ISLAM CULTURA E LEGGE ricerca storica ( prima Parte)

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1942

A seguito degli ormai incalcolabili episodi di violenza e di efferatezza perpetrata da gruppi islamici di varia denominazione in ogni parte del mondo, tutti comunque sotto lo stesso “Comun denominatore” ispirato all’unica fonte che è “il Corano”, ho ritenuto opportuno spiegare i fondamenti di una religione e mondo spesso poco noto, ma sempre sulle prime pagine dei giornali per fatti gravosi. E allora cerchiamo di capire chi e’ questo popolo, le sue origini, il loro Dio.

 

            Ritengo del tutto inutili e pretestuosi quei commenti che vorrebbero togliere responsabilità a questi criminali inferociti di matrice islamica per attribuirla del tutto o in buona parte ad altri gruppi o etnie, quali ad esempio il Sionismo o la Massoneria, unici responsabili, secondo costoro, di telecomandare l’Islam da dietro le quinte e “usarlo” contro il cristianesimo, comune nemico di entrambi.

            Il fatto che certi delitti possano avere un “direttore d’orchestra” occulto, sia esso arabo, o ebreo, o europeo, o americano, non significa che gli esecutori di tali nefandezze siano dei poveri innocenti o irresponsabili! Sia mandanti che esecutori hanno la stessa, identica responsabilità, anche se molti di costoro sono esperti nell’ostentare ipocritamente una sorta di falso pacifismo e di estraneità assoluta ai fatti. D’altra parte l’Islam si è rivelato violento dal primo momento in cui è nato, per opera di Maometto, agli inizi del 600, con lo sgozzamento di 700 ebrei, cristiani e pagani che prima convivevano pacificamente nella zona del Medio Oriente. Chi tiene prigioniera da quasi cinque anni Asia Bibi accusata di essere cristiana? Uno stato islamico, il Pakistan, o un gruppetto di fanatici?

Addirittura c’è chi è talmente abile nel “girare la frittata” che vorrebbe attribuire ai cristiani la colpa di buona parte di questi delitti, facendoli risalire addirittura ai tempi delle Crociate e riempiendo gli stessi cristiani di sensi di colpa, non ultimo anche papa Bergoglio, per aver difeso con coraggio la propria terra, la fede e la civiltà dall’avanzata dei nuovi “barbari”. 

Se di qualche colpa ci dobbiamo accusare noi cristiani adesso (il mea culpa fatto sulla coscienza dei nostri antenati di centinaia di anni fa è sempre poco obiettivo), è semmai quello di essere diventati superficiali, agnostici, e di non avere consapevolezza del grave pericolo che ci sovrasta e di tutto quel tesoro e patrimonio che perderemmo, fede e libertà in testa, se dovessimo essere soggiogati da costoro. D’altra parte la stessa crisi della Chiesa cattolica che vede due Papi viventi a seguito, a quanto pare, di losche manovre e di congiure di palazzo, è un segnale premonitore di grave malessere e di pericolo per il mondo intero.

            Nella storia dei popoli Dio permette a volte che proprio i figli eletti siano lasciati in balia dei loro nemici a causa dei loro molti peccati perché possano espiare le loro colpe e fare ammenda del loro tradimento, nella speranza che si rendano finalmente conto della gravità dei loro errori per aver rinnegato il loro vero Dio: Padre, Figlio e Spirito Santo abbeverandosi a “cisterne screpolate”.

CONOSCERE L’ISLAM

 

Per capire l’Islam, la sua cultura e le sue leggi, in una narrazione sintetica, è indispensabile partire dalla conoscenza dei due pilastri fondamentali dell’Islamismo: Maometto e il Corano. Questa premessa ci permetterà di conoscere meglio i due aspetti della cultura islamica, cioè i contenuti della dottrina e i 1400 anni di storia, dal 600 circa ad oggi.

