Di Valentina Celi
Londra (dall’istituto di Cultura italiana la nostra Valentina Celi)
Un’accoglienza trionfante per l’allenatore del Leicester nella sede dell’Istituto di Cultura Italiana a Londra, in occasione di un’intervista a porte aperte coi tifosi.
L’esultanza per la vittoria del Leicester sembra non accennare a scemare, e a beneficiarne è soprattutto lui, Claudio Ranieri, l’allenatore che ha compiuto un vero e proprio miracolo: portare in auge una squadra che era quotata 5000:1, per la prima volta nell’intera storia del club, per di più.
Il mister viene introdotto dal benvenuto di una sala gremita di giornalisti e tifosi di tutte le nazionalità, che seguono avidamente l’intervista condotta intelligentemente dal Professor John Foot, Docente di Storia Italiana presso lo University College ed autore fra l’altro di “Calcio. 1898-2007. Storia dello sport che ha fatto l’Italia”.
Le domande dell’intervista toccano diversi temi, in un piacevole alternarsi di passato, presente e futuro, e Ranieri si lascia coinvolgere dall’entusiasmo generale.
Si ricorda del passato da giocatore, con particolare enfasi sugli esordi al Catanzaro ai tempi della Serie A, a cui il Mister farà più volte riferimento, e che usa come metro di paragone per descrivere l’atmosfera che ha cercato di replicare al Leicester: non una squadra con una rosa immensa, ma “20/24 amici sempre uniti nelle difficoltà, che si danno un aiuto reciproco, vero.”
E grazie all’esperienza calabrese Ranieri si è ritrovato ad allenare, spinto in questo nuovo percorso dai suoi ex compagni e dalla voglia di confrontarsi con l’altro lato della panchina.
Da lì in poi una lunga gavetta a partire dalla 3^ categoria, in un’ascesa che l’ha portato ad allenare grandi squadre italiane (Cagliari, Napoli, Fiorentina, Juventus, Roma, Inter) ed estere (Valencia, Atletico Madrid, Chelsea, Monaco, Leicester City e Nazionale Greca)
Alla domanda “Quali sono i tre momenti-chiave della sua carriera?”, risponde sicuro: “Le esperienze a Cagliari, la prima squadra importante; a Valencia, la prima squadra straniera, per cui mi sono ritrovato a 47 anni a ricominciare e ad imparare una nuova lingua; al Leicester per la soddisfazione di aver vinto il campionato”.
Una lunga carriera fatta di alti e bassi, che Ranieri ricorda con uguale dovizia di particolari ed un occhio critico anche verso la stampa: “ Sono contento che questo sia il primo campionato che vinco. Non ho mai creduto alle critiche di chi mi dava per perdente, ho sempre creduto in me. Ho avuto ottimi risultati, soprattutto con squadre che ho preso in momenti non proprio felici, come la Juventus reduce dalla Serie B. Ma non mi monto la testa. Mi dico sempre: Guarda che tu sei quello della Grecia, eh!”
Ed a proposito della Nazionale, Ranieri si dichiara aperto all’eventualità di allenarla, ma per l’immediato futuro si vede ancora sul campo del Leicester, preferendo di gran lunga il contatto quotidiano coi giocatori, piuttosto che l’una tantum concesso dai ritmi della Nazionale.
Ed è proprio il Leicester il protagonista delle successive riflessioni di Ranieri, che non ha che parole di elogio per i giocatori, per la società e soprattutto per i tifosi, le cui immagini di giubilo hanno fatto il giro del mondo, facendo impennare le vendite di memorabilia e biglietti, che sono sold out in tutta la Gran Bretagna ormai da settimane.
Egli racconta con enfasi come sia lui che il Presidente siano passati dall’obbiettivo dei fatidici 40 punti necessari per la salvezza, e magari una qualificazione in Europa League, al rendersi conto che la squadra poteva ambire a ben altro, anche se dichiara: “Ho iniziato a crederci solo quando Hazard ha fatto goal e l’arbitro ha fischiato la fine (della gara Tottenham-Chelsea, che ha regalato la vittoria matematica al Leicester, n.d.A.). É stato bello perché tutti tifavano per noi…tranne il Tottenham!”
Ranieri spiega la sua strategia in modo molto semplice: “I soldi sono molto importanti nel calcio, ma la cosa veramente importante è fare squadra e giocare sempre in 11. Sembrerà banale, ma solo portando tutti i giocatori in campo ad avere un unico obbiettivo, un unico scopo, si ottengono i risultati.”; un buon allenatore deve: “essere calmo, ed entrare in empatia coi giocatori e col Presidente. I giocatori non vanno stressati ma incoraggiati, analizzando le partite si deve far capire l’errore, senza colpevolizzare, per renderli partecipi e uniti, così che lottino fino all’ultimo secondo.”
E intanto guarda già al futuro, con gli occhi puntati sull’avventura della Champions League, e della Premier League da affrontare, stavolta, da campioni in carica.
Alla sua uscita dalla sala tutti si accalcano per cercare di carpirne una foto o l’autografo, mentre si lanciano in calorosi applausi. Dopotutto è questo l’effetto dirompente che Ranieri ha avuto sul Leicester e sul “gioco più bello del mondo”, riportando alla ribalta un tipo di calcio giocato con passione, determinazione, intelligenza e signorilità d’altri tempi, fatto dalle persone per le persone, lontano dalla mercificazione dello sport a cui siamo tristemente abituati.
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