– Quest’anno i repubblicani sono chiamati alle urne per scegliere lo sfidante di B. Obama alle elezioni presidenziali del novembre 2012. Uno dei numi ispiratori del Pantheon repubblicano è senz’altro Ronald Reagan, presidente di due mandati, lui diceva ai giovani deputati: “In politica il segreto del successo è fingere di essere sinceri”.
Su un fatto non è necessario per i candidati repubblicani fingere sincerità, sul numero dei figli, almeno su quelli riconosciuti. Per questo se si guarda l’elenco degli sfidanti, è subito evidente che tutti i candidati hanno famiglie numerose. In testa per numero di figli Michele Bachmann, 55 anni, 5 figli più 23 adottati, pensava di essere la Thatcher americana, bocciata nel caucus dell’Iowa con un modesto 5% di preferenze, si è ritirata dalla gara, troppi ragazzi alla Casa Bianca. Sparita subito Michelle, Sarah Palin non ci ha neppure provato, resta in gara un gruppetto di uomini, accomunati da un singolare destino, sono padri di famiglie numerose.
Mitt Romney, 64 anni, mormone, 5 figli; John Huntsman, 51 anni, sposato, mormone, 7 figli; Ron Paul, 55 anni, sposato, battista, 5 figli. Rick Santorum, (se è diventato presidente uno che si chiama B. Obama, può diventarci pure lui, con quel cognome latinissimo) 53 anni, di lontane origini italiane, il chierichetto italo americano, 7 figli, cattolico, però lui lava questo peccato originale con l’acqua purificatrice del creazionismo, si dichiara contro l’ipotesi evoluzionista per l’esistenza dell’uomo, contro l’aborto ed i matrimoni gay, fischiato per questo da un gruppo di giovani. Vista la giovane età dei padri, queste famiglie possono ancora crescere.

Newt Gingrich, al terzo matrimonio con solo due figli e la conversione alla religione cattolica è un’eccezione fra tutti questi. Convertito significa semplicemente che ha cambiato chiesa, chissà, magari qualcuno chiama questo fatto “percorso di fede”, interessante vedere in che consiste per lui questo percorso. Nostalgia della Madonna e dei santi che fanno miracoli?Ce ne stanno tanti nel paradiso dei cattolici, e pure loro possono essere un’utile risorsa.
Per ora i temi dei dibattiti sostenuti da questi candidati, nella politica spicciola dei singoli stati, per pochi iscritti e simpatizzanti, con percentuali di partecipazione bassissime rispetto al numero degli abitanti, sono quelli classici dei repubblicani adattati ai tempi, la politica dell’antipolitica, il mito dell’uomo che si fa da sé, del pioniere che non ha bisogno dello stato, della libertà d’impresa senza interferenze da parte dello stato, l’ammontare e la distribuzione del carico fiscale. Lo stato, roba da socialisti e comunisti bolscevichi, serve a poco o nulla. Inoltre citano l’indignazione giovanile contro lo strapotere delle banche e del mondo della finanza.
Uno fra tutti questi dovrà sfidare B. Obama. Intanto lui, che nei tre anni di presidenza ha sbianchito i capelli, sorride, e semina ottimismo parlando di diminuzione della disoccupazione e di aumento dei posti di lavoro. Sa benissimo che fra pochi mesi sarà giudicato per l’economia, le cifre della occupazione saranno determinanti per il risultato finale. Come nella precedente campagna elettorale, è fortissimo l’impegno del Partito Democratico per la costruzione, consolidamento ed estensione del movimento di base a sostegno della politica del Presidente