L’imposta sulle società (Corporation Tax) è un’imposta applicata nel Regno Unito sugli utili realizzati da società e associazioni qui residenti ai fini fiscali nonché sugli utili delle stabili organizzazioni di società ed associazioni che, pur non risiedendo nel Regno Unito, svolgono un’attività commerciale nell’UE.
Introdotta il 1° Aprile 1965 in seno alla nuova Legge finanziaria (Finance Act), modernizzata nel 1997 mediante il Progetto di riforma della Legislazione fiscale (Tax Law Rewrite Project), infine sottoposta al controllo della Legge delle imposte sui redditi e sulle società (Income and Corporation Taxes Act), l’imposta sulle società ha causato – nel tempo – non pochi problemi al Governo Britannico, per via di alcuni suoi dettami giudicati incompatibili con le direttive targate UE. Fu il Partito Laburista insieme all’Opposizione a lavorare affinché questa inconciliabilità venisse sanata, fino ad arrivare all’elaborazione della Legge dell’imposta sulle società (Corporation Tax Act 2010 ) attraverso cui il sistema dell’imposta societaria ha definitivamente integrato la pratica contabile generalmente accettata.
Quali sono i vantaggi che si possono ricavare dall’apertura di una società nel Regno Unito?
Come è noto, dall’apertura delle frontiere europee nel 1993 qualsiasi cittadino dell’UE può creare una società in uno stato membro da lui scelto senza avere l’obbligo di risiedervi. Ciò che è fondamentale, quindi, è la ricerca di un paese all’interno del quale la creazione di una società sia meno onerosa e più semplice da gestire. Il Regno Unito, fra tutti, offre molte valide possibilità tra le quali poter scegliere. Tre sono i tipi di società principali cui fare riferimento: le PLC (Public Limited Company), facenti appello al risparmio pubblico; le LLP (Limited Liability Partnership) la cui caratteristica principale è quella di poter combinare una tassazione chiara con un’organizzazione flessibile, garantendo al tempo stesso una responsabilità limitata per tutti i soci fondatori; le LTD (Private Limited Company). Queste ultime, nello specifico, garantiscono consistenti vantaggi sia all’amministrazione sia agli azionisti a diversi livelli.
Per quel che concerne l’apporto e la liberazione dei capitali non regolamentati e non tassati, innanzitutto; la protezione automatica della ragione sociale presso il registro delle società britannico; la responsabilità giuridica dei dirigenti limitata al valore delle azioni sottoscritte; l’assenza di forfait minimo d’imposta all’avvio dell’impresa o in caso di perdite; le formalità di costituzione semplici, rapide e poco costose; la fiscalità favorevole; i regimi sociali modulabili e poco costosi; la ridotta rigidità amministrativa, fiscale e giuridica; la gestione finanziaria internazionale favorita dallo status di Londra quale primo centro finanziario dell’UE.
C’è inoltre da sapere che mentre i costi degli altri registri di commercio in Europa continuano ad aumentare le proprie tariffe, il Registro delle Società del Regno Unito (Companies House) ha abbassato le sue tariffe relative alla costituzione di impresa agli inizi del 2005.
Uno sguardo sull’Europa del lavoro
[Tabella 1: EU citizens working in an EU Member State other than their own (excluding cross-frontier workers), by nationality, in thousands (and in % of total employment in their origin country), 2012 ; Tabella 2: EU-nationals working in another Member State in 2012, in thousands and in % of total population]
Chiunque sia intenzionato ad avviare un’impresa del Regno Unito non potrà non considerare lo scenario lavorativo nel suo insieme.
I dati Eurostat parlano chiaro: la mobilità all’interno dell’UE rimane relativamente bassa. Secondo le indagini condotte dall’UE sulla forza lavoro nel terzo trimestre del 2012, infatti, solo il 3,1% dei cittadini europei in età lavorativa (15-64 anni) ha vissuto in uno Stato Membro dell’UE diverso dal proprio.
L’Eurobarometro sulla mobilità geografica e del lavoro risalente al 2009 ha inoltre dimostrato che il 38% dei cittadini europei che hanno lavorato e vissuto in un altro paese (10%) non ha prolungato la sua permanenza all’estero oltre i 12 mesi. Statistiche che colpiscono, soprattutto se confrontate con il tasso di mobilità lavorativa al di fuori dell’Unione Europea (Stati Uniti, Australia, Canada): il diritto alla libera circolazione è nettamente sotto-utilizzato.
La percezione da parte dei lavoratori, infatti, è che la mobilità sia potenzialmente costosa, nonché esposta a molti ostacoli. Ecco perché oltre il 60% degli intervistati si è espresso sulla libera circolazione dei lavoratori in termini di “un bene per l’integrazione europea”, ma solo il 48% di loro la considera un guadagno per i singoli individui.
Il Regno Unito rappresenta una (in)felice eccezione: l’afflusso di immigrati in cerca di lavoro ha registrato – soprattutto negli ultimi mesi – un incremento sempre più consistente, sino a raggiungere le soglie della problematicità.
È stato il Primo ministro Cameron, alla fine del 2014, a dichiarare la necessità di limitare drasticamente questi flussi migratori oltre la Manica, ormai numericamente insostenibili e di impossibile gestione.
Occorre muoversi con criterio, pertanto, mai perdendo di vista le motivazioni alla base della propria scelta di fondare una società nel Regno Unito: semplicità di funzionamento del sistema giuridico e sostegno concreto agli imprenditori, alla creazione d’impresa ed alle società in fase di startup.