Londra – Storie di giovani in cerca di fortuna e di speranze -Partono dalla Spagna, dalla Grecia, dal Portogallo, dalla Polonia, dalla Lituania, dall’Ungheria, partono dal Nord e dal Sud dell’Italia.
Solo nell’ultimo anno si contano 228 mila approdi. Sono giovani e meno giovani ma hanno tutti voglia di cambiare vita. Spinti dalla crisi, cercano una svolta in una città piena di energia, ben lontana dall’implodere e dalle situazioni stagnanti che invece lasciano a casa.
La sintesi di ragazzi con storie simili ( e forse anche alla vostra ) , mossi da un’ avventura in comune: Londra
[servizo di inchiesta e sondaggi di Erika Greco italoeuropeo ]
Storie di giovani in cerca di fortuna e di speranze
“A vent’anni non vedevo la mia vita in Sicilia”, ci dice Giuliana D. 24 anni di Ragusa. “Avevo bisogno di uscire da un contesto lavorativo e sociale bloccato, dove tutti parlano e nessuno è capace di reagire”, dice Benny G., 29anni, della provincia di Siracusa. “Ero stata licenziata e la mia vita era monotona”, Kiara, 26 anni, di Viareggio.
Sofia A., 27 anni, infermiera, toscana con origini marocchine, tenta la traversata per lavorare negli ospedali inglesi, “grazie agli annunci trovati su internet, ho capito che l’inghilterra cercava molte figure nell’ambito sanitario, in più volevo imparare la lingua”. [ in foto Sofia A.]
Sharon P., 20anni da compiere, di un piccolo paesino della provincia di Padova, ci dice “Dopo un esauriente e problematico ultimo anno di liceo classico, avevo tutto tranne che le forze necessarie per affrontare i test di ingresso all’università. Non riuscendo a trovare un lavoro ho deciso di partire. Pensavo che Londra mi avrebbe offerto l’opportunità di maturare, crescere, rendermi indipendente e più forte nel perseguire le mie scelte e in parte é stato così”. [Sharon P.]
Si stimano 600mila presenze italiane stabili, una metá a Londra, l’altra spalmata nel resto dell’Inghilterra. Secondo i dati dell’office for national statistics, 44mila sono stati gli arrivi nell’anno passato. Con un aumento del 66 percento rispetto al precedente e superiore a quello degli arrivi di altri paesi sudeuropei che, come l’Italia, vivono la crisi.
Stando alle stime del reed.co.uk, un aggregatore di annunci di lavoro, gli italiani a Londra in cerca di un’occupazione sono aumentati del 300 percento in quattro anni. Le stesse ambasciate faticano a dare numeri precisi.
Secondo alcuni dati dell’ambasciata italiana circa il 60percento dei nuovi arrivi ha meno di 35anni, il 25percento avrebbe fra i 35 e i 44anni. Il numero di italiani che tenta l’ingresso nel mercato del lavoro inglese sembra non arrestarsi. Professionisti e intellettuali cercano le opportunità negategli in madrepatria. Alcuni, attraverso business di successo, ottengono un ruolo di primo piano nella city, altri ricoprono ruoli importanti nelle università. Ma resta una realtà diffusa quella dei giovani italiani nei negozi o dietro i banconi dei ristoranti e non solo di quelli made in Italy.
Alessia S., 25anni, laureata in chimica all’università di Salerno, per quattro mesi ha servito muffin e caffè da Starbucks. Se fino a qualche anno fa nelle grandi catene come Starbucks, Preta Manger, Costa, Caffé Nero, si trovavano in maggioranza ragazzi dell’est, oggi due caffè su tre sono serviti dagli immigrati sudeuropei. La paga é fra le piú basse e a fine servizio non ci sono neanche le mance. Ma loro sono in cerca di un lavoro immediato e le grandi catene in cerca di impiegati giovani, sorridenti e stacanovisti. Un connubio perfetto. Per molti stare dietro al bancone a riscaldare la macchinetta del caffè e a pulire i tavoli con il blu roll è una tappa provvisoria.[ in foto Alessia S.]
Rossano C., 30anni, di Gavorrano, provincia di Grosseto, dice “di questo lavoro non sono soddisfatto, voglio trovare qualcosa che mi incentivi di piú a fare carriera. Questo lavoro è solo per pagare l’affitto!” Un compromesso? Forse. Stanze condivise in zona 3. Una doppia in zona 2. Una singola striminzita in zona1 affittata come twin . Case con una sola doccia, in cui vengono stipate nove persone. La oyster settimanale. Le mance per una birra con gli amici. Le buste di coca, l’MD per una festa.[in foto Rossano C.]
