Fuga in vespa dietro l’orizzonte.
l calore del sole di agosto arroventava l’asfalto su cui due ruote e due anime sfrecciavano per vivere il loro viaggio. I pensieri correvano più delle ruote, guastando il sapore del vento, del mare e della meta lontana.
Lo zaino si riempiva della strada già percorsa, ma lo spazio cresceva con l’aumentare dei chilometri.
Quello non era che l’inizio…
Quanta strada si erano già lasciati indietro?
Il loro cuore aveva provato la libertà del viaggio, ma se ne riempiva solo scappando dalle pareti in cui solitamente rimaneva rinchiuso. La routine dei mesi più lunghi veniva spazzata dai ricordi passati e dai momenti ritagliati per decidere e organizzare una nuova avventura.
Così arrivava l’estate, pronta a saltare in sella, bruciante di sole e di asfalto.
Sembrava che il tempo si fosse fermato alla fine dell’ultimo viaggio e ricominciasse con quello nuovo, in una continuità temporale di sospensione, come un giorno separa due notti. Ma quella non era la notte, non era un sogno. Anzi, si prendeva il sogno e lo si portava intatto nella realtà; e visto che di realtà si trattava, niente veniva lasciato al caso, ogni particolare era stato analizzato con cura, con la stessa cura con cui si fa crescere un fiore, innaffiandolo giorno dopo giorno.
Cosa spingeva quei due solitari amanti ad abbandonare la loro vita? Forse, la vita stessa.
Il bisogno di vivere era diventato una necessità costante, quasi ossessiva, per cui il resto sembrava ormai solo una triste agonia, un eterno stato di incoscienza da cui pochi sanno fuggire.
Questi due cuori coraggiosi ce l’avevano fatta: adesso iniziava il loro nuovo futuro, senza bisogni superficiali, ma con un’unica necessità: vivere!
Vivere di mare, di vento, di sole, di pioggia, di strade in salita e in discesa, di albe e tramonti di cui dissetarsi, con il patto di tornare all’eterna incoscienza comune, come una molla per librarsi nell’infinito.
Sarebbe passato molto tempo prima che la normalità si riaffacciasse alla vita, e quel tempo avrebbe insegnato loro ad amare la vita stessa, ad amarsi l’un l’altro, consapevoli che la strada e lo sguardo si perdono nel medesimo orizzonte.
La mente e il braccio dovevano collaborare, in una perfetta unione di scopi da cui non si poteva più tornare indietro.
Non avrebbero fatto a cambio con niente e nessuno, questi due incompresi della vita, e forse, per paura, nessuno l’avrebbe fatto con loro. La libertà spaventa chi vuole rimanere prigioniero della propria anima, ma non chi trasforma la propria anima in quella molla rivolta al cielo.
Eccoli, i due eterni viaggiatori, sfrecciare su due ruote sotto il sole che arroventa l’asfalto, con questi pensieri nella mente e quest’amore che si espande nel cuore.
Ogni curva, ogni salita, ogni buca è il domani più incerto, ma dopo ogni curva si apre sempre l’orizzonte sconfinato, dopo ogni salita si percorrono distese infinite e dopo ogni buca il terreno diventa perfetto e allineato; quello che rimane indietro è già passato e non sarà mai più uguale.
Il cielo è gioia e tristezza, le nuvole sono calma e paura, la pioggia è ristoro e rallentamento, il sole è calore che a volte rischia di bruciare.
Le due esistenze che volano abbracciate sono cielo, nuvole, pioggia e sole, pronte ad alternarsi in un ciclo naturale di divenire necessario.
Il calore del sole di agosto arroventava l’asfalto su cui due ruote e due anime sfrecciavano per vivere il loro viaggio. I pensieri correvano più delle ruote, guastando il sapore del vento, del mare e della meta lontana.
Lo zaino si riempiva della strada già percorsa, ma lo spazio cresceva con l’aumentare dei chilometri.
Quello non era che l’inizio…
Quanta strada si erano già lasciati indietro?
Il loro cuore aveva provato la libertà del viaggio, ma se ne riempiva solo scappando dalle pareti in cui solitamente rimaneva rinchiuso. La routine dei mesi più lunghi veniva spazzata dai ricordi passati e dai momenti ritagliati per decidere e organizzare una nuova avventura.
Così arrivava l’estate, pronta a saltare in sella, bruciante di sole e di asfalto.
Sembrava che il tempo si fosse fermato alla fine dell’ultimo viaggio e ricominciasse con quello nuovo, in una continuità temporale di sospensione, come un giorno separa due notti. Ma quella non era la notte, non era un sogno. Anzi, si prendeva il sogno e lo si portava intatto nella realtà; e visto che di realtà si trattava, niente veniva lasciato al caso, ogni particolare era stato analizzato con cura, con la stessa cura con cui si fa crescere un fiore, innaffiandolo giorno dopo giorno.
Cosa spingeva quei due solitari amanti ad abbandonare la loro vita? Forse, la vita stessa.
Il bisogno di vivere era diventato una necessità costante, quasi ossessiva, per cui il resto sembrava ormai solo una triste agonia, un eterno stato di incoscienza da cui pochi sanno fuggire.
Questi due cuori coraggiosi ce l’avevano fatta: adesso iniziava il loro nuovo futuro, senza bisogni superficiali, ma con un’unica necessità: vivere!
Vivere di mare, di vento, di sole, di pioggia, di strade in salita e in discesa, di albe e tramonti di cui dissetarsi, con il patto di tornare all’eterna incoscienza comune, come una molla per librarsi nell’infinito.
Sarebbe passato molto tempo prima che la normalità si riaffacciasse alla vita, e quel tempo avrebbe insegnato loro ad amare la vita stessa, ad amarsi l’un l’altro, consapevoli che la strada e lo sguardo si perdono nel medesimo orizzonte.
La mente e il braccio dovevano collaborare, in una perfetta unione di scopi da cui non si poteva più tornare indietro.
Non avrebbero fatto a cambio con niente e nessuno, questi due incompresi della vita, e forse, per paura, nessuno l’avrebbe fatto con loro. La libertà spaventa chi vuole rimanere prigioniero della propria anima, ma non chi trasforma la propria anima in quella molla rivolta al cielo.
Eccoli, i due eterni viaggiatori, sfrecciare su due ruote sotto il sole che arroventa l’asfalto, con questi pensieri nella mente e quest’amore che si espande nel cuore.
Ogni curva, ogni salita, ogni buca è il domani più incerto, ma dopo ogni curva si apre sempre l’orizzonte sconfinato, dopo ogni salita si percorrono distese infinite e dopo ogni buca il terreno diventa perfetto e allineato; quello che rimane indietro è già passato e non sarà mai più uguale.
Il cielo è gioia e tristezza, le nuvole sono calma e paura, la pioggia è ristoro e rallentamento, il sole è calore che a volte rischia di bruciare.
Le due esistenze che volano abbracciate sono cielo, nuvole, pioggia e sole, pronte ad alternarsi in un ciclo naturale di divenire necessario.