Lucca, nata sulle rive del fiume Auser (l’attuale serchio) nel primo millennio a.c., deve il suo nome alla radice celto – ligure “Luk”, che significa “luogo paludoso”. Nel corso dei secoli la città vede l’avvicendarsi di varie occupazioni da parte dei liguri delle alpi apuane e dagli etruschi dell’entroterra toscano, e successivamente nel 180 a.c. fu costituita colonia latina dai romani.
Dopo la conquista territoriale, come era consuetudine dei romani, anche Lucca venne edificata secondo un progetto regolare, dove lo spazio urbano era suddiviso ortogonalmente in centurie, e in breve tempo sorsero strade ville e anfiteatri. A seguito di una prosperità urbanistica e sociale nel 56 a.c, Lucca fu scelta come sede di incontro dall’eccellente triunvirato Pompeo – Grasso e Cesare e da circa duecento senatori per tracciare i piani militari dell’impero romano. Ma a seguito della caduta dell’impero 476 d.c.
Lucca cadde in un periodo di crisi istituzionale ed economico. I resti delle mura, l’anfiteatro e di un teatro, sono le uniche testimonianze dell’antica città romana. Una lenta ma costruttiva ripresa economica della città, fu sotto il dominio longobardo 570 diventando capitale della Tuscia, e a questo periodo sono legate le più antiche chiese della città. Dopo la prima crociata alla quale partecipò anche il popolo lucchese, si costituì comune, aumentando ancora il suo prestigio. La rapida ripresa socio- politica ed economica di Lucca, fu grazie anche alla sua collocazione su una delle più importanti vie del medioevo : la via Francigena, che la poneva al centro di traffici commerciali da nord a sud e con l’Europa centro occidentale.
Nonostante i forti scontri con la storica rivale Pisa, Lucca continuò a prosperare in campo politico, commerciale e nella seticultura. Fin dai primi del 1200 i lucchesi erano esperti tessitori di questa arte che veniva tramandata di padre in figlio, e fu ben presto apprezzata nei palazzi di mezza Europa. Uscita dalle guerre tra Guelfi e Ghibellini prima, e tra Bianchi e Neri poi, grazie all’aiuto di Castruccio Castracani, Lucca rivive un secondo momento di tranquillità e di prosperità, anche se momentaneo, in quanto dopo la morte improvvisa dell’eroe Castracani, la città cade in preda alle signorie. Ne approfitta Paolo Guinigi marito della giovanissima Maria Caterina degli Antelminelli, meglio conosciuta come Ilaria del Carreto, che dal 1400 governò per trent’anni, portando grossi miglioramenti alla città. Dopo la signoria di Guinigi, Lucca dovette subire l’attacco fiorentino che strappo ai lucchesi Altopascio e Montecarlo, ma questo non turbò il sistema socio-politico ben saldo tanto da spingere la città nel 1556 a costituirsi Repubblica aristocratica fino al 1799, quando dovette arrendersi alle armate francesi. Nel 1802 Napoleone diede alla città un nuovo statuto e venne elevata a Pincipato e al comando di sua sorella Elisa, la quale governò con saggezza e incremento numerose opere pubbliche. Finita l’epoca napoleonica nel 1817 Lucca diventò Ducato e passò a Maria Luisa Borbone , sotto la quale fu istituita la Cassa di Risparmio, e numerose iniziative pubbliche, come lo sviluppo del centro balneare di Viareggio.
Nel 1847 il duca Carlo di Borbone cede Lucca al Gran ducato di Toscana e con il plebiscito del Marzo 1860 la città entrò a far parte del regno di Italia e delle sue sorti.
Lucca oggi è conosciuta in tutto il modo, è impossibile non rimanere affascinati dalle sue vie strette che si snodano tra i vicoli carichi di storia, protetti dalle maestose mura che abbracciano per quattro chilometri la città storica in un perfetto connubio tra arte e natura.
LUCCA E IL SUO TEATRO
UNA STORIA DI TUTTO PRESTIGIO NAZIONALE
Per una città come Lucca, storicamente vivace, sotto il profilo politico e commerciale, l’esigenza di avere un teatro dove esprimere la sua potenza anche nel campo artistico, fu inevitabile fin dal secolo XVII. E fu proprio dall’animo e dall’ingegno dei cittadini di Lucca che nacque nel 1672 il “Teatro pubblico”, riaggiustando e riadattando l’antico convento dei Gesuiti vicino la chiesa di San Gerolamo. Distrutto da un incendio nel 1688, un secondo teatro sorse dalle ceneri ancora calde e dai cuori tenaci dei lucchesi.
L’attività teatrale e la fama del teatro si intersecarono con la vita socio-politica dei cittadini, ma nel 1799 l’allora “Teatro Pubblico” dovette sostenere una seconda crisi, dove il teatro andò in rovina fino al 1817, quando ci fu la nuova ricostruzione sul progetto dell’architetto Giovanni Lazzarini. Così, il 22 Settembre 1819, nacque un nuovo teatro, l’attuale, il “Teatro del Giglio di Lucca” battezzato così dalla sovrana lucchese Luisa di Borbone.
Da quel giorno il teatro di Lucca è sempre stato uno dei sipari più prestigiosi d’Italia, musicisti e loro opere si alternarono senza sosta, da Rossini a Verdi, Mascagni e naturalmente il lucchese Giacomo Puccini.
