THE OTHER ART FAIR

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Prendete 100 tra i migliori artisti sulla scena e una schiera di compratori curiosi, shekerateli con un programma ricco di eventi e workshops, aggiungete quattro chiacchiere davanti ad un bicchiere di vino e la musica dei Koop Island Blues di sottofondo. Ecco a voi la sesta edizione della “The Other Art Fair”, mostra di arte alternativa che si è tenuta dal 24 al 27 aprile ad Ambika 3, Marylbone.

“Sembra un non senso che in questa città ci siano così tante menti creative e nonostante ciò sia sempre più difficile per gli artisti ottenere qualche riconoscimento”, spiega Ryan Stanier, fondatore e direttore di “The Other Art Fair”. Uno degli obiettivi principali di de “The Other Art Fair” è infatti lo sviluppo di una rete di relazioni sociali, artistiche, commerciali, che permetta la creazione di un humus fertile che dia occasione ai nuovi artisti di mettersi in luce.

Tuttavia non si tratta solo di un trampolino di lancio per giovani creativi.
Non è una mostra per timidi: “The Other Art Fair” è il pretesto perfetto per abbattere i muri della stanza dei bottoni del mondo dell’arte contemporanea. I visitatori non vanno solo per ammirare le opere, ma sono invitati a ficcare il naso nell’universo dell’artista (riconoscibile tra la folla grazie ad un cartellino verde che recita, appunto, “artist”), con cui possono interagire direttamente, facendo domande, scoprendo il significato di un’opera e sbirciando tra quelle non esposte, contrattando il prezzo e studiando il catalogo…tutto questo addentando, magari, un pezzo di croissant!

Susana Lopez FernandezTra i 100 talentuosi creativi c’era anche Susana Lopez Fernandez, artista nata nelle Asturie, che, dopo aver studiato Belle Arti a Barcellona, si è appassionata ai temi del viaggio, dell’immigrazione e del consumismo. Dal suo viaggio a Brooklyn è nato “Territorios”, un progetto fotografico che osserva come si miscelino comunità differenti nello spazio urbano. Esplorando il contrasto tra realtà differenti come la comunità ebreo-ortodossa e quella cinese, ha prodotto una serie di fotomontaggi spezzati da una linea rossa che rappresenta lo skyline della città. Ci spiega che a New York le sutto-culture urbane formano una specie di mosaico: vivono a stretto contatto, ma resta intatto un genuino e forte attaccamento alle tradizioni del paese di origine. In quel regno dei paradossi che è la grande mela, accade quindi per esempio che una ragazza che passeggia sola per le strade di Bensonhurst, dove vive la comunità italiana, non sia vista affatto di buon occhio, ma in quelle stesse vie l’italiano sia ormai una lingua quasi dimenticata ed indelebilmente mischiata con l’inglese. Molto spesso le comunità trapiantate all’estero conservano infatti dei comportamenti e delle credenze ormai anacronistici e inusuali nello stesso paese d’origine, ci dice Susana. Prossimi progetti? Esplorare la condizione degli italiani sbarcati a Londra, capitale in cui le dinamiche di aggregazione sono più intricate e meno nazionaliste rispetto alla realtà newyorkese, e dare forma alla comunità cinese di Napoli, porto di mare e babele di popoli alla deriva.

Luca IndraccoloProprio Napoli e il suo folklore sono il tema preminente nelle opere di Luca Indraccolo, artista partenopeo che quest’anno ha partecipato per la seconda volta alla “The Other Art Fair”. Ci racconta di aver lasciato Napoli a 19 anni e di aver acquisto negli anni un “occhio clinico” verso la sua città, capace di cogliere particolari che solo un osservatore esterno potrebbe captare. Nel suo caso lo sguardo è puntato spesso sui ricordi e i suoi quadri sono dei lampi di immagini impresse nella sua memoria di bambino ed adolescente. C’è l’uomo con un ventaglio di banconote da 50 euro appuntate alla giacca, manifesto umano delle scommesse clandestine, il paradosso del muratore asiatico che indossa una mascherina forata per permettergli di fumare, l’ immancabile capitone. Nei quadri di Luca ricorre spesso il soggetto funerario. Il rapporto con la morte è infatti particolarmente “vivace” per i napoletani, come si percepisce dalle sue opere dedicate alle catacombe, luoghi atti ad un colto profano dei defunti, concepiti come esseri umani presenti se non in carne perlomeno in tutto lo spessore delle ossa, al punto che non si manca di circondarne i crani con monete e pacchetti di sigarette da gustare nell’aldilà in cambio di protezione e qualche numero vincente al lotto. Negli oli su tela di Luca Indraccolo emerge nitidamente l’equivocabile labilità del confine tra religione e scaramanzia, bellezza e degrado, lasciandoci perdere nei vicoli e nelle ombre della città.