MAOMETTO

Nacque alla Mecca intorno al 570 e di lui non abbiamo fonti storiche scritte ma solo tradizioni. Il suo vero nome fu “Qotam” e l’appellativo di “Mohammad” (= il glorificato), fu posteriore. Rimasto orfano fin da bambino, passò sotto la tutela prima del nonno paterno, poi dello zio Talib che lo avviò all’attività carovaniera come cammelliere. A venticinque anni conobbe e sposò una ricca vedova, Qadigia, di 15 anni più grande di lui, nipote di un Vescovo eretico de La Mecca, Uarahà Ben Nauffal, nestoriano, con il quale Maometto strinse amicizia.  Conobbe pure un frate scismatico, Rahéb Bohàera, detto il frate del lago, con il quale si presume scambiasse colloqui di carattere religioso. In Arabia e dintorni, al tempo di Maometto il cristianesimo era diviso in molti gruppi eretici e scismatici, fra cui primeggiavano i “Nestoriani” e “gli Ariani” che seguivano una interpretazione distorta della Bibbia e del Vangelo, soprattutto con riferimento alla figura di Cristo come vero Uomo e vero Dio. Sia per influenza del frate del lago, sia perché ammirato dalla figura ieratica del Vescovo nestoriano, dai quali sentiva parlare di Sacra Scrittura, inizialmente cominciò ad invidiare i cristiani e i giudei perché essi avevano i Profeti, i Libri Sacri, un Dio unico e spirituale, mentre rozza era l’idolatria del suo popolo che adorava nella “Ka’aba” della Mecca, (una costruzione rettangolare dove le tribù nomadi venivano ad adorare i propri feticci), un’accozzaglia di 360 pietre dalle varie forme, di cui la più venerata era la “Pietra Nera”. A questo primo periodo della sua vita, che arriva fino ai 30 anni circa, sotto il probabile influsso dei suoi amici cristiano-nestoriani o scismatici, potrebbero risalire i primi versetti del Corano,dove si parla in modo vago ed approssimativo dei Profeti, tra cui Mosè, Abramo, David… Gesù stesso è annoverato tra i Profeti, ma di lui Maometto nega l’aspetto essenziale: il mistero della sua morte e risurrezione a salvezza dell’umanità (Mistero Pasquale). 

corsiadeiservi.it

 

LE “VISIONI” DI MAOMETTO. Ben diversi sono gli altri versetti del Corano scritti a seguito delle sue cosiddette “visioni” o crisi religiose, che iniziarono dopo i 30 anni.[1]  In questo secondo periodo della sua vita, (morì nel 632, a 60 anni circa), cominciò a manifestarsi in Maometto una personalità complessa e contraddittoria, facile all’esaltazione e insieme all’inquietudine e al dubbio; un temperamento di grande passionalità spesso morbosa, unita a slanci religiosi. Cadeva in deliquio, il volto si faceva rosso, nelle orecchie percepiva un inspiegabile ronzio metallico, le labbra si coprivano di schiuma, dalla gola emetteva suoni strani, tanto che la gente si allontanava da lui spaventata.  Da quei momenti di esaltazione in cui affermava di avere delle visioni usciva con la certezza che Dio gli aveva parlato e che egli era il profeta mandato da Allah per insegnare al popolo arabo la fede monoteista. Spronato dalla moglie Qadigia, Maometto si convinse di essere lui l’ultimo Profeta, il suggello di tutti i Profeti. Fu malattia nervosa? Autosuggestione? E quell’essere misterioso definito l’Arcangelo San Gabriele chi poteva realmente essere? Lasciamo questo compito agli studiosi. [2]

PREDICAZIONE. La sua predicazione incontrò un’accanita opposizione sia da parte dei Giudei che si burlavano di lui, sia da parte dei commercianti de La Mecca che vedevano svanire la fonte dei loro guadagni legati al commercio delle pietre ritenute “sacre”.  A quel punto Maometto pensò che era necessario usare la forza e si trasformò in guerriero temerario.  Nel 622 fu costretto a fuggire da La Mecca con un gruppo di fedelissimi (Egira) e trovò accoglienza a Medina, allora dilaniata da fazioni interne, e lì pensò di dare un risvolto politico alla sua missione. Nel documento conosciuto come “Editto di Medina” dettò quella che può essere definita la “Costituzione islamica”, nella quale Maometto definisce l’Islam come comunità di credenti che combattono per imporre la legge di Allah al mondo intero.  Infatti le sue battaglie, condotte al grido di “Sangue, sangue, distruzione, distruzione”, avevano non solo lo scopo di ripulire l’Arabia dagli idoli, ma anche quello di condurre all’Islam tutti i popoli della terra.[3]  Fu perciò considerata “guerra santa” e venne sancita poi sul Corano in numerosi e inconfutabili versetti. Recita infatti il Corano: “Vi è prescritta la guerra, anche se non vi piace” (Cor.2,216). “Uccidete gli idolatri ovunque li troviate” (Cor. 9,5).  “Profeta! Lotta contro gli infedeli e sii duro con loro” (Cor. 66,9). In questa lotta i cosiddetti “infedeli” non hanno alcun diritto perché l’Islam non riconosce come soggetti giuridici persone o Stati non musulmani, e nemmeno riconosce i diritti dei prigionieri che sono “proprietà” dei vincitori. La schiavitù abolita in Occidente dal Cristianesimo, è legittimata nei Paesi islamici perché riconosciuta ufficialmente dal Corano (Cor.2,221).