Il Teatro del Giglio è stato parte fondamentale nella storia e nella vita dei lucchesi, è stato ed è un punto di riferimento culturale per la città , un compagno che parla ai suoi cittadini attraverso la sua storia e le sue sventure. Nel 1985 al teatro venne riconosciuta la qualifica prestigiosa di “Teatro Tradizionale “ che lo accomuna ad altri teatri storici italiani, ma soprattutto conferma la secolare e ottima tradizione artistica della città di Lucca.
IL MISTERO DEL VOLTO SANTO DI LUCCA E L’UOMO DELLA SINDONE
Un crocifisso raffigurante il corpo e il volto di Cristo è la statua- reliquario venerata a Lucca, che si trova nella navata sinistra della cattedrale di San Martino, racchiusa in una splendida cappella in marmo di Carrara fatta da Andrea Civitali, nella seconda metà del quattrocento.Quello che colpisce subito di questo crocifisso è il suo volto. Il colore scuro e i tratti sono diversi dai normali crocifissi che siamo abituati a vedere. Secondo l’antica leggenda, il Volto Santo è stato scolpito da Nicodemo, uomo menzionato nel Vangelo di Giovanni ( Gv.19,38 ), dopo la resurrezione e l’ascensione del Cristo. Nicodemo, non proprio un ottimo scultore, fu’ aiutato più dalla grazia divina che dall’arte sua, scolpì il busto del Volto Santo. Poi, stanco, si addormentò, lasciando da scolpire la testa. Al suo risveglio però, il crocifisso era completato, poiché gli angeli durante la notte avevano lavorato per lui.
Durante il periodo delle persecuzioni, l’opera fu data a Isacar, uomo giusto e di Dio, che nascose per generazioni l’opera per farla venerare. Un angelo indicò al vescovo Gualfredo la presenza della croce, la quale doveva essere spostata da una terra da quella terra a un luogo dove ne fosse il culto pubblico. Dopo averla trasportata alla riva della vicina città di Giaffa, la collocarono la croce su una barca e la affidarono alla Divina Provvidenza.
Nel 782d.c. la nave dall’oriente approdò sulle spiagge di Luni.A capo della diocesi di Lucca, vi era Giovanni I a Lucca, noto per aver spostato nella città i corpi di molti santi, al quale apparve in sogno un angelo che gli suggerì di andare a Luni a prendere la barca ed il suo prezioso carico, tra non poche polemiche. Per acquietare le sommosse si decise che la Santa Croce sarebbe stata posta su un carro trainato dai buoi e se i buoi lasciati liberi avessero trascinato il carro verso Lucca, il immagine sacra sarebbe stato dei Lucchesi, altrimenti sarebbe andato ai Lunensi. Ancora una volta affidata alla provvidenza, la croce fu diretta dai buoi, verso Lucca, dove risiede tutto oggi.Anche se gli ultimi studi sul Volto fatti dal Dott. Anna Maria Maetzke, dicono che l’originale non sarebbe quello conservato nella chiesa di San Martino a Lucca, bensì il crocifisso della chiesa di Sansepolcro ad Arezzo, per una questione secolare di venerazione i lucchesi tradizionalisti non si pongono il problema, il Volto santo è, e rimarrà l’emblema della città di Lucca.Ma c’è un altro mistero che rapisce la curiosità e sfida la mente provocando la scienza, ed è la straordinaria somiglianza tra il Volto santo di Lucca e il Volto che è impresso sulla Sindone. L’anello di congiunzione tra la scultura e lo storico lino che da secoli interroga la mente e l’anima e un nome, che lo troviamo citato anche nei Vangeli: il discepolo Nicodemo, che secondo i sacri scritti, insieme a Giuseppe d’Arimatea avvolsero in un lenzuolo e unsero il corpo di Gesù secondo il rito della sepoltura di quei tempi.La straordinaria somiglianza tra i due volti è sorprendente, può significare che Nicodemo scolpì il volto ispirandosi all’immagine del lenzuolo, o se non vogliamo credere alla leggenda, che altri durante i secoli abbiano preso spunto dalla sindone.
A rendere più credibile la storia, ci ha pensato la scienza che da anni è stregata dall’enigma della sindone e dei suoi derivati, mettendo a confronto i due volti mediante una tecnica di transizione graduale eseguita al computer. Lo studio fatto dal Prof. Giulio Fanti dell’università di Padova e presentato a un congresso internazionale di sindologia dal Dott. Giulio Dante Guerra ha portato a un risultato interessante: i due volti combaciano alla perfezione.Il suggestivo risultato si intreccia di nuovo con la leggenda e la storia, che da secoli si impongono allo scenario collettivo e vanno a porre dei dubbi che si annidano nelle nostre coscienze e pongono agli studiosi nuove sfide. La particolarità del Volto Santo si distacca notevolmente da altri crocifissi e dalle numerose icone sparse in tutto il mondo; e proprio per questo, lo rende ancor più oggetto di venerazione e di studi.Per chi non è del mestiere, l’unica cosa da fare è entrare nel Duomo di Lucca e restare ammaliati e affascinati da quel volto che pende dalla croce, al di là delle leggende o di chi sia stato l’autore . Chiuso nel suo enigma il Volto Santo veglia sulla città di Lucca, che lo conserva fiera da secoli con i suoi fascinosi misteri