Giornalista de “Il Fatto Quotidiano”, “Il Sole 24 Ore” e “Vanity Fair”, Caterina Soffici vive ormai a Londra da alcuni anni. “Italia Yes Italia No. Cosa capisci del nostro paese quando vai a vivere a Londra” è il suo ultimo libro, edito da Feltrinelli, che ci spiega perchè a Londra “si vive peggio, ma si sta meglio”. Una serie di racconti ed episodi che ci offrono uno spaccato dell’antropologia metropolitana londinese, conditi con riflessioni ironiche ed amare quando si tratta di tirare le somme, mettere da parte l’italico primato gastronomico e climatico, e confrontare Londra col Bel Paese.
Nel libro scrivi che “l’Italia è un paese che non si può smettere di amare, ma dal quale ci si deve difendere”.
Dopo tre anni all’estero, hai raggiunto una sorta di nostalgia felice?
Sì, ma con un che di rabbia. E’ una nostalgia felice perchè io a Londra sto benissimo, però, come scrivo nel libro, qui si sta meglio, ma si vive peggio perchè tutto quello che è l’Italia ti manca. Molti di quelli che come me se ne sono andati non sono venuti via per fare un’esperienza di piacere, ma perchè in Italia è tutto bloccato. La maggior parte delle persone che vengono qua scappano dall’Italia, che è il nostro paese, ma alla fine lo vivi come un nemico. Questo è il sentimento di tutti qua. Quindi c’è questo doppio sentire… sì, nostalgia felice è giusto, una buona definizione.
Ho letto che da quando sei qui fai molte liste, proprio come gli inglesi. Quanto ti ha cambiata, anche nelle abitudini quotidiane, vivere a Londra?
Questa è una città dove non si improvvisa niente. Tutto deve essere programmato con grande anticipo. Questo ti predispone ad avere anche una struttura mentale diversa, perchè in Italia è sempre tutto un po’ “arraffazzonato”. E’ vero che c’è la creatività che poi ti salva, però puoi vivere facendo le cose all’ultimo. A Londra in questo modo non puoi vivere, nel senso che proprio non ce la fai, perchè per qualunque cosa tu provi a fare in extremis c’è già qualcuno che ci ha pensato prima. Di base la tua vita è programmata: se ti invita a cena qualcuno ti invita con tre settimane d’anticipo, per iscriverti alle scuole ti devi muovere anni prima…Mi faceva riflettere la polemica che c’è stata in Italia sui test universitari, che sono stati anticipati, tra l’altro in un periodo sbagliatissimo, proprio due mesi prima della maturità. In Inghilterra si fanno i test e le iscrizioni alle università un anno prima di finire la scuola superiore, per cui le due cose poi non si accavallano. Tutto questo ti predispone anche mentalmente a fare le liste delle cose che devi fare e a pensare a come organizzare la tua vita in anticipo. Se arrivi senza questa organizzazione, qua non le puoi fare.
Nel primo capitolo parli delle Junk mail e dell’applicazione della democrazia diretta in Inghilterra. Dici anche che nel dopoguerra il nostro paese si era avviato sulla buona strada della democrazia, poi qualcosa è andato storto, cosa?
