Studentesse sequestrate in Nigeria: cronaca del rapimento

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ragazzerapite

C’era una volta e c’è ancora un paese lontano e dimenticato, scivolato nell’oblio della cronaca di sottofondo insieme a molti altri paesi appartenenti ad un mondo che chiamiamo Terzo. Quel paese è la Nigeria e con i suoi quasi 170milioni di abitanti è il più popoloso del continente africano. Le sue vicende di ordinaria tragedia sono improvvisamente finite sotto i riflettori grazie ad un twitter virale sponsorizzato tra gli altri da Michelle Obama e da Papa Francesco, con la campagna #Bringbackourgirls.

Italoeuropeo ha scelto di spegnere quei riflettori e di raccontarvi questa vicenda tentando di ricostruire i fatti in ordine cronologico, col proposito di fare chiarezza su una contingenza di per sé confusa per l’ambiguità delle fonti ufficiali e la frugalità di quelle officiose.

Durante la notte tra il 14 e il 15 aprile scorsi un gruppo di uomini armati arriva a Chibok (stato del Borno), nel profondo Nord Ovest della Nigeria, dove ha sede una grande comunità cristiana. Gli uomini riescono ad entrare nel dormitorio della scuola locale spacciandosi per soldati e aprono il fuoco, uccidendo per primi un militare e un agente di polizia. Il loro scopo è rapire le studentesse della scuola. Ne sequestrano 276, tutte cristiane e giovanissime, tra i 15 e 18 anni. Una cinquantina di loro riesce a scappare, le altre 223 sono disperse, ingoiate nei meandri della Foresta Sambisa, un’area di 60mila chilometri quadrati. Dopo il sequestro si rincorrono voci confuse: qualcuno dice che le giovani siano stata costrette a sposare i loro carcerieri, altri che siano state trasferite in Ciad e Cameron per essere vendute come schiave. Un intermediario racconta che 20 ragazze sarebbero malate a causa delle pessime condizioni in cui sono costrette a vivere, mentre 2 avrebbero perso la vita in seguito al morso di un serpente.

Nella notte tra il 3 e il 4 maggio in due villaggi della stessa regione vengono sequestrate altre undici adolescenti.

Il 5 Maggio un video di un’ora cancella ogni dubbio sul sequestro delle studentesse.
I rapitori appartengono al gruppo terroristico Boko Haram e il movente del ratto è di matrice religiosa: vogliono convertire le ragazze all’islam. Abubakar Shekauha, leader dell’organizzazione terroristica, nel filmato dichiara che le ragazze sono state ridotte in schiavitù e che saranno vendute come spose, perchè “Allah mi comanda di venderle ed io venderò le donne” e aggiunge che “invece di andare a scuola avrebbero dovuto essere regolarmente sposate”. Lo stesso giorno 300 persone muoiono a Gamboru Ngal, città ai confini col Camerun, in un raid di Boko Haram.

Il 6 Maggio il gruppo terroristico compie un nuovo raid, sequestrando altre otto ragazze in un villaggio non lontano da Chibok. La paura e il senso di impotenza dei nigeriani di fronte al rapimento delle loro figlie cresce.

“La vendita di esseri umani è un crimine contro l’umanità”, afferma Reuben Abati, consigliere speciale del presidente, e il 7 maggio la polizia nigeriana promette una ricompensa di circa 210mila euro a chi riuscirà a trarre in salvo le ragazze. Tuttavia resta uno sforzo troppo labile e i genitori delle giovani continuano a lamentare una totale mancanza di collaborazione nelle ricerche. Il comportamento del governo nigeriano appare quantomeno equivoco, come dimostra la vicenda avvenuta ad una delle attiviste che più si è battuta per la liberazione delle giovani, arrestata per ordine della moglie del presidente Goodluck Jonathan e rilasciata dopo alcune ore.

Il 9 Maggio arriva in Nigeria una squadra di esperti statunitensi per aiutare il governo locale nella ricerca delle ragazze. “La nostra squadra – spiega il segretario di Stato americano John Kerry – farà tutto il possibile per far tornare le ragazze alle loro famiglie e alle loro comunità”.

L’ 11 maggio compare un un secondo video di circa 17 minuti dove vengono riprese un centinaio di giovani raccolte in preghiera mentre recitano il primo capitolo del Corano, coperte integralmente dal velo. La voce di sottofondo di Shakauha annuncia che tutte le giovani sono state convertite all’Islam ed avanza la pretesa del gruppo terroristico: in cambio della liberazioni delle ragazze vogliono il rilascio di tutti i membri di Buko Haram detenuti nelle carceri nigeriane. Il governo di Abuja respinge la richiesta, come conferma il ministro dell’interno, Abba Moro, che dichiara: “I Boko Haram non possono porre delle condizioni”.

Il 12 Maggio escono nuove indiscrezioni sul luogo dove sarebbero nascoste le studentesse.
Il governatore del Borno, Kashima Shettima, dice di avere «informazioni di avvistamenti» e dichiara di non credere che le ragazze siano state trasferite in Ciad o Camerun, ma secondo lui si troverebbero ancora in Nigeria.

Il 13 Maggio il governo nigeriano si dice pronto ad avviare le trattative per il rilascio delle studentesse rapite.
“Se ha intenzioni sincere, dichiara il ministro Tanimu Turaki, “il leader di Boko Haram dovrebbe inviare qualcuno ad incontrare la commissione per la riconciliazione”.

Il 14 Maggio, un mese esatto dopo la notte del sequestro, i terroristi del gruppo Boko Haram sono pronti a presentare la lista dei detenuti di cui chiedono la liberazione in cambio delle oltre 200 ragazze nigeriane.
Lo rivela il quotidiano britannico “The Telegraph”, che riporta fonti secondi cui un religioso del Nord del Pese si occuperà delle negoziazioni con il governo nigeriano.
Lo stesso giorno circa 300 estremisti islamici, molto probabilmente del gruppo Boko Haram, prendono d’assalto tre villaggi. Iniziano il saccheggio, ma trovano una forte resistenza da parte della popolazione locale e circa 200 predoni con armi primitive.

Nel frattempo il presidente nigeriano Goodluck Jonathan ha escluso qualsiasi scambio con Boko Haram per il rilascio delle ragazze rapite, contrariamente a quanto precedentemente affermato da fonti governative. Come riferisce il ministro britanni per l’Africa, Mark Simmonds: “Jonathan ha messo in chiaro che non vi sarà alcun negoziato con Boko Haram che preveda uno scambio tra le studentesse e i prigionieri”.