Rio 2016: non è tutto oro quello che luccica

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di Giulia Elia.

RIO DE JANEIRO, BRASILE – Come tutti i lettori di questo articolo sapranno, lo scorso 5 agosto si sono aperti i Giochi della XXXI Olimpiade a Rio De Janeiro, seconda città più popolosa del Brasile, e la prima sudamericana ad ospitare i giochi olimpici nel corso della storia. I riflettori di tutto il mondo sono puntati sul Brasile che, quando venne eletto come Paese ospitante delle Olimpiadi nel 2009 (governo Lula), stava attraversando un periodo di enorme crescita economica e confidava in questo evento per coronare questo processo. Purtroppo nel corso degli anni tantissime cose sono cambiate, e non in meglio.

Le Olimpiadi sono state circondate da una serie di scandali e proteste anche prima che le porte e gli stadi venissero ufficialmente aperti qualche giorno fa. I motivi dietro alle proteste dei brasiliani sono assolutamente ragionevoli e fortemente motivate: i costi dei Giochi Olimpici sono stati altissimi – sebbene più bassi di altre cerimonie passate – e ciò è inconcepibile in una nazione che si trova, al momento, in totale recessione, con gli investimenti che si sono drasticamente ridotti fino a raggiungere lo zero e l’inflazione che continua ad aumentare. la quantità di soldi che è stata spesa per la costruzione di stadi e attrezzature per i giochi sarebbe stata molto più utile nella costruzione di ospedali, scuole e infrastrutture utili a migliorare il welfare dei ceti medio e basso. Lo spreco di risorse, il tentativo di nascondere la vera natura attuale del Brasile, rendono le Olimpiadi detestabili agli occhi dei brasiliani: quelle che sarebbero dovute essere la coronazione di una delle economie nascenti e più forti dell’America Latina, si è trasformata nel giro di pochi anni in un vero e proprio insulto alla dignità umana e alla decenza.

Uno scandalo non indifferente è stato causato dall’assenza della Ex Presidente Dilma Rousseff alla Cerimonia di Apertura dei Giochi: è stata il primo Presidente in quarant’anni che, durante il suo periodo di governo, non ha partecipato alla cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici tenuti nel suo Paese. Non è stata tuttavia la prima in assoluto, in quanto prima del 1980 non erano soliti interessarsi alle Olimpiadi nemmeno i Presidenti americani. Quello che ha spinto la Rousseff a non partecipare, oltre al fatto di non poter essere seduta lì in veste di Presidente essendo stata sollevata dal suo incarico in seguito all’impeachment dello scorso 12 maggio, è stato il suo orgoglio: colui che da quel giorno la sostituisce è Michel Temer, membro del Partito del Movimento Democratico Brasiliano – la Rousseff appartiene al Partito dei Lavoratori, di sinistra – da lei considerato un traditore, è seduto al suo posto durante la cerimonia, e a lei sarebbe toccato sedersi appena fuori dalla zona riservata, in secondo piano. Lei ha deciso di non scendere a questo compromesso.

Ma perché l’impeachment? La Rousseff è stata accusata di aver falsificato i dati di bilancio e di aver usato i soldi delle banche statali per mascherare le reali condizioni economiche del Brasile, durante le elezioni del 2014, che poi ha vinto. Inoltre, durante il suo governo ha provato a salvare il suo predecessore, Luiz Inàcio Lula da Silva, dai tribunali statali, che avrebbero dovuto giudicarlo sempre in seguito ad alcune vicende giudiziarie, collegate allo scandalo Petrobras. E’ importante sapere che Lula è stato il Presidente che ha ricevuto il maggior numero di voti nella storia della democrazia brasiliana, nel 2002, raggiungendo il 61% al ballottaggio. La sua politica di welfare ha fatto sì che le condizioni di vita dei brasiliani migliorassero esponenzialmente, con il ceto medio che ha raggiunto il 54% della popolazione proprio durante il governo della Rousseff.

Tornando alla Petrobras, qui arriviamo al nocciolo della questione, all’inizio dei problemi: è nel 2014 che inizia quella che viene definita come la maggiore azione di anticorruzione della polizia brasiliana, la “Operação Lava Jato“, con lo scopo alla luce un sistema di tangenti proprio all’interno dell’azienda petrolifera statale brasiliana Petrobras; coinvolse i dirigenti di questa compagnia e le principali aziende brasiliane per le costruzioni e i lavori pubblici. Queste società si sono occupate in particolare della costruzione delle infrastrutture per l’estrazione del petrolio al largo delle coste brasiliane. La Btp ha formato un cartello per controllare questi appalti e ha gonfiato i contratti dall’1 al 3 per cento del loro valore. In cambio i partiti che fanno parte della coalizione di governo hanno ricevuto tangenti e finanziamenti illeciti. – fonte: questa. Quest’operazione sarebbe dovuta durare solo un anno, ma si è protratta molto più a lungo: la richiesta più pressante era quella delle dimissioni del Presidente Rousseff che, sebbene pare non sia direttamente coinvolta, era Ministro dell’Energia durante i periodi incriminati, e anche presidente della commissione della Petrobras, il che ha destato numerosi sospetti.

Il 2014 ha segnato l’inizio della fine per l’economia brasiliana che, fino a qualche anno prima, poteva permettersi di fare delle stime che parevano irraggiungibili – come riuscire a produrre una quantità di petrolio pari alla metà di quella prodotta in Arabia Saudita entro il 2015 – ma che al tempo, secondo i ritmi con cui l’economia brasiliana cresceva, erano assolutamente realistici. Ed è così che arriviamo ad oggi, con un gran bel salto di due anni, e forse magari ora capiamo un po’ meglio il perché delle innumerevoli proteste dei brasiliani contro i giochi olimpici. Essi stanno creando un diversivo perfetto per nascondere la terribile condizione dell’economia, della politica e della vita sociale brasiliana. Il Brasile è ora diviso a metà – il Presidente “sostituto” Temer è stato fischiato alla cerimonia di apertura dei giochi – e il prossimo 29 agosto sarà la giornata decisiva per il futuro della Rousseff, in quanto ci sarà il voto in Senato per il suo impeachment. Se il Senato voterà l’impeachment, la presidente Rousseff decadrà immedoatamente e le subentrerà il presidente ad interim Michel Temer. In caso contrario, Dilma riacquisterà i pieni poteri e completerà il mandato presidenziale fino alla scadenza del 31 dicembre 2018.