Nasce l’Europa a due velocità

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 Se nei mesi scorsi si erano avute le prime avvisaglie, nella notte è arrivata la rottura definitiva: l’Unione Europea viaggerà a due velocità. Ventisei paesi (i diciassette dell’area euro, più Bulgaria, Danimarca, Lettonia, Lituania, Polonia e Romania, Svezia, Repubblica Ceca e Ungheria) hanno trovato un accordo sull’unione fiscale, l’accelerazione del fondo di salvataggio (il cosidetto salva-stati), nonché sui prestiti al Fondo Monetario Internazionale.

La Gran Bretagna è l’unico paese che non siglerà l’intesa. Come dicevamo, l’accordo include un’unione di bilancio, la quale prevede sanzioni automatiche per gli stati che violeranno gli accordi, i quali, in sintesi, prevedono un sostanziale pareggio di bilancio come regola base dei bilanci statali, con la riduzione del deficit strutturale al 0,5% del prodotto interno lordo. Inoltre, come richiesto dalla Germania, la creazione del fondo di salvataggio (European Stability Mechanism) verrà accelerata con l’obiettivo di farlo entrare in vigore già nel luglio 2012, con una dotazione stabilita in 500 miliardi di euro.

Verrà altresì valutato un aumento a 200 miliardi di euro annui della disponibilità, sotto forma di prestiti, fornita al Fondo Monetario Internazionale. Tali fondi potranno essere utilizzati dal FMI per sostenere i Paesi europei in difficoltà a causa della crisi economica. Come prontamente sottolineato dal Presidente francese Nikolas Sarkozy, oggi nasce l’Europa a due velocità, e nasce a causa della Gran Bretagna. Dal canto suo, il Primo Ministro britannico David Cameron ha sostenuto nuovamente come la Gran Bretagna “non rinuncerà mai alla propria sovranità”, specificando di non aver accettato il Trattato, in quanto a suo avviso, non era nell’interesse del paese.

Già nei mesi scorsi avevamo assistito ad una dirompente ondata di antieuropeismo da parte del partito conservatore britannico. Ottantuno parlamentari Tories avevano infatti votato in favore dell’indizione di un referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione Europea. Contemporaneamente i Tories eletti al Parlamento europeo erano fuoriusciti dal gruppo del Partito Popolare per unirsi al gruppo dei conservatori e riformisti, un’alleanza di euroscettici che tra le loro fila annovera anche il partito lettone Patria e libertà, storico sostenitore dell’annuale marcia celebrativa delle SS locali.

Il primo ministro David Cameron aveva inoltre sottolineato come siano da escludere ulteriori cessioni di sovranità a Bruxelles, impegnandosi anche, in caso di rielezione, a far approvare una legge che garantisca la supremazia della legislazione britannica su quella europea.

Le statistiche fornite da Eurobarometer dimostrano inoltre come il Regno Unito sia lo Stato più euro-scettico tra i 27 membri dell’Unione: il 63% dei cittadini britannici non ha infatti fiducia nell’Ue (la media europea è del 47%), contro un misero 24% che vede di buon occhio le istituzioni di Bruxelles. Il Regno Unito, insieme con Bulgaria, Grecia e Lettonia, è inoltre l’unico Stato in cui la maggioranza dei propri cittadini non si sentono anche cittadini europei. Il partito conservatore britannico non ha mai colto il vero significato di Europa, rimanendo ancorato all’ormai decaduto passato imperiale del Regno.

L’Europa non dovrebbe esser vista come una negazione delle identità locali, bensì come uno spazio di scambio in cui le diversità vengono esaltate per trovare soluzioni comuni alle problematiche che affliggono diversi Stati europei. Nel corso degli anni i conservatori hanno distrutto lo stato sociale inglese, portando la Gran Bretagna ad essere il paese europeo con il maggiore divario tra ricchi e poveri. Inoltre il governo guidato da David Cameron ha triplicato le tasse universitarie portandole da 3000 a 9000 sterline annue, rendendo in tal modo le università istituzioni inaccessibili ai giovani provenienti dalle famiglie meno abbienti e frequentabili pertanto solamente dall’elite benestante. Infine il tasso di disoccupazione giovanile é arrivato a toccare il 21,9%, il che rappresenta il peggior risultato sin dai tempi di un altro governo conservatore, quello guidato da John Major.

La costituzione di una federazione di Stati europei immaginata da Spinelli e Rossi nel Manifesto di Ventotene è, quantomeno nel breve termine, irrealizzabile. Pensare infatti che gli stati nazionali siano giunti al termine del proprio corso storico significa posizionarsi al di fuori della realtà.

Tuttavia par chiaro come la corrente crisi economica stia mettendo sempre più in crisi il corrente modello di sovranità statale. Se il prezzo da pagare per mantenere questa Gran Bretagna all’interno dell’Europa è quello della fine dell’euro, e ancor più importante, la fine della società e della cittadinanza europea, si rende decisamente auspicabile e necessaria la creazione di un’Europa a due velocità.

Un’Unione a due livelli faciliterebbe infatti la creazione di un’Europa in grado di giocare un ruolo importante sullo scenario politico-economico internazionale e di prendere quelle decisioni ormai urgenti e necessarie per superare le sfide che ci vengono poste dalla crisi economica, dai Paesi emergenti, dai fenomeni migratori e dal clima.