Luca Barassi – Managing Director Abbey Road Institute
Nato a Napoli si trasferisce a Londra nel 2002 a 23 anni, dopo aver lavorato come tecnico del suono in Italia. A Londra studia ingegneria del suono al SAE Institute, dove prima della fine del corso gli viene offerto un lavoro come supervisore, che si occupa di aiutare gli studenti quando sono negli studi di registrazione qualora avessero problemi tecnici. Occupa questa posizione fino al gennaio 2004, quando accetta una promozione da insegnante, ruolo che ricopre per 6 anni. Questo gli consente anche di dedicarsi a registrazioni e produzioni musicali come freelance. Successivamente diventa manager del SAE Institute, esperienza che gli permette di essere contattato dall’Universal Music Group, proprietario degli Abbey Road Studios, per dirigere l’Abbey Road Institute. Abbey Road Institute L’Abbey Road Institute è un’iniziativa lanciata dagli Abbey Road Studios che comincerà il primo corso nel Settembre 2015. L’istituto si propone di formare gli studenti con un approccio unico che mischia teoria e pratica in ambito di produzione musicale e ingegneria del suono.
Questa intervista fa parte della ricerca fatta da Alessandro Sansica, studente post-laurea alla Richmond, the American University a Londra, sul tema SEMPRE PIU’ MUSICISTI ITALIANI IN CERCA DI SUCCESSO A LONDRA
Quando e perché ti sei trasferito a Londra?
Sono arrivato a Londra nel settembre 2002 per studiare ingegneria del suono al SAE Institute. Il corso sarebbe cominciato il primo di ottobre, ma ho preferito arrivare con due/tre settimane di anticipo per trovare casa ed organizzarmi. Sono venuto con un amico pianista che già viveva a Londra. Lui era tornato a Napoli per prendere alcune cose tra cui la sua macchina, per cui siamo saliti a Londra da Napoli assieme in macchina.
Perché hai scelto di studiare a Londra?
Ho preferito Londra per due aspetti: le risorse messe a disposizione dal SAE Institute, ma soprattutto l’internazionalità della città, che mi ha portato infatti a conoscere e collaborare con artisti con culture e mentalità diverse dalla nostra.
Essere uno studente ti ha aiutato ad inserirti nella scena musicale di Londra?
Senza dubbio. Arrivare da studente in un posto nuovo offre prima di tutto una protezione. Infatti, studiare con gente con la quale si condivide una passione permette di stringere amicizie e di familiarizzare con la cultura del posto. Nel mio caso, il corso è stato essenziale dal punto di vista professionale, ma anche dal punto di vista umano, poiché mi ha aiutato a far sì che l’inserimento in una cultura differente dalla mia fosse molto più graduale e meno traumatico. Inoltre mi ha permesso di creare una rete di conoscenze che sicuramente mi ha aiutato moltissimo nella mia carriera.
Quindi è meglio arrivare a Londra come studenti per avere successo? E’ difficile dare una risposta netta. Penso che prima di tutto sia importante sviluppare una propria personalità. Bisogna capire quale sia la propria passione. In questo caso, capire che realmente si vuole perseguire una carriera in ambito musicale aiuta ad aprire la mente a nuove direzioni e a nuove realtà e soprattutto permette di minimizzare il trauma di un cambiamento. Io sarei per trasferirsi in età post-liceale, per studiare qui per poi poter decidere cosa fare. Quello di studiare a Londra rappresenta un vantaggio anche se poi si dovesse decidere di tornare in Italia.
Sei sorpreso dall’aumento di musicisti italiani a Londra?
Non sono affatto sorpreso. Il panorama musicale italiano può essere molto frustrante. C’è una mentalità ancora molto vecchia. E’ chiaro che nella musica c’è sempre un fattore di fortuna e di caso, ma se lavori duro, Londra ti ripaga in un modo o nell’altro. Inoltre, la sua apertura mentale, multi etnicità e professionalità ti permettono di svilupparti artisticamente in maniera molto più veloce.
Cosa rappresenta per te Londra?
Se l’Italia è casa da un punto di vista nostalgico e di famiglia, Londra è casa da un punto di vista di chi sono io. “I’m a Londoner”.
Torneresti in Italia?
No, assolutamente no.
Ti manca qualcosa dell’Italia?
Quello che non mi sta bene in Italia è che purtroppo in un certo senso ci si trascina. Siamo abituati ormai ad avere un atteggiamento che ci porta a dire, “che ci vuoi fare, le cose sono così” e quindi si continua ad andare avanti così. Londra è una grande opportunità e se da un lato offre tantissimo. Dall’altro lato poi è normale che ti mancano quegli elementi che ti hanno forgiato e dato la personalità quando sei cresciuto. Per cui mi manca il calore umano, il mare ovviamente (sorride)… mi mancano una serie di elementi, ma non tanto da farmi pensare di tornare.
Alberto Solina ha scelto di lasciare l’Italia per studiare a Londra proprio per queste ragioni. “Sono contento della mia scelta”, dice Alberto, “dopo quattro mesi dall’inizio del corso la scuola mi ha offerto un contratto discografico che mi permette di pubblicare tracce sulle maggiori piattaforme di distribuzione musicale online”. Grazie alle conoscenze strette durante il suo percorso educativo, Alberto ha anche avuto l’opportunità di esibirsi in locali rinomati a Londra, quali il The Qube Project e il The Star of Kings.
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Giuseppe Santoro è invece un turnista che a Londra ha trovato una realtà completamente diversa dalla sua Sicilia. Appena 21enne, infatti, Giuseppe può già vantare collaborazioni con Kofi Karikari, percussionista dei Jamiroquai, Chris Webb, bassista di Elton John, e NK, giovane cantante cha ha partecipato a The Voice UK 2015, con il quale ha suonato al The Bedford, un locale dove si sono esibiti tra gli altri gli U2 e i The
Clash nei primi anni della loro carriera. Giuseppe confessa: “Bisogna essere intraprendenti e cogliere ogni occasione”, e continua esaltando la multi etnicità di Londra, “Qui hai l’opportunità di conoscere artisti da tutto il mondo, basta davvero essere pronti e il resto verrà da sé”.
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Questa intervista fa parte della ricerca fatta da Alessandro Sansica, studente post-laurea alla Richmond, the American University a Londra, sul tema SEMPRE PIU’ MUSICISTI ITALIANI IN CERCA DI SUCCESSO A LONDRA
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