Per il giorno di San Valentino al cinema “Io che amo solo te” Intervista al regista Marco Ponti e all’autore Luca Bianchini

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Marco Ponti regista di ” io che amo solo te” torinese ci ha concesso una intervista per parlare del suo film e del suo rapporto con Luca Bianchini, scrittore, anch’egli torinese e autore del bestseller da cui è tratto il film. Bianchini ha lavorato alla sceneggiatura insieme a Ponti ed è stato anche lui in diretta telefonica a LondonONEradio . [foto lunanuova.it]

Il prossimo 14 febbraio, grazie a CinemaItaliaUK alle 18.00, al Genesis Cinema di Londra, proietterà il tuo film “Io che amo solo te”, tratto dal libro di Luca Bianchini. Com’è stato, appunto l’incontro con lo scrittore?
Guarda, quello con Luca più che un incontro è un viaggio, intrapreso molti anni fa essendo molto amici dall’epoca dell’università. Siamo amici da quando io non facevo cinema e lui non scriveva romanzi. Abbiamo condiviso una bella fetta di vita, di esperienze, di viaggi, di sogni, fino al giorno in cui lui ha trovato questa storia bellissima, di ambientazione pugliese, me l’ha raccontata e…onestamente non c’è stato un momento esatto in cui ci siamo detti “Ne facciamo un film!” o “facciamo un film insieme”. È venuto quasi spontaneo e naturale, ci siamo, ad un certo punto, ritrovati a lavorare alla storia insieme e il film è stato da sempre un film nostro, al plurale. Adesso il film è uscito, è andato molto bene in Italia e sta cominciando a muovere le sue gambette nel territorio internazionale e noi lo vediamo come un figlio che compie 18anni, diventa grande e comincia a viaggiare per il mondo…e quindi

Questo film ci offre lo spaccato di una cultura, la nostra cultura italiana, dove si intrecciano dei sentimenti, c’è anche uno scambio generazionale e dove l’amore fa da padrone. A proposito, com’è l’amore che racconti nel film?
Già nel titolo possiamo leggere “io che amo” quindi si presuppone che quello lì sia un tema importante. Noi abbiamo lavorato cercando di capire come si fa a raccontare oggi, nel 2015/16 , un sentimento che noi vogliamo credere importante, senza disincanto, senza ironia.

Il tuo è un osservatorio sui sentimenti ?
Si, ci siamo detti: “oggi come oggi se vuoi fare una commedia romantica, l’unico presupposto è crederci”. Io infatti non penso che poi la realtà è più brutta o più amara. Credo che sia un gioco in cui buttarsi senza scudi e senza pretese. È pericoloso, ma l’amore è pericoloso.

E tu infatti parli di amore in un modo piuttosto realistico, perché lo mostri in modi diversi: c’è l’amore adulto, maturo, c’è quello di una giovane coppia, c’è quello omosessuale. Tutti argomenti che toccano il nostro vivere quotidiano…
Non solo, non parliamo solo di amore fra due persone appunto innamorate, ma anche di quello che lega, ad esempio, due fratelli, una madre o un padre al proprio figlio. C’è tutta questa connessione, questa rete di amori, che poi vengono rafforzati o messi in difficoltà da tradimenti, menzogne, bugie, fatiche della vita reale. Il nostro mantra è stato una parte del ritornello di una canzone dei REM che a un certo punto dice “Life is bigger”. La vita è comunque più grande, l’amore è comunque più grande di quello che sospettavamo. Anche l’amore interpretato magistralmente da Michele Placido e Maria Pia Calzone, i due protagonisti adulti, è un amore che i due hanno messo a tacere 30anni fa e che dopo trent’anni torna come a dire: “ok, potete anche mettermi in un cassetto e chiudermi, soffocarmi. Ma nel momento in cui riaprite quel cassetto io torno esattamente come prima, sono più forte di voi!”

Possiamo aggiungere anche che la bellezza della natura è protagonista fra i protagonisti, che creano un vero e proprio dialogo con la natura? Questo ci fa capire quanto l’uomo sia connesso a qualcosa di più forte…
Noi italiani siamo spesso radicati ad un luogo, cosa che può anche rappresentare un nostro limite, ma abbiamo un concetto molto forte di quello che è casa nostra, il nostro panorama, il nostro orizzonte. Poi magari diventiamo viaggiatori e quell’orizzonte lì lo dimentichiamo, ma rimarrà sempre il nostro orizzonte. La nostalgia è una nostra caratteristica e i nostri personaggi sono molto radicati al loro ambiente pugliese. Il film non è un film sulla bellezza della Puglia, ma di come la Puglia riesce a riassumere tutta la bellezza dell’Italia. E ti fa sentire a casa, anche se quella non è casa tua e i personaggi provano comunque sentimenti nei quali possiamo riconoscerci.

