonista l’Università degli studi di Napoli “Parthenope”. Il dispositivo è un drone, un piccolo robot volante che può trasportare telecamere termiche ed altri rilevatori gassosi per la mappatura del territorio e scoprire discariche di rifiuti tossici. Costo che supera il milione di euro ancora non è stato ufficialmente finanziato per divenire operativo sul territorio. Un territorio, specie quello dell’Agro Aversano, tra i più inquinati, tanto che l’Asse di supporto che collega il territorio a Baia Domizia e stato rinominato “la via dei rifiuti”. Con l’aiuto dell’Ing. Massimiliano Lega siamo riusciti a capire come il dispositivo funziona.
fig 1. Il drone pronto per essere azionato
D: Ing. Massimiliano Lega ci racconti com’è nata l’idea di realizzare un drone che va ad identificare i rifiuti tossici sotterranei?
R:Nel mio background culturale c’è una laurea in ingegneria aerospaziale che ha sempre invogliato all’uso di piattaforme aeree e piattaforme aeree robotiche. Un background che si è consolidato, anche a seguito dell’esperienza negli Stati Uniti, e circa 10 anni fa il percorso di ricerca mi ha condotto sul tema del monitoraggio ambientale.Oggi mi occupo di problemi d’inquinamento dell’aria, dell’acqua, del suolo e di tecniche per il monitoraggio. Il discorso di utilizzare tecnologie che possono aiutare ad operare in queste finalità è molto delicato perché invade sempre la sfera dell’opinione pubblica. Sono state evocate tecnologie che non sono consuete in quest’ambito. Anziché partire dalla percezione del rifiuto per la sua natura fisica, chimica e quant’altro si è partiti trovando un punto di osservazione del problema che rispondesse a quello che è un modello in campo ambientale che si sta affermando a livello europeo ed internazionale che si chiama modello sorgente-percorso-bersaglio. Secondo questo modello ogni questione ambientale viene affrontato cercando d’inquadrare non solo l’evento che si manifesta come danno verso l’ambiente, ma che implica la ricerca delle fonti e la gestione del ciclo del rifiuto. Ciclo che diventa lecito quando ha attori istituzionali, discariche controllate piuttosto che sversamenti liquidi in corpi ricettori ma il ciclo soprattutto in Campania ha molti tratti illeciti per esempio uno sversamento nel mare,in un fiume o l’utilizzo di terreni agricoli per il seppellimento di rifiuti a volte anche tossici.
D: Come funziona tecnicamente il drone? Come fa a rilevare questi spazi con emissioni gassose di rifiuti tossici?
R:Il drone è un componente di un sistema più ampio. Il drone di per sé è solo la piattaforma che solleva una serie di sensori, di cui il sensore principe è una termo camera radiometrica, quindi un dispositivo in grado di catturare quelle che sono le emissioni di energia da parte dello scenario inquadrato. Mentre con una telecamera o una fotocamera digitale noi percepiamo i colori di questo materiale alla luce, con la termo camera noi percepiamo in primis le temperature. Si percepiscono nello scenario inquadrato le differenze di temperature dei vari componenti. Molti fenomeni fisici, in particolare quelle connesse ai rifiuti possono avere variazioni di temperature anomale. Se sotterriamo dei prodotti biologici, il loro degradarsi porta ad una produzione di calore che è anomala rispetto al prato circostante. Quindi inquadrando un prato che appare verde potremmo notare delle piccole chiazze colorate che ci indicano delle sorgenti di calore che non dovrebbero esserci. Ma abbiamo utilizzato anche altri strumenti. La rappresentazione grafica è un elaborazione di questo dato che aiuta colui che sta investigando ad interpretare al meglio il dato e quindi si capisce nello scenario inquadrato dov’è collocata una certa situazione.
fig.2 Il drone
D: Come fate risalire a classificare?
R: Facendo degli studi su questo tipo di dato grezzo rilevato grazie alle apparecchiature riusciamo a leggere un valore di energia che collega la temperatura e l’emissività. E leggendo il dato grezzo in termini di emissività riusciamo a classificare. E’ importante a questo punto sapere cosa stiamo inquadrando e farlo da un punto di vista privilegiato, come fa il drone che riesce a collocarsi a più altezze come se fosse un elicottero, a volte senza essere rischioso per la persona che rileva, portando il POINT OF VIEW O IL FIELD OF VIEW in un punto privilegiato che restituisce lo scenario che noi vediamo seguendo il modello che dicevamo prima : sorgente- percorso – bersaglio.
D: Chi sono gli utilizzatori finali? I destinatari?
R: I primi utenti sono stati enti governativi che hanno già attività istituzionale di polizia ambientale quindi le attività investigative a supporto della Procura della Repubblica. Sicuramente la Procura della Repubblica nell’esercizio delle sue funzioni, invoca tutte le forze dell’ordine nel ruolo della polizia giudiziaria che ha l’azione investigativa in campo ambientale ed utilizza le proprie competenze interne ma invoca anche delle competenze esterne. E’ proprie in questa fase che siamo entrati in gioco noi come ente di ricerca. Una piccola nota a margine va detta. Spesso si parla del drone dell’università Partenope. In ambito universitario è stato sviluppato il metodo, la tecnica che coinvolge diversi settori. Gli strumenti che sono tanti e variegati non si esauriscono nel drone che poi nella sua esecuzione materiale ha coinvolto anche enti esterni all’università. Ma è mettere insieme questi strumenti che ha prodotto un sistema efficace di monitoraggio e l’interesse mediatico viene attratto spesso dal drone in sé, da questo piccolo robot volante però questo funziona solo se immesso in un sistema che è ricco di tante altre componenti che sfuggono all’occhio.
D: Cosa prevede la direttiva per lo smaltimento dei rifiuti tossici ?
