Londra -Se fino alla tarda notte di ieri si presumeva che i Remain avrebbero superato i Leave, stamattina ci si è svegliati con un’Europa più piccola, e con le idee ancora più confuse… Ormai il dado è stato tratto e tocca passare all’azione, cercando di prevenire instabilità di mercato e pericolosi tentativi di emulazione.
Le conseguenze politiche si sono già palesate sotto forma di dimissioni del Primo Ministro David Cameron, il quale si era speso lungamente per la campagna dei Remain, che non ha potuto fare altro che accettare la sconfitta alle urne, e non è escluso che le divisioni provocate dall’accesa campagna referendaria abbiano ripercussioni sulla politica nazionale, almeno fino alle prossime elezioni generali; anche se questo caos politico favorirà certamente il discorso indipendentistico scozzese.
Ma quali saranno le conseguenze a livello economico? E a livello finanziario?
Sicuramente i negoziati con Bruxelles e i Paesi membri dell’UE impiegheranno un arco di tempo abbastanza lungo (dai due anni in su), per far si che tutto funzioni al meglio, e che questo “divorzio” avvenga nel modo più indolore possibile.
E proprio in questo periodo di transizione toccherà all’economia determinare se la scelta di votare OUT si rivelerà controproducente per il Paese, o se oppure lo rinforzerà.
L’impatto sul mercato si è palesato già stamani col calo della sterlina nei confronti del dollaro, a livelli mai più raggiunti dal 2005, con volatilità in forte aumento e crollo dei corsi azionari. Sebbene si vociferi che questo calo sia soltanto temporaneo, non ci si sente neppure di escludere che possa dare il via ad un trend al ribasso, legato a doppio filo alle news in campo politico.
Per ora sembra che comunque le società quotate sulla Borsa inglese non stiano subendo perdite, e che continuino ad essere vivaci come sempre.
Ciò però non implica che la calma regni anche nel resto dell’Europa: gli esperti hanno valutato che c’è una grossa possibilità che crescano gli spread sul mercato obbligazionario, in particolare da parte dei Paesi per cui si teme un “contagio” delle idee euroscettiche ed indipendentiste.
Si teme inoltre il giudizio degli investitori al di fuori dell’UE, che potrebbero guardare al Mercato Unico con maggiore sfiducia, e dunque generare perdite per gli asset europei.
L’impatto economico resta ancora poco determinabile, se non nella misura in cui gli accordi economici preesistenti saranno modificati dalla Gran Bretagna e da Bruxelles.
Ciò implica che si attendono cambiamenti effettivi in entrambi i sistemi economici che si verranno a creare.
Sebbene già prima del referendum, alcuni investimenti in Gran Bretagna fossero stati preventivamente congelati, la Bank of England non esclude del tutto che si possa andare in recessione, ma rassicura che saranno prese tutte le misure necessarie per evitare shock al sistema britannico, mentre la Banca Centrale Europea si occuperà di mantenere la stabilità sul continente.
Per quanto riguarda più propriamente gli investimenti, il campo è libero per chiunque voglia cimentarsi con azioni finanziarie dagli effetti a lungo termine con buona propensione al rischio, ossia chi meglio saprà interpretare e sfruttare a suo favore la delicata e mutevole prospettiva economico-finanziaria data dalla Brexit, congiuntamente ai fattori di rischio che giocano a favore della financial repression, caratteristica della crisi economica degli ultimi anni.
Giungono rassicurazioni per il ruolo giocato dalla Brexit nell’economia italiana: secondo i pareri dell’agenzia statunitense di rating, Standard & Poor’s, ed il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, il nostro Paese, insieme all’Austria, sarà quasi immune agli effetti economici della separazione britannica dall’UE, in quanto i rapporti di interscambio con i possedimenti di Sua Maestà, non ammontano che al 3% del nostro PIL totale.
Più esposti all’instabilità saranno sicuramente l’Irlanda, Malta, Lussemburgo e Cipro, che hanno legami di lunga data col Regno Unito, ed anche la Spagna, uno dei partner commerciali più influenti.
Ed anche a livello di mercato azionario, giungono affermazioni di tranquillità da molti esperti del settore, concordi nel dichiarare che solo alcune società (come Yoox, Leonardo, Ferrari e Tod’s), saranno sì colpite dall’instabilità, ma soltanto in maniera indiretta.
Purtroppo gli effetti in Italia si avranno in particolare sulle quotazioni delle banche nostrane e sul tanto temuto spread, sebbene ancora non sia stato possibile accertare in che misura, essendo ogni oscillazione legata agli sviluppi venturi della situazione britannica.
Si intuisce dunque un certo malcontento accompagnato dal nervosismo dell’incertezza sulle reali conseguenze del voto di ieri, che avranno ripercussioni molto importanti sul lungo e lunghissimo termine, ma che restano ancora ammantate da ipotesi e supposizioni, in attesa delle prime decisioni politiche verso la separazione di Gran Bretagna e Unione Europea.