Il passaporto per entrare al Seven che la carta d’identitá non l’accettano. La “fuga” c’è stata ma non solo di cervelli. Qualcuno il diploma non ce l’ha nemmeno e il lavoro che fa rappresenta semplicemente ciò che non riusciva a trovare in Italia: uno stipendio e una sorta di indipendenza. Tutti partono dall’appuntamento per il National Insurance Number, pass partù per il mondo del lavoro. Poi ci sono i primi colloqui, gli shift non pagati, gli annunci su gumtree, l’attesa delle telefonate. Entrati nel ritmo si passa da un lavoro all’altro, da food runner a barista, ma se hai 30anni, e non più venti, è dura. “Non hai più voglia di fare gavetta” dice Rossano C. “visto che la fai da quando hai 17-18anni”.
“Nonostante una laurea in Scienze Politiche e delle Organizzazioni Internazionali e varie esperienze lavorative, Londra, all’inizio, mi stava accogliendo solo a patto di stare al gradino più basso” racconta Benny G. “Ero solo un piccolo ingranaggio (per altro facilmente sostituibile) di un meccanismo volto a far crescere solo gli inglesi.” Qualcuno è un po’ più ottimista.
Giuliana D. dice “quello che mi piace di questa di cittá é che, nonostante lo sfruttamento, prima o poi, tenendo duro, con tenacia e forza di volontá, Londra ti premia”. Lei partita pizzaiola a 21anni, oggi agente immobiliare. Londra dá tante opportunità e anche la possibilitá di essere se stessi senza timore. [in foto Giuliana D.]
Rossano C., fiero che la sua non sia stata una fuga omosessuale, dice “più che una fuga è stato il bisogno di vedere se altri paesi sono piú civili e rispettosi dei diritti dell’uomo e della persona”. Giuliana D., che a Ragusa non ha mai avuto problemi di razzismo né tanto meno di bullismo riguardo alla sua sessualità, ammette “Londra peró ti rende più spontanea, in Sicilia é difficile andare in giro mano nella mano come nella tube di Piccadilly”. Sharon P. aggiunge “qui ci sono più libertá, nel senso che si é in troppi e tutti impegnati a vivere i ritagli del proprio tempo libero per pensare a cosa fa l’altro. Di certo mi sento più libera di fare quello che voglio nel contesto in cui sono”. Tante storie, tutte diverse e tutte simili.
Tanti i lavori cambiati e i traslochi fatti, da zona3 a zona1, da quadruple a doppie, cercando di sistemarsi e trovare un equilibrio. Stringono i denti e non tornano a casa senza aver raggiunto gli obiettivi prefissatisi. “é dura, nessuno ti regala niente qua” dice Alessia A., 25anni, di Palermo, a Londra da due anni, tanta gavetta e oggi cameriera e hostess in un Hotel a 5 stelle. C’é chi vuole tornare “per ragioni stupide e meno stupide” dice Sharon P. “Vorrei tornare per chiarirmi le idee perché qui rischi di essere risucchiato in un caos che non è il tuo. Vorrei tornare per studiare antropologia perchè qui non me lo posso permettere.[in foto Kiara V.]
Al limite, viste le scarse possibilità nel campo che mi piace, torneró a fare la cameriera fra tre anni. Mi chiedo solo se questo possa bastarmi in futuro..”.
Anche Benny G. ci ha pensato a tornare “perché delusa da una città che ritenevo interculturale e che invece si è mostrata solo multiculturale, dove non esiste un vero concetto di “scambio”, si trova piuttosto una forte ghettizzazione, con alla base uno stesso tessuto di leggi e norme condivise e rispettate da tutti”. C’è chi invece per ora non ci pensa “sono sempre in tempo a tornare nel mio paesino” dice Rossano “ma sento che non é ancora il momento”.[in foto Benny G.]
C’é chi è già tornato per fare i conti con la (dura) realtá che aveva lasciato, per (ri)cominciare l’universitá e darsi in Italia una seconda opportunitá. C’è chi invece dopo tanto, a Londra, ha trovato una buona posizione e “la possibilità di oggi non me la brucio” dice Giuliana D. “in Sicilia solo per le vacanze”. Sono tanti e tutti con un sogno nel cassetto, riuscirà Londra ad esaudirli tutti? E viste le misure restrittive che si prospettano per i prossimi anni in tema di immigrazione, riuscirà Londra a dare la possibilitá di sognare ad altri giovani come loro? [in foto Alessia A.]
O sarà forse la politica a doversi piegare alla forza di queste ondate migratorie? Certo é che modificando il principio della libera circolazione delle persone all’interno del continente europeo, si va a ledere uno dei diritti fondamentali su cui l’Unione stessa è fondata; pretenziosità inglese cui gli altri paesi difficilmente si piegheranno e che, come si legge in un appello del Financial Time, ha già generato l’ira dell’Est Europa.
(Abbiamo messo i nomi e solo l’iniziale del nome in accordo e su volere degli intervistati)
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