Recensione del nuovo saggio di Stefano Fugazzi, “ABC ITALIA” (edizione 2016), edito da ABC Economics e disponibile in versione cartacea ed eBook.
ABC. Tre semplici lettere, le prime dell’alfabeto che spesso vengono utilizzate per indicare l’avvio di un processo.
L’autore Stefano Fugazzi ha scelto egregiamente questo titolo per delineare la fase di ripresa necessaria per rimettere in moto l’economia italiana, ormai in stato di declino da 10 anni.
Nonostante alcuni timidi segnali di ripresa il clima di stagnazione regna imperverso, portando ad un immobilismo istituzionale e ad una passività intellettuale tra i cittadini che non si riconoscono più parte attiva della res publica.
Il Fugazzi ha pensato bene di tracciare il terreno della ripresa, proponendo una visione alternativa che prende le distanze da chi auspica uno sterile cambiamento a 360 gradi.
L’autore punta il dito ad un’autentica spending review al fine di ridistribuire i singoli costi, riducendo lo stock di debito e di conseguenza il rapporto debito/PIL mediante una serie di dismissioni di asset mobiliari e immobiliari pubblici. E da qui, l’agenda di privatizzazioni per dare nuovo slancio e linfa vitale all’economia italiana.
Nonostante lo scetticismo iniziale che mi ha accompagnato nella lettura di tale agenda, il Fugazzi snocciola una serie di motivazioni concrete e plausibili che tracciano i confini del privatizzare, escludendo i beni strategici nel nome della pubblica utilità come acqua e sanità.
Tra le varie proposte che rientrano nell’abc della crescita auspicata dal Fugazzi, non può passare inosservata l’azione di salvataggio delMade in Italy. Un marchio questo, tanto prestigioso quanto indifeso, lasciato in balìa dello sciacallaggio da contraffazione.
L’autore lancia l’allarme delle perdite per il bilancio dello Stato in termini di mancate entrate fiscali, ammontando a quasi 5 miliardi e 281 milioni di euro. Un’altra cifra che deve scuotere gli animi sono i quasi 300mila posti di lavoro sottratti all’economia reale.
Oltre al danno anche la beffa, insomma. Ci scippano le risorse e fanno cassa a nome nostro, quello italiano.
Per salvare il marchio italiano, l’autore ha proposto il Made in Italy Consortium, ovvero un consorzio internazionale e una garanzia di buon adempimento (performance bond). Una piccola quota che non deve spaventare nessuno perché viene rimborsata una volta che il consorzio abbia attestato l’effettiva origine e provenienza dei prodotti.
Per riavviare il Made In Italy il Fugazzi suggerisce di scommettere anche sulla Green Economy, una strada percorribile per un futuro sostenibile.
Sempre su questa direzione s’incastona perfettamente la proposta lanciata dalla Fondazione per le Qualità Italiane, la cosiddetta Symbola che mira a produrre “all’ombra dei campanili”. Dai suggestivi borghi antichi si possono scorgere quegli scrigni artistici che fanno gola ai tanti turisti provenienti da tutto il mondo. Salvaguardando queste micro realtà e valorizzando i prodotti agroalimentari locali si può incentivare il turismo dei piccoli comuni con meno di 5mila abitanti.
Avvalendosi di finanziamenti del governo italiano e dell’Unione Europea, tale proposta può essere letta anche in chiave diversa, quella del recupero. I piccoli Comuni del Centro Italia, come Amatrice, totalmente rasi al suolo dallo sciame sismico, potrebbero essere ricostruiti e rilanciati mediante i fondi previsti da tale proposta.