Concorrenza sleale? Nulla di tutto ciò, soltanto la differenza fra occhi a mandorla e altri che non sanno, né vogliono vedere.
Ancora una volta è l’economia a picco il leitmotiv, questo nauseante e sfibrato confronto fra parche risorse e un’informazione faziosamente incompleta. Le soluzioni sarebbero a portata di mano, se non ci fossero troppe parole a renderle improbabili. L’esempio di Malpensa è sotto i riflettori, e nonostante le rassicurazioni su un futuro radioso e a breve giro, l’aeroporto milanese è ormai una cattedrale nel deserto. Principalmente, per colpa delle istituzioni. Ci hanno raccontato per decenni la favola della globalizzazione come un gioco alla moltiplicazione, ma gli USA hanno chiuso la borsa da tempo, intimoriti dallo spettro della recessione e dal reale buco nel settore industriale/manifatturiero interno, e l’Oriente chiuso lo è rimasto. Tal quale a prima. Il colosso cinese ha invitato gli altri Stati ad aprirsi alle sue merci, senza “restituire” altrettanto. I suoi prodotti a basso costo avrebbero dovuto ridurre l’inflazione – secondo i blasonati (in)esperti del settore -, la reazione invece è stata diametralmente opposta. Il maglio della spesa ha fatto salti da canguro grazie al WTO, l’organizzazione mondiale per il commercio, che ha abbattuto ogni confine senza badare al rispetto delle regole, una legge disuguale per tutti. Il tentato recupero in extremis è stato pressoché inutile, cronicamente tardivo.
E sul fronte Italia è andata anche peggio: dazi doganali inesistenti, segnalazioni-fantasma a Bruxelles; il governo Prodi non ha mosso un muscolo contro lo sbando, nascondendosi dietro falsi bilanci e statistiche truccate. A Destra, del resto, nulla di meglio. La preoccupazione principale dei parlamentari è ancora una volta insozzare i muri con gli spot elettorali, riempire i TG e gli angoli dell’Opinione di servizi sul debito genetico dei consumatori, sull’insostenibile leggerezza delle rate e dei mutui centennali. Ascoltando i discorsi dei vari premier nei Convegni, c’è da rabbrividire. Si rimbalzano l’uno con l’altro la responsabilità dei disastri e si premiano come autori di successi (altrui), strumentalizzano la disoccupazione, la precarietà, l’immigrazione, l’impennata di pane pasta burro acqua latte frutta benzina & Co. Al mercato, loro, non fanno la spesa, e sembra non siano neppure al corrente che quand’esso non è equilibrato, non è più neanche tale. Tanto nel piccolo borgo, quanto a Piazza affari.