“ Tutto quello che esiste nell’universo è il frutto del caso e della necessità. ” Democrito ( ca. 460 – 370 a.C. )
Ciascuno di noi è insieme mente e corpo, ama ripetere il Dalai Lama, affrontando in maniera dualistica la problematica “ corpo – mente, ” intesa anche come “ corpo – anima.”
Dalla parte opposta c’è la visione olistica: l’universo, incluso il nostro corpo, consiste di sole particelle fisiche in determinati campi di forza.
Come può allora il cervello generare un’entità astratta come la mente? In altri termini, siamo liberi di scegliere il nostro destino, o questo è deciso dalle interazioni fra i nostri geni e l’ambiente circostante? Non avendo compreso molto bene il cervello abbiamo sempre usato come modello la tecnologia più recente per spiegarne il comportamento.
Gli antichi greci pensavano che il cervello funzionasse come una catapulta, il filosofo Leibniz l’aveva paragonato a un mulino, mentre Freud a un complesso di sistemi idraulici ed elettro-magnetici. Più recentemente C.S. Sherrington, Premio Nobel per la Medicina, aveva dichiarato come il cervello lavorasse come un sistema telegrafico.
Adesso, ovviamente, la metafora è il computer digitale: la mente è un insieme di programmi software innestati nel cervello. Il filosofo americano R.S. Searle afferma che i fenomeni mentali della coscienza e dell’intenzionalità sono parte del mondo naturale, come la digestione e la fotosintesi.
E il neurobiologo americano M.S. Gazzaniga ha aggiunto che siamo provvisti di un sistema di circuiti per formare giudizi, e questi giudizi si basano sulle influenze culturali del nostro ambiente.
Essendo il nostro cervello un apparato biologico composto da più di 100 miliardi di neuroni, e avendo ogni neurone connessioni sinaptiche con altri neuroni, variabili da poche centinaia sino a molte decine di migliaia, non sappiamo, però, moltissimo su come il cervello umano funzioni attraverso i diversi circuiti neurali in diverse situazioni locali.
L’evoluzione biologica è stata stimolata da sempre nuove sfide ambientali che hanno innescato sempre nuove forme di vita. M. Materlinck, Premio Nobel della Letteratura, ha illustrato nella sua “ Vita delle api ” come questi insetti reagiscano sempre nel modo più pratico a ogni modifica traumatica del loro ambiente, così da poter preservare la sopravvivenza delle loro comunità. Ma sin dagli albori della storia il genere umano non ha inteso la sopravvivenza come un qualcosa di puramente biologico. C’è sempre stato il desiderio di mantenere viva la propria visione del mondo, la nostra cultura, anche dopo la propria fine fisica.
Nella specie umana le primitive interazioni fra cervello e ambiente sono state via via alterate dal progressivo intervento di un terzo fattore: “ l’evoluzione culturale, ”che ha giocato un ruolo sempre più attivo nell’evoluzione del cervello. Così, la nostra massa cerebrale è aumentata costantemente, soggetta ai vincoli di: 1) caso, ogni genere di cambiamento ambientale; 2 ) necessità, radicata nella storia del nostro patrimonio genetico.
Sappiamo bene come talune nostre attitudini ed emozioni abbiano avuto il loro imprinting anche durante la vita fetale, ma ci rimane difficile spiegare la meccanica biologica di quelle decisioni che sembrano contraddire tutta la nostra precedente condotta di vita. Da qui è venuta la necessità dell’invenzione di un concetto, quale la ‘ mente ’, per spiegare quei comportamenti erratici al di fuori della semplice dinamica di causa ed effetto.
Completando la metafora accennata da Gazzaniga, possiamo concepire il cervello come un sistema di circuiti bio-elettrici che registrano, consciamente o meno, le informazioni provenienti dal mondo esterno, secondo un istantaneo grado di preferenza basato su: 1) intensità dell’emozione; 2) loro frequenza di ripetizione; 3) loro sequenza temporale – poiché ogni informazione contribuisce all’interpretazione di quella successiva.
La nostra visione del mondo è correlata così dalla maniera in cui abbiamo interpretato gli stimoli provenienti dall’esterno. Quando un’informazione non trova un suo posto in nessuno dei circuiti che registrano una classe di sentimenti, idee, interessi, ecc., un altro circuito è attivato o completato, sì da attrarre gli stimoli successivi appartenenti alla stessa classe.
Ciascuna classificazione, come ciascuna visione del mondo, rimane però soggettiva, basandosi su: 1) caso, la successione casuale degli eventi che stimolano il cervello; 2) necessità, la propensione di ciascun sistema di geni di interpretare in una data maniera gli eventi che accadono in diversi ambienti.
In questo modo, consciamente o meno, nel corso della nostra vita di continuo attiviamo, diamo maggior valore, minor valore e isoliamo un numero imprecisato di circuiti cerebrali correlati ai nostri sentimenti, giudizi, credenze, interessi, ecc., che siamo abituati ad analizzare in uno spazio astratto e complesso chiamato mente.
Come gli antichi greci avevano prefigurato, la mente può operare come una catapulta. Quando un forte stimolo emotivo arriva al cervello in un nodo cruciale della vita, questo trauma può isolare, o svalutare, parte del proprio sistema di giudizi e valori e attivare, o rivalutare, quei circuiti cerebrali che si adattano meglio a un nuovo sistema di valori.
Di conseguenza si costruisce per gradi una nuova cultura, reinterpretando il passato da un angolo di visuale soggettivo, oppure assorbendo, in parte o totalmente, culture estranee e accessibili.
La globalizzazione ha dato sempre più forma a un vasto e variegato serbatoio di valori e idee, che aprono innumerevoli scelte al genere umano, attivando i circuiti cerebrali in maniera sempre più differenziata.
L’evoluzione culturale ha così esteso lo spettro del nostro libero arbitrio, dotandoci di sempre nuove alternative attraverso una migliore istruzione, giornali, libri, radio, TV, l’internet, e così via. Questo gigantesco cervello artificiale prende linfa e stimoli indiscriminatamente da ogni parte, e apre tutti i cancelli, da giù all’Inferno sino su in Paradiso.