Ecco come Basilea 3 cambierà l’operatività degli istituti bancari

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La finanza e la meteorologia hanno molto in comune. Sebbene entrambe dispongano di strumenti in grado di prevedere l’arrivo di una tempesta, non è tuttavia detto che gli addetti ai lavori siano poi capaci di prevenirne le conseguenze. Molto spesso in natura l’intervento è tardivo. In finanza succede lo stesso. Se da una parte la crisi dei mutui subprime del 2007-08 era stata ampiamente anticipata dagli analisti in seguito ad anni durante i quali l’accesso al credito era agevolato, poche e tardive sono state le mosse mirate a limitare l’impatto sul sistema bancario internazionale. Non deve sorprendere che quindi gran parte del lavoro degli enti regolatori sia solitamente mirato a curare le crisi passate con il rischio di non essere in grado di prevedere le nubi all’orizzonte. L’introduzione di Basilea 3 segue sostanzialmente questa logica.

La nuova normativa prudenziale delle banche è stata redatta all’indomani della crisi del 2008, una crisi che per diversi mesi ha minato la solidità del sistema bancario internazionale mettendo alle strette la liquidità degli stessi istituti. Tuttavia, ci sono motivi per ritenere che le difficoltà economiche del 2008 non siano interamente riconducibili alla mancanza di liquidità, ma piuttosto alla perdita della fiducia nel sistema interbancario. In altre parole, le banche per diversi mesi hanno temuto di ricevere la patata bollente – i mutui subprime sotto forma di prodotti strutturati – dai propri colleghi decretando, di conseguenza, una situazione di stallo.

A riprova di questo, si veda l’andamento storico del tasso annuale LIBOR (il tasso di riferimento europeo al quale le banche si prestano denaro tra loro) nel corso dell’ultimo decennio e in particolare nel periodo 2005-2008. Alla luce della crisi dei mutui subprime, è sorta quindi la necessità di rivedere la normativa bancaria e introdurre standard di liquidità più rigorosi e uniformi.

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Per certi versi, Basilea 3 è al passo con i tempi e i nuovi requisiti in materia di monitoraggio del rischio di liquidità imporranno agli istituti segnalanti la necessità di detenere asset altamente liquidi e di qualità (solitamente contraddistinti da un rating AA- o migliore), come i buoni del tesoro.

Tuttavia, è bene precisare che la normativa è stata redatta molti mesi prima dello scoppio della crisi del debito sovrano e non è pertanto inimmaginabile ipotizzare che il Comitato di Basilea possa rivedere in un prossimo futuro la composizione dei beni che costituiscono il cuscinetto di liquidità delle banche. L’attuale normativa invoglia, infatti, gli istituti ad acquistare debiti sovrani.

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Tuttavia, alla luce della crisi del debito, si potrebbe argomentare che le banche, in realtà, non siano più incentivate a detenere nei propri portafogli milioni di euro in buoni del tesoro. È probabile, quindi, che nel breve periodo a prendere il sopravvento siano i depositi presso gli istituti centrali piuttosto che debiti sovrani a media scadenza. Come spiegato in un recente articolo, l’altra principale novità di Basilea 3 è rappresentata dal rafforzamento del capitale primario delle banche.

Tra le novità vi sono l’introduzione di accantonamenti addizionali come il cuscinetto di protezione e il buffer anticiclico. Quest’ultimo sarà opzionale. Sarà, infatti, a totale discrezione delle autorità nazionali, infatti, imporre un requisito aggiuntivo pari al 2,5% delle attività ponderate.

Tale cuscinetto è stato concepito con lo scopo di frenare la crescita nei momenti di boom economico e quindi consentire alle banche di disporre di maggiori risorse per far fronte a periodi di decrescita. Molti analisti ritengono che tale disposizione verrà difficilmente attuata dagli enti locali perché una sua introduzione potrebbe sia deprimere i coefficienti patrimoniali delle banche sia segnalare al mercato l’arrivo all’orizzonte di tempi di magra.

L’accrescimento dei requisiti patrimoniali chiaramente avrà un impatto non indifferente sulla governance e sulla struttura delle aziende. Per far fronte ai nuovi requisiti, infatti, gli istituti bancari saranno chiamati a detenere maggiori riserve oppure a smobilitare rami d’attività. In tal caso, si potrebbe quindi tranquillamente affermare che Basilea 3 non rivoluzionerà la sola composizione del capitale, ma costringerà le banche ad attuare una profonda revisione delle proprie politiche societarie.

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Significativa è infatti la dichiarazione rilasciata alla stampa dal CEO di Deutsche Bank: qualora il Basilea 3 venisse attuato punto per punto, la banca tedesca sarebbe costretta a ridurre significativamente il numero dei finanziamenti se non smobilitare l’intero ramo. Ma se da una parte i grandi gruppi bancari riusciranno comunque ad adempiere ai nuovi requisiti e a uscire quasi indenni dalle future crisi proprio in virtù delle proprie dimensioni e della diversificazione dei propri prodotti, più problematica è la situazione per i piccoli-medi gruppi. Diversi analisti stimano che le piccole banche, proprio perché offrono una gamma di prodotti e attività più limitate, faticheranno a raggiungere i nuovi requisiti patrimoniali.

Se quindi per i grossi gruppi vale il concetto del “troppo grande per fallire”, è altresì vero che per le piccole banche varrà il concetto di “troppo piccolo per vincere”. Non è quindi da escludere che il prossimo decennio sarà caratterizzato da una maggiore rarefazione del settore bancario: i piccoli gruppi verranno progressivamente assorbiti dalle grandi multinazionali della finanza. Considerando che Basilea 3 imporrà agli istituti segnalanti requisiti più severi rispetto a quelli che entreranno in vigore nel 2013-14 nel settore assicurativo (Solvency 2), non è da escludere che i due settori convergano di nuovo dando vita alle bancassurance (la partnership tra una banca e una compagnia assicurativa) che tanto andavano di moda una decina di anni fa.

fonti per le foto : 

solvencyiiwire.com

3.bp.blogspot.com

www.iljournal.it

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