Nell’epoca attuale gli interessi commerciali prevalgono in tutti i campi e distorcono la verità anche nel campo della medicina. Forze politiche e lobbies di vario genere ostacolano la carriera ospedaliera e universitaria ai soggetti più dotati ma onesti, di conseguenza non ricattabili. L’accesso ai posti di comando viene favorito a chi vale di meno ma, per questo motivo, disposto ad appoggiare chi maneggia il denaro pubblico. Vi sono altri motivi che contribuiscono alla decadenza della Medicina. Invece di selezionare l’ingresso degli studenti all’Università in base a test che misurano l’intelligenza, come si faceva nelle più prestigiose Università americane, vengono proposti quiz nozionistici.
Per divenire chirurghi si dovrebbero superare non solo gli esami di specializzazione ma dovrebbero essere fatte delle prove psicoattitudinali come avviene nelle industrie per gli operai specializzati. Non tutti i medici sono in grado di superare gli stress e la fatica degli interventi chirurgici. Nulla viene fatto al riguardo, si va avanti con le raccomandazioni a danno dei più meritevoli. Quando accadono incidenti spiacevoli negli ospedali si parla di malasanità e si cerca il capro espiatorio sottacendo le vere cause. Ai non addetti ai lavori parrebbe che nella medicina vi siano gli stessi progressi delle altre scienze. Così non è. Per motivi commerciali e politici vi è un continuo regresso. Molti farmaci efficacissimi sono stati posti in disuso perché avevano il gravissimo difetto di costare poco e di non essere brevettabili come lo sono le vitamine. Un esempio è il rifiuto di sovvenzioni a Linus Pauling, due volte premio Nobel per la medicina. Lo studioso voleva continuare le ricerche sull’azione anticancro della vitamina C. Organi di controllo governativi dovrebbero valutare il grado di tossicità di farmaci che vengono usati correntemente. Un esempio del livello intellettivo dei medici è la continuazione della farsa (commedia-tragedia) della respirazione bocca a bocca. Migliaia di individui in tutto il mondo muoiono in paralisi respiratoria, come avviene per l’overdose da stupefacenti e per gli incidenti stradali, perché sedicenti esperti continuano a sostenere che, in mancanza di attrezzature idonee, l’unico rimedio è la respirazione bocca a bocca che quasi nessuno è disposto a fare.
L’autore di questo scritto, per la sua professione di neurochirurgo, ha eseguito la ventilazione artificiale in diverse decine di casi, usando la compressione toracica manuale. Nel 1987, irritato dal permanere di questa mistificazione che dura ancora, ha eseguito su dieci pazienti intubati in paralisi respiratoria farmacologia all’inizio dell’anestesia generale la compressione toracica manuale. La ventilazione artificiale ottenuta misurata con uno spirometro era in media di 450 cm cubici, il doppio di quella sufficiente a mantenere i parametri vitali. Ancora oggi sono in uso i respiratori automatici a corazza che, nelle gravi insufficienze respiratorie, comprimono ritmicamente solo le pareti anteriori del torace del paziente esattamente come le mani del soccorritore poste con le dita aperte sulle pareti anteriori del torace. La comunicazione è stata presentata e pubblicata in un congresso nazionale del quale l’autore era il moderatore. Nel 1916 il colonnello medico direttore della Scuola Samaritana, Carlo Galliano ha descritto e pubblicato nel suo libro della Croce Rossa in dotazione dell’esercito italiano il suo metodo di compressione toracica del tutto simile a quello precedentemente descritto.
Secondo quanto dicono i sostenitori della respirazione bocca a bocca che parlano anche di tubi di cartone estratti dalla carta igienica da introdurre nella bocca dei pazienti ed altre amenità, sorge il dubbio che costoro esprimano giudizi avventati senza aver mai visto un soggetto in vera paralisi respiratoria: sembrano ignorare che dopo pochi secondi le vie respiratorie e la cavità boccale sono piene di materiale vomitato. Sostenendo che l’unico rimedio in questi casi è la respirazione bocca a bocca, commettono un reato perseguibile in via penale: istigazione a delinquere per omissione di soccorso come conseguenza delle loro asserzioni.
Altro esempio è costituito dal trattamento con antidepressivi che possono indurre al suicidio, cosa riconosciuta in campo internazionale. Che gli antidepressivi producano l’aumento della prolattina endogena è cosa risaputa. Che un aumento della prolattina possa provocare gravi psicosi come l’infanticidio è un altro dato acquisito. Quasi sempre in occasione di omicidi e infanticidi i mezzi di comunicazione avvisano che i soggetti depressi erano in cura psichiatrica. Malignamente è da chiedersi se i rimedi erano peggiori del male data la loro inefficacia dimostrata dai fatti di sangue successivi al trattamento.
Quanto tempo dovrà passare perché al posto dei farmaci antidepressivi vengano usati gli ormoni post-ipofisari antagonisti della prolattina?