 

GLI ESPERTI DI ISLAM.  Alcuni studiosi sono convinti che comunque Maometto portò dei benefici perché unificò, in nome di un solo Dio, le varie tribù arabe in lotta tra loro eliminando l’idolatria del popolo arabo e in buona parte anche di quello asiatico e africano. A queste affermazioni rispondono due conoscitori dell’Islam, Bausani e Fahad affermando che la lotta contro l’idolatria fu in realtà, parziale, in quanto Maometto fece sì eliminare tutte le pietre considerate sacre de la Ka’aba, tranne una, la cosiddetta “pietra nera”, tuttora luogo sacro di pellegrinaggio e oggetto di venerazione per tutti i musulmani.  Inoltre il culto da lui prescritto, basato soprattutto su gesti eclatanti, prostrazioni, abluzioni, girotondi intorno alla pietra sacra e altre espressioni esterne fine a sé stesse, è puramente esteriore e formalistico, e non coinvolge affatto l’intimo della persona né il suo comportamento morale.[4]

Lo stesso monoteismo islamico che aveva il compito di debellare l’idolatria è rigido e inflessibile, perfino con gli stessi musulmani: chi trasgredisce viene sottoposto a punizioni pubbliche terribili: mutilazioni, amputazioni di arti, flagellazioni, fustigazioni e anche con la morte perpetrata in modo terribile, per lo più attraverso la lapidazione. Allah è un Dio lontano e inconoscibile all’intelletto umano, arbitro di tutto, che esige la sottomissione assoluta dell’uomo fino al punto di vanificare la sua libertà e responsabilità, anzi fino al punto di sottrargli perfino la vita in modo cruento. (Cor. 2,216;  9,5;  66,9; 47,35) .  

 

Mons. Fouad Twal, già arcivescovo di Tunisi, afferma che l’Islam è portatore di un modello di società mirante all’istituzione di uno Stato teocratico e totalitario fondato sulla “Shari’ah” e che la “Jiahad”, la guerra santa, non è un aspetto marginale dell’Islam, ma costituisce un obbligo grave del credente, e contro coloro che hanno voluto interpretare questo termine in modo riduttivo, come se fosse solo un combattimento spirituale, l’Arcivescovo risponde che i testi e i fatti sono chiari: “Si tratta di una vera lotta armata contro gli infedeli, cioè contro tutti coloro che non sono musulmani. E’ la religione della forza perché si impone solo con la forza e cede solo davanti alla violenza. Islamismo e violenza fanno parte integrante dell’Islam”.

In tempo di pacifismo, ecumenismo, irenismo, sottomissione, compromesso ecc.  su tutti i fronti come il nostro, ci è difficile capire il significato delle “Crociate” condotte dai cristiani contro l’Islam tra il XII° e il XIII°, però gli storici hanno capito che, senza di esse e senza la battaglia di Lepanto, l’Europa sarebbe tutta islamica. Inoltre va detto che nulla hanno da spartire le Crociate con la guerra santa perché, oltre ad essere ben circoscritte in un determinato periodo storico, non avevano lo scopo di imporre la fede cattolica al mondo, ma solo quello di liberare i prigionieri e i luoghi santi dove i musulmani si erano insediati impedendo l’accesso a tutti gli altri “pellegrini infedeli”.[5]  

