London – LA disabilita’ ,strana cosa per davvero…
Cos’ è per noi tutti, per la nostra società, per la cerchia sociale più o meno estesa in cui viviamo,la disabilità?
Forse è un concetto piuttosto “fumoso”, qualcosa di sentito dire vagamente ma che non tange le nostre esistenze così moderne, veloci e già alquanto stressate.
Forse ne sentiamo parlare a volte dai mass media per casi di cronaca i quali ci fanno inorridire ma che poi accantoniamo in un angolo della nostra mente, felici che non ci riguardino.
Forse invece, è qualcosa che t’investe la vita, da sempre, inevitabilmente, come accade a me.
Sono una ragazza nata con varie difficoltà fisiche importanti e soprattutto assenza di parola, ma con un cervello in continua elaborazione, progettazione e promotore di desideri e sogni continui…
Molti mi reputano anche una ragazza carina e particolare.
Questo mi piace.
Mi piace distinguermi, essere considerata, chiamata in causa e ho trovato modo e maniera per soddisfare questo mio piacere, nella scrittura.
Utilizzo parole non banali e scontate ma spesso ricercate e a volte addirittura obsolete, come il computer mi fa notare scrupolosamente e inevitabilmente con la sua rossa sottolineatura, quasi fosse il segno di una maestra implacabile davanti al compito di un suo alunno.
Ho un modo particolare di comunicare, con una tecnica di scrittura imparata negli anni, costantemente e con fatica, la quale però mi permette di lasciare una finestra aperta sul mondo là fuori.
Le persone a me sconosciute le quali m’incrociano per strada, nei locali o in spiaggia, mi guardano incuriosite e con occhi penosi,chiedendosi dapprima quale sia mai il mio problema e il motivo di tanta particolarità,e poi provano sollievo per il fatto di rientrare essi stessi nella categoria dei cosiddetti “normali”.
Chi mi conosce invece, incrociando il mio sguardo mi regala un sorriso e mi chiede del mio stato di salute, affidando il loro pensiero a chi in quel momento mi sta accompagnando.
Io sostengo che di certo potevo essere più fortunata, ma ancor più chiaramente debbo ringraziare di esserci,o di non essere nata in un paese del Sud del mondo,ad esempio,dove obiettivamente avrei avuto zero possibilità di crescere e migliorare.Ancora: debbo esser felice per la famiglia in cui il destino mi ha inviata,così tenace da non permettermi mai di mollare.
Di certo non rappresento quello che si può definire una persona “normale” ma, in fondo, anche venendo a conoscenza delle brutture del mondo che la cronaca puntualmente ogni giorno ci fa presente,quanti di noi possono davvero definirsi normali?
Viviamo in un paese culturalmente generoso e solare, ma per molti aspetti ancora colmo di preconcetti,pregiudizi e ottusità.
Dai punti di vista logistico,pratico e architettonico siamo ancora concettualmente molto indietro.
Le persone come me non dotate di tutti i comfort fisici hanno svariate difficoltà anche solo nel gestire la loro quotidianità,soprattutto in grandi agglomerati urbani.
L’unico rimedio efficace è una diversa cultura da coltivare nelle nuove generazioni in crescita.
Far comprendere che occorre abbattere l’ottusità che spesso pervade le nostre menti e ci fa mantenere le distanze da chi è diverso da noi.
Capire che diverso non è sempre sinonimo di peggiore, ma semplicemente, appunto, differente.
Dare l’esempio ai più piccoli, perché spesso l’esempio vale più di mille parole.
Far passare il messaggio che ognuno di noi ha valore come persona, che il rispetto è imprescindibile da ogni condizione umana, che sentirsi “superiori”, migliori, eccellenti rispetto ad altri individui problematici,non è corretto,ma è ingiusto.
Alla fine di tutto, alla fine di ogni vita, si tirano le somme valutando quanto bene chi ci lascia abbia dato e ricevuto,e questo conta:non certo lo status,il patrimonio.
Indicare le persone per strada come fossero alieni scesi in terra o strane creature da circo, non è certo il massimo per chi si sente additato ed ha già svariate problematiche personali.
Occorrerebbe spiegare ai più piccoli e dare loro l’esempio facendo comprendere che non è necessario trattare l’altro come fenomeno da baraccone.
Occorre lavorare a livello integrativo soprattutto nelle scuole, culle della cultura e dell’educazione del futuro, affinchè chi è speciale e diverso, viva comunque la vita di classe e di gruppo per quanto sia possibile e conciliabile,così come ho potuto sperimentare io stessa.
Ed è stato fonte di grandissime soddisfazioni.
Il cammino non è sempre facile, anzi: è costellato di problemi, fatiche, pregiudizi.
Questo però moltiplica la voglia di andare avanti, di realizzarsi, di arrivare alla meta e di gridarlo a tutto il mondo!
A tutti noi la disabilità pare un concetto lontano e quasi fastidioso, perché ti porta a pensare a brutte cose in un mondo dove già nulla è semplice e immediato.
Ma la vita è imprevedibile, ci mette davanti ostacoli e prove, e non possiamo concederci di dare nulla per scontato.
Nessuno di noi è immune o immortale e tutti noi, un giorno, avremo bisogno dell’altro,di un aiuto,saremo dipendenti da qualcuno.
Occorre forse mantenere un minimo di umiltà e disponibilità verso gli altri, soprattutto se questi ci paiono “perdenti”, in difetto, sfortunati rispetto alle nostre esistenze.
Occorre,insomma,essere certamente orgogliosi di ciò che abbiamo realizzato durante il nostro percorso di vita e andarne fieri,ma allo stesso tempo,con la coda dell’occhio,dare uno sguardo anche verso l’altro e cercare di non alimentare eccessivamente quella parte di noi tendente all’egocentrismo.
L’umiltà e la generosità sono forse le doti migliori di cui un individuo possa essere dotato.
Mirare solo a propri possedimenti e status sociali,inaridisce mente e cuore e non è detto che conducano con sicurezza alla felicità personale.
Sono forse pensieri banali o retorici,ma sono anche i più veri del mondo!