Roberta Chiatti – Sono circa 30 i casi di cittadini europei senza una visa o status di residenza che sono stati detenuti per più di 7 giorni presso i centri di rimozione per immigrati, prima di rimpatriare nei loro paesi d’origine.

L’accordo post-brexit prevede infatti che una persona debba essere residente in UK (iscrivendosi all’EU Settlment Scheme) o che debba presentare il proprio visto una volta arrivato in Regno Unito, se intende restare per un periodo di tempo che supera i 90 giorni. Non c’è alcuna nuova “normativa” perchè allo stesso modo, ormai da anni, vengono trattati i cittadini provenienti da Paesi Extraeuropei.

Attualmente le ambasciate europee a Londra stanno offrendo consulenza legale e intervenendo per cercare di abbreviare il periodo di detenzione.

I casi che sono stat registrati riguardano giovani con il desiderio di soddisfare le proprie esigenze lavorative in UK e fare esperienze come au pair oppure lavori poco qualificati per brevi periodi di tempo.

Le detenzioni per alcuni si sono prorogate a causa delle leggi anti-covid ma si vocifera che alcuni governi europei vorrebbero che l’UE assumesse una posizione più dura nei confronti dell’amministrazione britannica davanti a detenzioni che hanno assunto periodi di tempo piuttosto sproporzionati.

Ora che UE e UK hanno ufficializzato divorzio, è chiaro che i cittadini dell’UE possono entrare in Gran Bretagna senza visto per turismo e rimanere fino a 90 giorni. Tuttavia, la UK Border Force ha il diritto di rifiutare l’ingresso ai cittadini dell’UE se i funzionari hanno ragionevoli motivi per sospettare che intendono lavorare nel paese ma non possono produrre la documentazione necessaria.

Finora, i diplomatici dei singoli paesi europei si stanno occupando di casi che coinvolgono i loro cittadini a livello bilaterale e cercano di risolverli con l’Ufficio per gli esteri, il Commonwealth e lo sviluppo del Regno Unito.

Alcuni funzionari dell’UE ritengono che in alcune situazioni simili invece di utilizzare i centri di rimozione per l’immigrazione, il Ministero degli interni dovrebbe sentirsi soddisfatto del fatto che i cittadini dell’UE interessati informino le autorità dell’indirizzo in cui soggiorneranno temporaneamente, fino a quando non sarà possibile organizzare il loro rimpatrio.