Sul cosa sia andato storto bisognerebbe scriverci sette libri, non uno! La grossa differenze è che una persona che vive a Londra, anche se è italiana o di qualunque altra origine, si sente un cittadino rispettato. C’è un meccanismo per cui tu sei un cittadino, hai un diritto e questo diritto viene rispettato, perchè hai la possibilità di farlo rispettare. Se qualcosa non funziona c’è sempre un responsabile a cui rivolgersi, vai in un ufficio pubblico e c’è sempre qualcuno. Tutto ciò nonostante l’ottusità inglese, perchè gli inglesi sono molto ottusi, ma questo è il compromesso che si deve accettare. Regole vanno con ottusità, creatività italiana va con caos. Alla fine io preferisco l’ottusità in cui tu sai che fai parte di un sistema, fai parte di una coda per esempio e non c’è il furbino che ti passa avanti, non c’è il privilegiato, non c’è il raccomandato. Questa alla fine è una maniera di vivere che da noi manca. Negli anni subito dopo la seconda guerra mondiale l’Italia era un paese poverissimo, ma con grandi speranze davanti, con un futuro da ricostruire. In Gran Bretagna la situazione era forse ancora peggiore, però questo è un paese che è uscito forte dal dopoguerra e ha continuato ad andare avanti. Tra scioperi, manifestazioni, si sono scannati, hanno passato di tutto anche qua, però non c’è stata evidentemente quella divisione sociale che c’è stata da noi, tra fascismo e antifascismo. Qui tu sei un cittadino anche se è una monarchia, in Italia tu sei sempre suddito anche se è una repubblica. E’ un controsenso assoluto, ma è così. In Italia devi sempre chiedere un favore a qualcuno, altrimenti, anche quando le cose sono dovute, non riesci a far rispettare il tuo diritto. Pensa al rapporto fra il cittadino e la pubblica amministrazione. A parte il fatto che qui è più semplice perchè puoi fare quasi tutto on line, ma in generale non si va a conoscenza, ma a numero progressivo. In Italia se sei arrivato ultimo, ma se “figlio di” passi davanti in tutto, nei concorsi, nelle selezioni del personale…in tutto quello che è la vita pubblica e anche nei rapporti con l’amministrazione. Quando dico che qui ho trovato la “banalità della normalità” è questo che intendo, perchè in Gran Bretagna le cose che devono succedere succedono, senza doversi “arrabattare”. Io credo che la maggior parte delle persone che vengono qui non lo facciano solo per cercare lavoro, ma anche per trovare una maniera di vivere diversa. Qua e c’è un dinamismo che si percepisce, c’è la possibilità di pensare che se sai fare una cosa, se hai delle “skills”, qualcuno se ne accorge e te la fa fare. In Italia manca questo concetto e quindi tu lavori senza il minimo incentivo mentale e ciò è devastante, è la cosa che ammazza un paese. Ormai sono mezzo milione gli italiani qua. Qualche settimana fa è venuto Renzi in visita, sai come lo ha accolto il sindaco di Londra, Boris Johnson? “Benvenuto nella sesta città italiana!”
Parliamo delle differenze sociali a Londra. Tu nel libro dici che la Londra dei ricchi e quella dei poveri vivono a stretto contatto, pur essendo due mondi diversi. Come consideri il fenomeno in sé?
Londra, come tutte le grandi metropoli, è un posto in cui la differenza tra ricchi e poveri è molto sentita. In più c’è un fenomeno classista, tipicamente inglese, che si portano dietro dai tempi dell’impero. Qui esiste la upper class, ovvero l’aristocrazia, la vecchia classe dirigente che continua a riprodursi in sé stessa. Il sistema delle scuole inglesi è chiaramente strutturato a questo fine, ciò è tu entri in certi tipi di scuole solo se vieni da certi tipi di famiglie, ovvero se hai un certo tipo di censo per poter pagare le rette. Il 7% degli inglesi può permettersi di mandare i propri figli alle scuole private, da questo 7% viene fuori l’80% della classe dirigente inglese. La mobilità quindi è bassissima all’interno delle classi inglesi. La regola però è generalmente che si possa entrare in questo giro virtuoso nell’arco di tre generazioni: il nonno fa i soldi, il padre fa la buona scuola e il figlio già è entrato nel sistema.
Cameron e molti altri all’interno del governo vengono da Eton, il collegio solo maschile, da cui sono usciti una ventina di primi ministri. In pratica chi ha governato l’Inghilterra negli ultimi cento anni viene da quella scuola. Questa è la vera mela marcia dell’Inghilterra.
Se però la guardi da un altro punto di vista, questo ti permette se non altro di selezionare un certo tipo di classe dirigente, con un sistema assolutamente classista, senza dubbio, però una selezione viene fatta, a differenza che in Italia.
E’ più facile essere poveri a Londra o in Italia?
Un povero in Italia vive meglio per condizioni ambientali: clima mite, posti belli, fai tutto al nero. Però qua c’è un sistema di benefits e di assistenza che in Italia se lo scordano.