Dio cristiano e Dio musulmano. Per l’Islam Dio è talmente inconoscibile che non può essere raffigurato in alcun modo, a tal punto che Maometto decretò la distruzione di tutte le immagini, (la cosiddetta guerra iconoclasta), non solo quelle sacre, ma anche profane, cioè esiste la proibizione più assoluta di raffigurare, o dipingere, o scolpire chicchessia.  Per citare solo un esempio, se qualcuno ha visto in quale stato pietoso è stata ridotta la chiesa di Santa Sofia a Costantinopoli i cui preziosi mosaici d’oro sono stati tutti coperti dall’Islam da un orrendo strato di calce o cemento, tranne pochi recuperati in seguito, può farsi una pallida idea di che cosa potrebbe accadere alle meravigliose nostre chiese italiane, ricche di opere d’arte tra le più preziose del mondo, se dovesse prevalere la cultura islamica. 

 

Siamo ben lontani dal concetto di Dio che ci insegna la teologia cattolica, un Dio che mostra il suo volto nel Figlio, Gesù Cristo, un Dio che è nostro Padre, ricco di bontà, di misericordia e di perdono, rispettoso della libertà dell’uomo fatto a sua immagine e somiglianza; un Dio che si fa conoscere all’intelletto umano attraverso la Creazione ma soprattutto attraverso la Rivelazione. Un Dio che rivela la sua vita intima, Trinitaria nelle Persone: Padre, Figlio e Spirito Santo alla cui gloria e felicità l’uomo è chiamato a partecipare. Un Dio, poi, che ama l’uomo a tal punto da arricchirlo di doni e di talenti perché possa sfruttarli per migliorare il mondo con il lavoro, l’arte, la scienza, la pittura e tutte le attività umane. San Tommaso d’Aquino nella “Summa contra Gentile” al cap. VI, afferma: “Maometto neppure ebbe la testimonianza dei Profeti precedenti; anzi, egli guasta gli insegnamenti del Vecchio e del Nuovo Testamento con racconti favolosi, come risulta dalla lettura della sua legge. Ecco perché, con astuzia egli proibisce di leggere i libri del Vecchio e Nuovo Testamento; per non essere tacciato di falsità”.

Con le donne Maometto non era certo tenero. Aprì la strada alla poligamia più sfrenata adducendo la frase coranica “Dio è indulgente e misericordioso” e quando sottrasse la moglie a suo figlio adottivo Zeid, la bella Zàynab, per annoverarla fra le sue 20 spose (alcune delle quali bambine), esclamò: “Gloria a Dio che volge come vuole il cuore degli uomini” (sura 33). La verginità è ritenuta oltraggio alla natura, la donna definita adultera per rapporti sessuali per lo più subiti fuori dell’harem di appartenenza è condannata all’ergastolo in casa propria, o alla lapidazione. Dice il CoranoSe alcune delle vostre donne commettono turpitudini, portate quattro di voi a testimoniare contro di loro, e se questi testimoniano la verità del fatto, rinchiudete le colpevoli in casa finché le colga la morte o Dio offra loro una via di salvezza” (Cor. 4,15)

Maometto invitò i fedeli maschi a seguirlo su questa strada a spese della dignità della donna considerata proprietà dell’uomo, essere inferiore, privo di libertà, abbandonata al capriccio dell’uomo, esclusa dalla convivenza sociale. A quei tempi (anche tuttora in alcuni paesi arabi) le era perfino vietato di mettere piede nella moschea. “Il Paradiso non è fatto per le vecchie” rispose Maometto ad una fedele avanti negli anni che si raccomandava alle sue preghiere per ottenere la beatitudine eterna. Anche queste volontà di Maometto vennero sancite nel Corano, persistono tuttora e costituiscono la base fondamentale dell’islamismo odierno.


[1] S. Noja, Maometto profeta dell’Islam, Mondadori, Milano, 1991

[2] S. Noja, op. cit.

[3] S. Nitoglia, L’Islam com’è, Il Minotauro, 2002

[4]  A.Bausani, T. Fahad, Storia dell’Islamismo, Mondadori, Milano, 1997

[5] J. Richard, La grande storia delle crociate, Newton & Compton Editori, Roma, 1999