Londra (Benedetta Pironi) – La Brexit, sancita dal referendum del 2016, ha determinato una chiusura definitiva dell’Isola britannica nei confronti dell’Unione Europea. Un anno e mezzo dopo, il processo ha fatto scattare il via alla seconda fase di negoziato. Ma cosa comporterà esattamente?
Se la prima fase della trattativa aveva interessato questioni economiche e geopolitiche, ora si discuterà delle modalità e del rapporto UK-UE, durante questa fase di transizione: un periodo di interregno necessario, affinché vengano stabilizzati gli equilibri e le condizioni di un nuovo governo post-Brexit. In particolare, l’interesse investe anche il mondo accademico e le inevitabili conseguenze che subirà specialmente nel settore dell’educazione internazionale.
Si dovranno infatti prendere delle decisioni in merito al mantenimento di programmi di Mobilità Internazionale come Horizon 2020 e Erasmus+, che vedono la partecipazione annuale di migliaia di studenti desiderosi di affrontare un’esperienza di crescita professionale e universitaria.
Lo scambio tra studenti, la cooperazione fra i docenti e i rapporti interdisciplinari sono fattori necessari per la crescita di un Paese, soprattutto in un era globale come la nostra. L’avvento della Brexit ha suscitato dunque un notevole clima di tensione generando dubbi e incertezze sul prossimo futuro. Sebbene Londra resti una delle mete più ambite per gli studenti internazionali, le difficoltà di un momento di instabilità come questo tendono a frenare i giovani che vedono i loro diritti, così come i loro sogni, crollare.
Ma questa nuova generazione, i cosiddetti millennials, animati da un’esigenza fisiologica di essere parte attiva del mondo, in netto contrasto con i vecchi paradigmi, hanno imparato a convivere con l’impossibilità di fare progetti a lungo termine, a reinventarsi costantemente e a distaccarsi in vista di realtà troppo strette.
E allora cosa succederebbe se dopo il 2020 la Gran Bretagna decidesse di non supportare più queste attività? Lo scenario più drastico sarebbe un esodo verso nuove frontiere più stabili, e Londra potrebbe essere teatro di quella famosa fuga di cervelli che già qualche anno fa colpì l’Italia.
Intanto, dall’Università di Westminster, i professori inglesi vogliono avere maggiori chiarezze sulle tasse universitarie. Leggi qui