Londra- Un libro surreale, un viaggiatore tra le terre nascoste della nostra tradizione ci fa capire quanto sia importate la tradizione contadina, fatta da piccole storie, quelle con la (s) minuscola che fanno parte del nostro trascorso di uomini.
Tra i 12 finalisti del Premio Strega 2015, è la quarta prova letteraria del cantore e compositore italiano Vinicio Capossela, dopo, Non si muore tutte le mattine e In clandestinità – scritto con Vincenzo Costantino – entrambi editi da Feltrinelli, e Tefteri. Il libro dei conti in sospeso, uscito con Il Saggiatore.
Il pese dei coppoloni, che poi sono uomini che portano una grande coppola per ripararsi dal sole ma anche da una societa’ troppo veloce e scarna di tradizione.
Si legge tutto ad un fiato questo libro, e il lettore diventa un viandante tra le strade di paesi dimenticati, borghi surreali pronti già con una loro scena, con una loro storia, pronti gia’anche per un film che solo Vinicio Capossela puo’ girare, e musicare.
Il paese dei coppoloni, ingigantisce il detto che “ tutto il mondo è paese“, infatti i paesini impoveriti dall’inverno sommati formano la spina dorsale del paese Italia.
Fa riflettere, sdegna e appassiona questo libro fin dalla copertina, dove un orologio fermo nel tempo a quel giorno di inferno quando la terra ha tremato ad Irpinia, ma usata anche come allegoria che ci fa ricordare che c’è una Italia ferma, ma anche il tempo fisico si è fermato e noi lettori, noi protagonisti indiretti bisogna fermarsi a riflettere e a sentire le armonie delle parole e delle tradizioni.
Un libro fuori dagli schemi comuni, come Vinicio ci ha insegnato attraverso la sua musica che porta in mondi surreali, come nel libro.
Eppure, qui i mondi si possono toccare con i protagonisti, che sembrano diventare amici ogni volta che si incontrano, e sembra veramente di salire e scende dalle discese di un abisso delle coscienze e della tradizione della storia.
Affascina e non delude, pagina dopo pagina, descrizione dopo descrizione, si ha l’impressione di assaporare l’umidità di un muro, e il sapore del vino quando viene descritto magistralmente dal cantastorie Capossela, e qui si capisce che le due arti, la musica e la scrittura sono permiabili nelle sinfonie del tempo e nella vita dell’autore.
E dove il tempo si placa e si posa ecco che si sentono le voci, i loro timbri, echi del passato che rapiscono la nostra coscienza, e non si lascia nulla al caso si parla anche di morte: «La gente non pensa alla morte, perché non la conosce, e così si ha paura. […] Bisognerebbe passarsela insieme, la morte. Ma a ognuno è venuto più comodo lo stare da solo. Non si deve niente a nessuno. E così la separazione più grande si finisce per farla senza aver salutato».
Leggendo il libro alla fine si capisce e sia ama ancora di piu’ il nostro paese e la vita .
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