Interessante anche mostrare le sfumature di quella che è una piccola comunità e come può essere vista e giudicata anche la semplice scelta si un abito da sposa audace…
Per quelli che non hanno visto il film, si raccontano i tre giorni dell’organizzazione e dello svolgimento di un matrimonio dove i due che si sposano si amano, ma fino a un certo punto mentre i loro rispettivi genitori erano amanti tantissimi anni fa, che si rincontrano e scoprono di amarsi come prima. E quindi i giovani cominceranno ad amarsi come i grandi, e i grandi capiranno che è passato del tempo, però…

Però andate al cinema per scoprirlo! Marco, io ti volevo fare una domanda curiosa: come fate voi registi a scegliere gli attori?
Allora, noi scriviamo sulla base di un nostro ideale, poi siamo consapevoli che non costruiamo dei vestiti prêt à porter. Noi abbiamo un vestito e sappiamo che poi dobbiamo trovare una persona che lo deve indossare, allora glielo dobbiamo cucire bene addosso. Puoi avere magari un’idea, io ad esempio volevo fin da subito che Damiano fosse interpretato da Riccardo Scamarcio perché mi piace, lo stimo, credo che sia giusto. A quel punto, io già scrivevo pensando a lui, ma nel momento in cui Riccardo ha cominciato a leggere, è cominciato il lavoro di alta sartoria. In questo caso è stato facile, mentre ad esempio per il personaggio di Eva Riccobono no. Era diverso in sceneggiatura ed è stato riadattato su di Eva, sulla persona che gli ha dato poi vita. È un incontro…e un po’il motivo per cui ci piace il cinema: è un’arte collettiva, non è l’arte di uno che se ne sta lì in attesa dell’ispirazione.

 

Prima di chiudere, una domanda sui videoclip. Se nomino Jovanotti o Vasco Rossi, cosa puoi raccontarci?
La musica, mi piace molto ascoltarla; non la so fare, ma mi piace molto avere l’opportunità di collaborare con dei grandi artisti. E nel momento in cui ti chiama Vasco e ti dice “Vorrei che tu facessi il mio prossimo videoclip”, cosa puoi rispondere, se non “grazie”? Per me lavorare con lui è stata una delle grandi gioie della mia vita: è stato un grande maestro per come si fanno le cose bene, con precisione, con umiltà, con impegno.
Vorrei concludere con una cosa che per me è molto importante. Anche se io e Luca stiamo lavorando al prossimo film e siamo quindi presi dalla scrittura, siamo venuti a Londra perché questo film è anche un po’ Londinese: ci siamo trovati a parlarne con la nostra amica Ornella Tarantola, che è stata un po’ la madrina di tutta la storia e sarà presente alla proiezione. Per noi quindi non è “andiamo a presentare il film in un posto qualsiasi”, ma “andiamo a presentare il film in un posto che è anche un po’ casa sua”.

Luca, abbiamo parlato del film “Io che amo solo te” tratto dal tuo libro. Da dove è nata l’idea per il libro?
Il libro è nato da una sera a cena con delle persone che avevo appena conosciuto, che mi parlavano di questo matrimonio pugliese e io che non sono pugliese, ma di Torino, cercavo di fare queste battute a cui nessuno rideva. E quindi ho capito che in Puglia, ma forse nel sud Italia o in tutta l’Italia, il matrimonio è una cosa seria, come una rappresentazione dei rapporti umani. E quindi mi hanno invitato ad un matrimonio pugliese, di questa ragazza che non conoscevo, che mi hanno passato al telefono perché questa è la Puglia: tu dici una cosa e loro ti invitano realmente! E io, che non sono normale, sono andato al matrimonio di una persona che non sapevo chi fosse, portandole un regalo, un regalo inadeguato! La cosa bella dei matrimoni al sud è che tutti lo vivono da protagonisti.

Tu sei stato anche lo sceneggiatore del film, com’è scrivere la sceneggiatura da un libro che hai scritto tu?
Allora io mi sono estraniato dal libro, e sono partito dal presupposto che il libro avesse sempre ragione; per cui ogni volta che ci allontanavamo dal libro io ripetevo questa frase e ci rimettevamo in carreggiata. Su questo credo che i lettori che hanno visto il film non siano rimasti delusi. Poi io non sono uno che si affeziona troppo alle sue cose, perciò ho dato anche molta libertà al regista, Marco Ponti e ci siamo divertiti sostanzialmente. Abbiamo voluto bene ai personaggi e agli attori e alla fine è venuto fuori un film “affettuoso”. Insomma gli italiani a Londra, a San Valentino, che siano fidanzati o no, li aspettiamo tutti!

..e l’incontro con Marco?
Siamo amici dall’università, dal primo anno. È un fratello di viaggio, ci fidiamo reciprocamente, litighiamo veramente poco, siamo complementari. È una persona perfetta con cui lavorare e l’ho scelto ogni volta che ho potuto.

State lavorando ad un nuovo progetto?
Si, stiamo lavorando ad un altro film e proprio in questi giorni c’è una riunione per decidere sul suo futuro, quindi vediamo se portate bene o male!

In amore serve un paracadute? E se sì, qual è?
Un paracadute, in generale non fa mai male. Qual è il paracadute in amore? Beh in amore direi che no, anche quando hai il paracadute ti fai male, ma è la vita! L’amore è complesso, ma lo amiamo lo stesso.

Ti rubo un altro po’ di tempo. Molto velocemente: la Littizzetto com’è?
È una donna complessa, come tutti i comici: sembrano semplici e invece sono complessi. Ma è un complimento, è bello vedere dietro a un comico il lavoro che c’è, quanto studia, quanto prende sul serio. È stata lo spettatore più complicato del film. L’abbiamo visto accanto a lei la prima volta e devo dire che è un giudice implacabile, ma che si è anche molto divertita. Ce lo ha detto solo alla fine, quindi abbiamo vissuto un’ora e quaranta un po’ così, sulle spine. Però se ti dice che le piace, è vero.