Mussolini è morto a Bonzanigo in casa De Maria

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Ormai non crede più nessuno alla vulgata che Benito Mussolini sia stato ucciso alle 16,20 del 28 Aprile del 1945 davanti al cancello di villa Belmonte a Giulino di Mezzegra

 

.. (W. Audisio. In nome del popolo italiano. Edizioni Teti, 1975). Che sia stato fucilato dal comunista Walter Audisio, il colonnello Valerio, coadiuvato o meno dai suoi sodali Michele Moretti (Pietro) e Aldo Lampredi (Guido), è una bufala destinata ad essere confinata nell’avello dell’oblio, nonostante ci sia ancora qualcuno che cerca disperatamente di propinarcela per far piacere agli Istituti Storici della Resistenza: M. Viganò (“Un istintivo gesto di riparo”: nuovi documenti sull’esecuzione di Mussolini. (28 aprile 1945). Palomar, n° 2, 2001) e l’ermellinato allegorista, nonché insigne cattedratico torinese P. L. Baima Bollone (Le ultime ore di Mussolini. Mondadori, 2005).

Il Viganò si avvale di una testimonianza oculare che basta leggerla per constatare quanto sia assurda (M. Barozzi. La morte di Mussolini: i vani tentativi di provare la storica versione”. Storia del Novecento. Settembre, 2008), mentre il Baima Bollone dice, con contorti ragionamenti, che i proiettili che hanno colpito Mussolini, completamente vestito, non hanno perforato i suoi abiti. Si tratterebbe di micidiali pallotole imperforanti, un ritrovato della balistica moderna.

Oggi, quasi tutti gli Storici accettano un fatto: il Duce è morto in casa De Maria (Bonzanigo, una frazione del comune di Mezzegra) ed il suo cadavere è stato rivestito quando era in preda ad una rigidità catalettica (lignea statuarietà). Fatto che si verifica precocemente se la morte si è accompagnata, come nel caso in questione, ad abbondante perdita di sangue (G. Pisanò. Gli ultimi cinque secondi di Mussolini. Il Saggiatore, 2004; F. Andriola. La morte di Mussolini. Una macabra messa in scena. Storia in Rete, n° 10, Maggio, 2006; B. Brinkmann, B. Madea. Handbuck Glerichtliche Medizin, Springer Verlag, 2003).

Commentando un articolo di Maurizio Barozzi intitolato: “Omicidio di Mussolini: troppe versioni diverse” (Effedieffe.com. Reperibile per via telematica), Luca Martinelli di Como ha reso note quali erano le informazioni in suo possesso riguardo alla morte del Duce: “Premetto che ho lavorato a Giulino di Mezzegra nei primi anni ’80 ed ho conosciuto praticamente tutti gli abitanti del luogo. Parlando con la cugina dei figli dei contadini De Maria ho saputo che i ragazzi, tornando a casa poco dopo l’alba dalla baita dove erano stati mandati per far posto al Duce ed alla Petacci, hanno trovato la madre ed altre donne intente a lavare il sangue dal pavimento del piano terra e dell’ingresso”. A Gianni Minoli (Mixer “Indagare Mussolini”, Rai-tre, 1993) un figlio dei De Maria (Riccardo) ha detto: “Alle 4 del mattino (28 Aprile del 1945, ndr) mia madre ha fatto alzare me e mio fratello e ci ha mandati a dormire in montagna (baita del Cadenazzi, ndr) perchè lei doveva ospitare due persone che lì per lì non aveva riconosciuto. Non immaginava lontanamente che fossero il Duce e la Petacci”. Nel 2006 Franco Bartolini ha pubblicato un libro (Lario nascosto, edito dalla Casa Editrice Editoriale) in cui riportava la deposizione un parente stretto di Lia De Maria. La donna gli aveva confidato che dopo la dipartita del Duce e della Petacci “dovette pulire la stanza dal molto sangue”. Il parroco di Bonzanigo ha recentemente affermato che solo dopo quattro giorni i fotografi hanno potuto immortalare la camera dei contadini De Maria in cui avevano pernottato il Duce e la Petacci (A. Bambace. Troppi protagonismi, nessuno riuscirà a fa chiarezza. Corriere di Como, 26 Novembre, 2008). Si volevano cancellare imbrattamenti ematici compromettenti?

Recentemente ho ipotizzato che Mussolini, agonizzante perchè aveva tentato di suicidarsi frammentando tra i denti una capsula di cianuro, è stato finito a colpi di mitra sparati dal partigiano Lino (Giuseppe Frangi), uno dei suoi due carcerieri che lo sorvegliavano nella casa dei contadini De Maria sita in quel di Bonzanigo (A. Bertotto. La morte di Mussolini. Una storia da riscrivere. PDC Editori, 2008). La testimonianza rilasciata dal signor Martinelli di Como e quella dello scrittore Bartolini sono ulteriori prove che il Duce è morto al mattino del 28 Aprile del 1945, non nel pomeriggio dello stesso giorno come ancora sta scritto sui libri di scuola, e che al momento del decesso era vestito con i soli indumenti intimi: mutandoni di lana al polpaccio e maglietta bianca della salute. Entrambi sono risultati perforati ed insanguinati quando sono stati esaminati al momento dell’autopsia effettuata a Milano il 30 aprile del 1945 dal dottor Caio Mario Cattabeni dell’Istituto di Medicina Legale dell’Università di Milano (P. L. Baima Bollone, op. cit.). Per contro i pantaloni, la camicia nera ed il giaccone di foggia borghese con le maniche raglan (facile da far indossare ad un cadavere in preda al rigor mortis), indossati da Mussolini disteso sul selciato di piazzale Loreto (Milano, 29 aprile del 1945), non presentavano segni dovuti a perforazione da pallotole (F. Andriola, op. cit. A. Alessiani. Il teorema del verbale 7241. www.larchivio-history.com. Reperibile per via telematica). Davanti al cancello di villa Belmonte (Giulino di Mezzegra) i comunisti Walter Audisio (colonnello Calerio), Aldo Lampredi (Guido) e Michele Moretti (Pietro) hanno sparato su due cadaveri morti da un pezzo. Gli abitanti del luogo hanno estratto dal muretto fiancheggiante il cancello numerosi proiettili (G. Perretta. La verità. Dongo, 28 aprile 1945. Actac, 1997; F. Bandini. Le ultime 95 ore di Mussolini. Sugar Editore, 1959). Il muretto in quel punto era alto cm. 126 (F. Bandini. op. cit.). Se Mussolini e la Petacci fossero stati fucilati da vivi (in piedi) i proiettili sarebbero andati dispersi oltre il muro o sarebbero stati trattenuti nelle loro carni. Quando, il 30 aprile del 1945, hanno estratto dalla cassa il corpo della Petacci (Obitorio milanese di Via Ponzio) la sua testa si è ripiegata sulla ginocchia (L’autopsia effettuata sul corpo di Mussolini. www.controstoria.it. Reperibile per via telematica). Ciò dimostra che alla rigidità cadaverica era subentrato un diffuso rilasciamento muscolare. Il che dimostra che la morte era avvenuta ben prima delle 16,20 del 28 aprile (cancello di villa Belmonte). Di una sola cosa sono certo: “L’onesta sottomissione alla verità”, di cui parla lo storico francese Marc Bloch, ha sempre fatto difetto ai comunisti italiani.