Senza Lucio L’ultimo lavoro del regista e critico cinematografico Mario Sesti è un documentario interamente dedicato alla figura del grande musico italiano Lucio Dalla, scomparso il primo marzo di tre anni fa.
La proiezione di questo documentario, avvenuta sabato 12 Dicembre al Cinema Genesis, è stata promossa da Cinema Italia UK che ancora una volta riconferma la grande professionalità dello staff che, di volta in volta, sceglie titoli sempre più selezionati e di qualità.
L’inaspettata scomparsa di Lucio Dalla è stata avvertita come una grande perdita dalla società italiana e a distanza di tre anni il vuoto che si è creato nel panorama musicale nazionale ed internazionale non è ancora stato colmato.
Molti sono stati i successi che hanno accompagnato Dalla nella sua carriera; dopo un inizio non troppo folgorante a causa forse della grande originalità dei suoi brani, in seguito la critica non ha potuto che confermare il grande talento di questo poliedrico artista. “4 Marzo 1943” e “Piazza Grande” sono i due brani che lo hanno proiettato fra i Big della musica italiana, “Caruso” ed “Attenti al Lupo” invece lo hanno reso famoso a livello internazionale.
Iniziata la carriera musicale da clarinettista in una Jazz band di Bologna chiamata Rheno Dixieland Band, il cantante e compositore Gino Paoli, avendo intuito il grande potenziale vocale di Dalla, suggerì al giovane Lucio di tentare la carriera da solista.
Il successo non fu immediato ma alla fine il suo indiscusso talento ha definitivamente messo d’accordo tutti ed i suoi brani sono realmente entrati a far parte della cultura pop italiana.
Dalla ha contribuito in misura notevole anche alla promozione della cultura italiana nel mondo, il suo grande brano “Caruso”, omaggio al tenore italiano Enrico Caruso attivo dalla fine dell’Ottocento fino agli anni venti del ventesimo secolo, è una via di mezzo tra un brano pop ed uno lirico.
Scritto da Lucio Dalla nel 1986 la bellezza e versatilità di questa canzone hanno permesso che venisse cantata anche da tenori professionisti del calibro di Luciano Pavarotti ed Andrea Bocelli.
Con il documentario “Senza Lucio”, il maestro Mario Sesti ha voluto omaggiare il grande artista scomparso accompagnando l’intero lavoro con la voce narrante di Marco Alemanno, compagno di una vita di Lucio Dalla.
Durante la proiezione emergono una moltitudine di informazioni che aiutano a capire un po’ meglio chi era realmente Dalla, un artista che, pur essendo un’icona indiscussa della musica pop italiana, non elevava barriere insormontabili tra se ed il pubblico in quanto amava stare in mezzo alla gente.
La generosità e sensibilità verso il prossimo, l’innata capacità di comprendere persone sconosciute al primo incontro, la versatilità musicale e genialità artistica, sono il ritratto di un uomo unico e speciale che con i suoi brani ha scandito decenni importanti della cultura e della società italiana.
Un uomo che per tutta la vita ha conservato curiosità, vivacità ed energia proprie di un bambino, assolutamente poliedrico sia nella vita privata che in quella professionale, ma che malgrado la sua giovialità e serenità, per tutto ciò che riguardava la sua vita sentimentale e le sue origini legate ad un padre mai conosciuto, sapeva mantenere il massimo riserbo.
“Senza Lucio” non è un semplice documentario biografico in quanto vuole andare oltre i semplici dati anagrafici e professionali e mostrare al grande pubblico il vero Lucio Dalla, quello della vita quotidiana, sotto tutti gli aspetti più intimi della sua personalità.
Molti sono stati gli artisti nazionali ed internazionali del calibro di: Renzo Arbore, Toni Servillo e Jhon Turturro che, avendo conosciuto in prima persona Dalla, sono stati coinvolti dal regista Mario Sesti a condividere con noi il rapporto che li legava al grande musico scomparso.
Parlando di Lucio Dalla in maniera non artefatta ma, al contrario, mettendone in evidenza curiosità ed aneddoti per lo più ignoti al grande pubblico, queste testimonianze hanno regalano originalità e profondità ancora maggiori all’intera opera dell’autore.
Qui di seguito potrete leggere l’intervista fatta all’autore Mario Sesti: Cosa l’ha spinta a fare un documentario interamente dedicato alla vita di Lucio Dalla? Principalmente sono due le motivazioni che mi hanno spinto a fare questo documentario interamente incentrato su Dalla: la prima è che ero legato a Lucio da una profonda amicizia.
Mi ricordo la prima volta che l’ho conosciuto, eravamo in una città straniera e lui, che era un grandissimo amante e conoscitore di cinema, mi si fece avanti con un dito abbastanza inquisitorio e mi apostrofò dicendo: “tu sei quello che ha girato il film su Fellini!”.