R: Nel seguire alcune attività investigative abbiamo preso atto che ogni rifiuto ha un costo di gestione per lo smaltimento. Qualsiasi ente che ha intenzione di disfarsi deve rivolgersi ad un ente preposto che lo possa accogliere e questa fase di transizione ha un costo ed ha una formalizzazione in termini di documenti. Spesso è più facile falsificare e quindi ingannare il sistema dal punto di vista dei documenti di trasferimento ma “seguendo il soldo” che rimane come un atto dovuto agli interlocutori, si capisce dove il processo si è fermato fra enti istituzionali o dove è proseguito verso enti che lo hanno accolto con condizioni favorevoli (smaltimenti improprio) oppure svela che non sia stato eseguito perché non c’erano fondi adeguati per eseguirlo. Non cerchiamo per forza un colpevole. Spesso è proprio l’ignoranza o l’impossibilità di un gestore di gestirlo correttamente che ha portato ad azioni improprie.
D: Quindi una volta che questi cumuli di rifiuti vengono identificati, quale sarebbe il passo successivo ?
R: Dopo la prima identificazione il processo porta ad una caratterizzazione del rifiuto affinché si possa capire la locazione in cui collocarlo e quindi metterlo a dimora o trattarlo e successivamente una bonifica dell’area. Questa fase ha grossi oneri ed oggi trova la difficoltà degli enti sul territorio di trovare la soluzione come passo conseguente alla scoperta della località dove il rifiuto è stato interrato. Io credo che già essere consapevoli sia un grosso passo avanti. Creare un criterio che razionalizzi e quindi quantifichi attori e componenti del sistema permettendo anche con facilità d’identificare la direzione in cui muoversi.
D: Può questo tipo d’ invenzione avere un’applicazione satellitare? Pensavo a google map. Avere un utilizzo mondiale? R: In provincia di Caserta proprio il susseguirsi di scoperte di crimini ambientali ha invogliato la procura e le 5 forze dell’ordine, gli enti di ricerca e i tre ministeri (ambiente, giustizia ed interni) a firmare un protocollo di salvaguardia ambientale che serve a costituire un tavolo tecnico che vada a studiare modelli operativi (sia le tecnologie ma soprattutto i metodi e le procedure da adottare ) che possono sul caso Caserta creare un modello tipo da esportare nel resto d’Italia ma anche nel resto del mondo. Il caso Caserta rappresenta un caso critico in cui cominciare a studiare. E proprio in un tavolo tecnico recente , l’uso di scansione a più quote è un modello che è stato proposto e sta operando. Scansionare un area prima a livello satellitare e poi zoomare via via sul territorio attraverso l’uso di aerei, elicotteri e poi con il drone rappresenta già una sequenza operativa che viene invogliata sia per una rappresentazione ma anche per restringere il campo d’indagine. Spesso è difficile cercare un’area contaminata di poche centinaia di metri in un territorio che si estende per centinaia di chilometri. Una recente indagine su un corpo fluviale di oltre 180 km ha portato ad approfondire le indagini su poche centinaia di metri. Condurre le stesse indagini analizzando metro per metro richiederebbe anni. Scansionando invece il territorio da quote elevate si finisce a poche centinaia di metri nel giro di pochissimi mesi.
fig.3 Immagini registrate da una termocamera
D: Avete ricevuto qualche risposta positiva dall’estero?
R:Noi siamo stato come università ed enti di ricerca a mostrare il drone in volo con un sensore che rilevava dei rilevatori gassosi in un importante meeting con la NASA e l’Agenzia di Protezione Ambientale americana a San Diego il marzo scorso esportando un modello concettuale ed un oggetto fisico . La difficoltà più grande è stato quello di farlo passare in aeroporto e caricarlo sull’aereo. Abbiamo riscosso un grande successo.
D: La Gran Bretagna ha mostrato qualche interesse?
R: Ancora no. Ancora non abbiamo dedicato molto tempo a pubblicizzare l’invenzione. Sarà uno dei prossimi passi anche per la ricerca di fondi
D: In Italia si parla spesso di tagli alla ricerca. Chi ha finanziato questo progetto?
R: Il progetto così come lo vede ora non ha ricevuto ancora finanziamenti ma piuttosto la passione e la dedizione di chi ha creduto in questo progetto. Spesso si è trattato di aprire il proprio portafoglio piuttosto che il portabagaglio della propria auto. Questo fa parte di quello che è la ricerca in Italia: una bella idea non riesce a svilupparsi se non incontra finanziamenti privati che aiuti questa ricerca a compiere tutto il cammino. In alcuni componenti del sistema ci sono finanziamenti europei, il progetto nasce in vari step dove si sono sviluppati i singoli componenti. La termo camera, uno dei componenti ospitati a bordo del drone è stata acquisita nell’ambito di un progetto che vedeva uno studio teorico sui problemi di emissività dei materiali. Non per questo possiamo dire che ci sia stato un finanziamento rivolto all’uso della termografia per le discariche. Ad oggi gli unici finanziamenti economici sono frazionati su singoli mattoncini di questo progetto che è sbocciato nell’arco dell’ultimo anno e quindi sia prematuro.
D: Qual’è stato il più grande ostacolo? Burocratico o tecnico?
R: Entrambi. Il fatto che il drone non sia ancora considerato un velivolo è difficile utilizzarlo ed ottenere permessi per il volo. Spesso si sente parlare di drone in ambito militare. Oggi far volare un oggetto che ha la parvenza di un modellino ma che compie un vero e proprio ruolo di aereo necessità norme di sicurezza per il cittadino. Dal punto di vista tecnologico l’ostacoloha riguardato la creazione di un database che accolga tutte le emissività dei materiali che devono essere scoperti.