Penso a tutta l’assistenza pubblica che in gran parte adesso Cameron sta tagliando, alle council houses, al salario minimo, al sussidio di disoccupazione…
In Italia questa roba non esiste. Certo qui spesso ne abusano e ci sono casi assurdi come quelli di chi arriva ad avere una decina di figli per avere più benefits, vivendo nelle periferie più sperdute con dei redditi da 70-80 mila sterline l’anno, o il fenomeno dilagante delle ragazze madri che si fanno mettere in cinta pur di avere una casa ed un sussidio fino ai 18 anni del figlio…Direi che io, se dovessi scegliere, preferirei essere povera in Italia, ma a Londra sicuramente hai più assistenza.
Nel libro scrivi “i benestanti buttano giù la pancetta con la scusa di raccogliere i soldi per i poveri”. Quanta ipocrisia c’è a Londra?
Tantissima. Le charity qua sono un business. Secondo me questo deriva dalla religione protestante. Per un cattolico essere ricco non è un riconoscimento sociale, anzi il ricco è sempre visto con sospetto. Qua il contrario: il ricco è un prescelto da dio. Non c’è l’invidia verso il benestante, perchè l’idea è ha dei talenti in più rispetto agli altri e rende merito alla società attraverso la beneficenza. Questo è l’aspetto etico, poi c’è quello sociale perchè con le donazioni hai un ritorno di immagine enorme, fai del bene e tutti lo vedono. E poi ci sono dei vantaggi fiscali enormi, puoi scaricare dalle tasse quello che doni alle charity.
Quanto è diverso il ruolo della donna a Londra?
Formalmente la donna è trattata in un’altra maniera, in Italia c’è un approccio culturalmente diverso. Allo sportello “Primo Approdo”, organizzato dal consolato per aiutare i giovani appena sbarcati a Londra, una delle prime cose che si consiglia ai ragazzi è di avere un occhio di riguardo quando si approcciano le donne inglesi, perchè con un modo di fare troppo esplicito si può incorrere in una denuncia per molestie. Comunque il sessismo c’è dappertutto e c’è anche qua, con la differenza che qui se ti senti discriminata fai un reclamo, c’è un intervento e chi ti discrimina viene sanzionato. Nel libro cito l’episodio di Miriam O’ Reilly, una conduttrice della BBC che è stata tolta dal video per le troppe rughe. Lei ha fatto causa e la BBC non solo l’ha reintegrata, ma le hanno chiesto delle scuse pubbliche. In Italia una roba del genere non succede. Non sto dicendo che qui non siano sessisti, però sanno che ci sono delle regole entro cui bisogna muoversi. Per esempio qua non ci sono le quote rosa stabilite, però se in un ufficio vengono promossi solo uomini le donne possono chiedere il perchè, ciò è ci deve essere una motivazione obiettiva ed oggettiva. Nelle grandi multinazionali non possono essere assunti solo uomini bianchi ed etero, ma devono essere assunta una quota di donne, una quota di gente di colore, una quota di ispanici , etc. etc., proprio perchè è una garanzia anti-discriminazione. Secondo me questo è il motivo per cui Londra è un crogiolo di razze e di persone diverse che vengono da tutto il mondo e che vivono pacificamente insieme, perchè la gente viene scelta principalmente per quello che sa fare.
Il libro è dedicato a Jacopo e Lorenzo, i tuoi figli. Dove immagini il loro futuro, in Italia o a Londra?
Il grande ha 14 anni e ha già deciso: ha capito benissimo che qua ha molte più possibilità e ha detto che in Italia ci tornerà per le vacanze. Il che non è che mi faccia piacere, però almeno ha le idee chiare. Il piccolo non si capisce ancora. Noi siamo venuti via tre anni fa e devo dire che uno dei motivi è stato anche per loro, per dargli più possibilità di avere uno sguardo internazionale. E poi siamo scappati proprio nel momento del caos, della crisi maggiore…
Io mi auguro che possano fare quello che gli piace e possano scegliere il tipo di vita che vogliono. Stante la situazione attuale, è ovvio che adesso in Italia non potrebbero farlo.
Spero solo che quando dovranno decidere dove vivere l’Italia sia una delle opzioni possibili, anzi ne sarei felicissima.
Presentazione del libro “Italia Yes Italia No” di Caterina Soffici a The Italian Book Shop, 15 Maggio, 19.00 : http://www.italianbookshop.co.uk/events.php.