Chiaro e incontestabile, nella sezione cultura del giornale L’Italoeuropeo.eu, con il titolo Povera lingua italiana, appare un articolo che descrive le evoluzioni della nostra lingua nazionale
Però l’Italiano è una lingua e come tale un sistema di comunicazione che cambia in base all’uso, certo ma quel che dispiace è che a cambiarlo siano spesso i giovani, e non per l’efficacia di altri sistemi di comunicazione, quanto per la scarsa conoscenza della cultura letteraria che è alla base della nostra lingua nazionale.
La verità, da quel che rilevano le statistiche, è che in Italia si legge poco e i giovani leggono ancor meno e magari pensano che solo internet abbia il fascino dato dalla bellezza del mondo dell’astrazione. Ma così non è. Internet è un valido strumento per la diffusione delle informazioni, ma per essere assimilate nel modo opportuno queste devono essere filtrate attraverso opportune abilità analitiche. La lettura dei libri, invece, arricchisce e aiuta, anche, a sviluppare quelle doti che servono per analizzare la realtà, in tutti i suoi aspetti, compreso l’uso della rete internet.
Ma per ritornare al nostro idioma, riscoprendo vecchi libri alla base della lingua nazionale, basterebbe andare al Museo del Risorgimento, per osservare il ruolo di libri per ragazzi, come quelli di Salgari, o il libro Cuore di De Amicis, o, infine, Pinocchio di Carlo Collodi. Proprio in questi libri, che tanto hanno aiutato i nostri nonni, si riscontra la bellezza di un italiano letterario semplice e scorrevole, magari con qualche toscanismo in Pinocchio, oltre al suddetto fascino dell’astrazione letteraria propria dei libri, prima ancora che internet.
Da Pinocchio, infatti, leggendo della balena, il mostro che inghiotte Geppetto, è impossibile non pensare a un altro romanzo, che, anche se non nazionale, letto nella splendida traduzione di Cesare Pavese, non può non accrescere la padronanza della nostra lingua, e cioè il Moby Dick di Herman Melville, dove compare il famoso e terribile capodoglio bianco. Da qui in poi i legami letterari proseguono e, dalla conoscenza del “giona”, continuano fino al romanzo di Patrick O’Brian, Primo Comando, il primo della saga di Jack Aubrey e Stephen Maturin, eroi di fantasia e protagonisti del film Master and Commander, in cui un ufficiale è indicato come “giona”, perché i marinai pensavano portasse sfortuna, e, per non dilungarci negli interminabili altri contatti, approdano fino alla Bibbia. Nella Bibbia, appunto, ha origine la storia del profeta ebreo Giona, figlio di Amittai, gettato in mare dai marinai di una barca per placare la tempesta scatenata dal Signore per la disubbidienza dello stesso Giona, poi inghiottito da un grosso pesce che lo ospitò nel ventre per tre giorni e tre notti, scoprendo, senza voler togliere nulla all’aspetto religioso, che il libro dei libri è anche un testo con racconti romanzati, elementi leggendari, dati fantastici e insegnamenti morali insieme. Ma i legami, che nascono dalle pagine di romanzi contenute nelle teche del Museo del Risorgimento e arrivano fino alla Bibbia, sono solo un esempio degli innumerevoli nessi tessuti dagli autori dei romanzi più diversi.
Insomma, nessuno pensa che la nostra lingua, attraverso un percorso linguistico che dalle lingue delle popolazioni preitaliche, passando per il latino, con le successive commistioni linguistiche delle popolazioni barbariche, e approdando alla forma neolatina che ora adottiamo, non debba più cambiare. In tanti, però, pensano che prima ancora che avvengano modificazioni “involontarie”, come quando si disprezza una pietanza senza averla gustata, mentre invece il cibo lo si dovrebbe osservare e magari assaggiare, così, in Italia si dovrebbe leggere di più, scovando la bellezza dei collegamenti testuali fra opere differenti, simili all’apertura di una bambola matrioska, capace di generare quella febbre per la lettura paragonabile, per intensità, alla sete di vendetta del capitano Achab, ma rispetto a questa meno mortale, anzi, a detta del semiologo Umberto Eco, elisir di lunga vita!