In effetti io avevo girato un documentario intitolato “L’ultima sequenza” proprio incentrato sulla sequenza perduta del grande capolavoro di Fellini “8 e mezzo”. Insomma, Lucio non era solamente un grandissimo artista ma per me era anche un amico. La seconda motivazione è che volevo raccontarlo attraverso molteplici aspetti della sua personalità, in quanto dietro l’artista straordinario c’era veramente una persona speciale ed un po’ misteriosa.
Oltre alle sue famose hit di sempre come: 4 Marzo 1943, Piazza Grande, Attenti al Lupo e Caruso, secondo lei quale brano rappresenta nella sua interezza Lucio Dalla? Bene, innanzitutto ci sono alcuni misteri con i quali Lucio ha giocato per tutta la sua vita e, grazie alle interviste raccolte, sono emersi anche questi aspetti che riguardavano la sua più profonda intimità.
Lucio era una persona molto aperta, amava stare in mezzo alla gente e non diceva mai di no per un foto o per un autografo, ma su alcune questioni come l’orientamento sessuale e le sue origini misteriose che ruotano attorno alla storia di un padre mai conosciuto, manteneva un riserbo strettissimo, quasi intransigente. Addirittura dalle interviste emerge anche un Lucio con capacità “extra sensoriali” in quanto riusciva a conoscere tutto di una persona immediatamente al primo incontro.
Per la realizzazione di questo lavoro lei ha intervistato importanti artisti di livello nazionale e internazionale: quali sensazioni ed emozioni ha provato nell’ascoltare, da parte di questi affermati artisti, tanti aneddoti sulla vita di Dalla? È difficile rispondere a questa domanda in quanto Lucio, con la sua versatilità, ha fatto sì che non ci fosse una risposta completamente esaustiva.
Non è facile farsi un’idea di Lucio perché, in realtà, c’erano tanti Lucio: quello di Sanremo era diverso dal Lucio che canta “Com’è profondo il mare”. In ogni modo, come dice Toni Servillo nel mio film-documentario, una parola emblematica che ricorre spesso nei testi di Dalla è “futuro”, pertanto ritengo che la canzone che lo possa descrivere al meglio sia proprio “Futura”.
Anche attori internazionali del calibro di John Turturro hanno voluto ricordare Lucio; secondo lei quale percezione hanno all’estero del nostro grande artista italiano? Anche questa domanda risulta difficile poiché Dalla era molto conosciuto in Europa in paesi come Francia, Germania ed Inghilterra, e in questi paesi avevano capito perfettamente come classificare la sua musica ovvero: la musica di Dalla, per la sua originalità, non aveva collocazione, non seguiva canoni musicali ma costituiva un universo parallelo rispetto agli altri generi musicali.
In America questo non lo compresero: pur tentando di catalogare la sua musica non ci riuscivano in quanto i brani di Dalla erano un vero e proprio mix tra jazz, rock, genere pop e la canzone melodica napoletana, un ibrido difficile da digerire per la schematica mentalità americana.
L’aver scelto come voce narrante quella Marco Alemanno è stata una decisione molto bella che rende ancora più emozionale l’intera opera; lei cosa pensa a tutte le polemiche legate alla sua eredità che sono seguite alla morte di Dalla? L’idea di scegliere come voce narrante quella di Marco Alemanno nasce dalla volontà di raccontare Dalla con la voce della persona che gli è stata più vicina per grandissima parte della sua vita.
Dallo sguardo di Marco emergeva la felicità e l’entusiasmo per aver passato gran parte della sua vita con il grande Lucio ma anche tristezza e rammarico per la sua prematura morte.
Quando ho conosciuto per la prima volta Dalla l’ho conosciuto insieme a Marco, per Lucio Marco sarebbe dovuto essere l’erede naturale di tutta la sua opera e produzione.
Il fatto che non l’abbia messo per iscritto ha portato ai fatti che tristemente tutti noi conosciamo. Io non sono cattolico, Lucio invece lo era, tutte quelle polemiche legate al suo patrimonio che sono seguite alla sua morte sono esattamente l’esatto contrario di quello che avrebbe immaginato e voluto.
Colgo l’occasione per farle una domanda sul suo film-documentario di successo “L’ultima sequenza”; può parlarcene brevemente? La storia che mi lega al mio film-documentario “L’ultima sequenza” è molto forte poiché è grazie a quel documentario che ho avuto l’opportunità di conoscere Lucio Dalla.
In una parte della mia vita mi sono occupato del restauro di pellicole cinematografiche e mettendo le mani sul capolavoro di Fellini “8 e mezzo” mi sono accorto della mancanza della famosa sequenza del treno.
Era un mistero la mancanza di questa sequenza e così ho fatto un po’ come nei film americani, ho indossato i panni dell’investigatore ed ho fatto luce su questo curioso mistero cinematografico.
INTERVISTA INTEGRALE AL REGISTA MARIO SESTI SU LONDONONERADIO