Londra (Valeria Piccioni) – «Pensiamo che in quei banchi ci sia la coalizione di domani: noi siamo un’altra cosa.».
Matteo Renzi debutta in Senato ergendosi a portavoce dell’opposizione del governo giallo verde. Opposizione che, chiarisce, sarà pacifica, rispettosa, “dalla parte del paese”.
Nonostante la promessa di rimanere “in disparte”, Renzi ha anche stavolta occupato il centro della scena: è un ex premier combattivo e tagliente quello che si alza per dire la sua dopo il discorso di Conte.
«Il continuo riferimento culturale a certe espressioni, non so se potrà portare al ‘governo del cambiamento’: intanto è cambiato il vocabolario e lo considero un passo in avanti.» e aggiunge «Mi sono segnato il nuovo vocabolario: quello che nella XVII legislatura era il governo dei non eletti, oggi si deve dire governo dei cittadini; quello che nella XVII legislatura era un ‘inciucio’ da oggi si deve chiamare contratto, quello che era il trionfo della partitocrazia, oggi si chiama democrazia parlamentare. Quello che nella XVII legislatura si doveva chiamare condono, oggi si deve chiamare pace fiscale, quello che si chiamava ‘uomo che tradiva l’alleanza che lo aveva eletto’ nella XVIII si deve chiamare ‘cittadino che aiuta il governo a superare la fase di crisi’. Non so se cambierete il paese. Intanto avete rasserenato il clima politico e lo considero un fatto positivo».
Renzi si rivolge poi ai due leader dei partiti-guida: prima interpella Di Maio affermando che il M5s non è lo Stato, ma il potere. «Noi faremo il nostro dovere di opposizione e inizieremo già la settimana prossima convocando la ministra della Difesa al Copasir per una cosa che ella sa bene». Parole che si riferiscono all’accusa lanciata dal Pd a Elisabetta Trenta di conflitto di interessi per i passati rapporti con una società di contractor.
In secondo luogo si rivolge a Salvini sollecitandolo a usare parole accorte e dosate che non creino inutili contrasti con altri paesi quali la Tunisia: «Salvini non è più solo un leader politico. Rappresenta un paese. E io parlo al ministro dell’Interno da padre a padre. Ora che è responsabile della sicurezza nazionale, parli sapendo che i figli ci ascoltano».
Matteo Renzi garantisce che l’opposizione non occuperà mai i banchi del governo, non insulterà i ministri della repubblica e non attaccherà le istituzioni del paese al grido di ‘Mafia, mafia, mafia’, piuttosto il presidente del Consiglio troverà nel PD “rispetto dentro e fuori dell’aula”. Presidente chiamato da Renzi “collega”, chiara allusione alla mancata elezione dell’uno durante la scorsa legislatura e dell’altro ora.
«Renzi mi chiama ‘collega’? Perché è un professore lui?» Risponde con ironia ai cronisti il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte fuori da Palazzo Madama, dichiarandosi contento per la fiducia e per i numeri ottenuti al Senato. Il numero di senatori disposti a sostenere l’esecutivo è salito a 171. Ai 109 pentastellati e ai 58 della Lega si devono aggiungere 4 membri del gruppo Misto: due parlamentari eletti all’estero e due ex M5s.
Dopo la fiducia del Senato, oggi toccherà alla Camera. Da questa mattina alle 9 è in corso il dibattito sul discorso programmatico: dalle 17,40 l’appello nominale per il voto di fiducia.