Londra- In una piovosa Domenica di inizio Marzo, l’albergo è accogliente con il suo stile inizi novecento, elegante e pragmatico. L’attesa è una di quelle ardenti perché sappiamo già che sarà indimenticabile. Il personaggio è un uomo di cultura, 8 lauree e molti premi in divulgazione scientifica: Piero Angela entra nella hall, ci accoglie con un sorriso, qualche battuta iniziale, ci mettiamo seduti e inizia così un viaggio alla scoperta dell’uomo Piero Angela.
L’avvento di internet, dei social network come Twitter e facebook, come hanno cambiato il modo di fare comunicazione? Ritiene che sia stato un cambiamento positivo o negativo?
Voi come magazine siete una bella realtà positiva, grazie ai nuovi strumenti della rete. Giovani giornalisti e comunicatori trovavano ostacoli nel comunicare un argomento, specie nel campo della scienza attraverso giornali o reti televisive in molti casi chiusi nei loro schemi. La rete, invece credo siano un ottimo strumento, se usato, bene per il futuro della comunicazione. Naturalmente ci vuole sempre una preparazione di base, ma sicuramente internet ha aiutato, aiuta ed aiuterà in meglio il modo di fare divulgazione.
Cosa non deve mai mancare ad un buon comunicatore?
Una ricetta vera e propria non c’è ma si devono avere delle qualità. La prima è capire bene l’argomento di cui si vuole parlare, nel mio caso di scienza. Una buona formazione scientifica aiuta, ma non è tutto perché l’insegnamento delle materie è troppo pesante, troppo nozionistico. Ho iniziato ad interessarmi alla scienza molto tardi. Questo secondo me vale anche nella comunicazione, non basta sapere le nozioni della scienza ma occorre capire il senso e l’utilità che troviamo dentro la scienza. Questo lo può fare anche chi non è del mestiere purché sappia raccontare al pubblico con semplicità e concretezza concetti astratti. Un buon comunicatore in definitiva deve sapere tirare fuori il succo dagli argomenti e naturalmente avere un buon linguaggio, chiaro ed accattivante, perché la comunicazione si basa anche sull’emotività pertanto un tocco di umorismo non guasta mai.
Come nacque l’idea di Quark e perché le è stato dato il nome di particelle sub atomiche?
Iniziamo dalla scelta del nome. È sempre importante la scelta di un nome appropriato, sia per un libro che per un programma, sopratutto come quello che volevamo fare. C’erano 50 nomi candidati per il programma. Durante la preparazione avevo dato un titolo provvisorio – Diogene -, mi resi conto con il tempo che quel nome non era molto indicato per un programma che parlava di scienza. Dopo una votazione della redazione venne scelto questo nome, Quark, un nome che poteva incuriosire ed il suo significato era quello di andare dentro le cose, dentro l’ultima scatola cinese, un po’ come i quark che sono i mattoni fondamentali della natura. [foto f.b. italoeuropeo.com]
editing di Cinzia Cerbino